Donante e donatario entrambi esecutati, che rischi corro?

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  • Ultimo messaggio 27 aprile 2018
piero pubblicato 19 aprile 2018

Buongiorno. Ho acquistato la piena proprietà di un immobile all'asta proveniente da una esecuzione immobiliare. , qualora emergessero altri eredi che rischi corro? Faccio presente che il valore della  ipoteca precedente la donazione è complessivamente più alto del prezzo di aggiudicazione mentre l'importo capitale è inferiore . Questa situazione può influire sulla vendibilita dell'immobile o sulla possibilità di chiedere un mutuo? Ringrazio per la cortese attenzione. Piero

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inexecutivis pubblicato 23 aprile 2018

Per rispondere alla domanda dobbiamo operare un distinguo.

Se la procedura esecutiva è stata azionata da un creditore il quale aveva iscritto ipoteca prima della donazione, oppure in essa è intervenuto un creditore che aveva iscritto ipoteca prima della donazione, e cioè quando il bene era ancora in proprietà del donante, non ci sono problemi.

Ciò in quanto il bene viene aggredito dal creditore a garanzia di un credito contratto dal donante, o comunque facendo valere una garanzia da questi concessa, con la conseguenza che l’aggiudicatario non corre alcun pregiudizio, poiché gli atti compiuti successivamente alla iscrizione della garanzia ipotecaria sono inefficaci nei confronti del creditore ipotecario (e quindi nei confronti dell’aggiudicatario).

Ricaviamo questo convincimento dalla lettura dell’art. 2808 c.c., a mente del quale l’ipoteca attribuisce al creditore ipotecari il diritto di far vendere il bene come libero, anche nei confronti del terzo acquirente, anticipando al momento della iscrizione ipotecaria gli effetti del pignoramento, e quindi l’applicazione delle norme di cui agli artt. 2914, 2015 e 2919.

 

I problemi potrebbero sorgere se la procedura esecutiva fosse stata intrapresa da un creditore del donatario

In questo caso occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 563 c.p.c., a mente del quale se i donatari contro i quali è stata esperita l’azione di riduzione di cui all’art. 559 c.c. da parte dei legittimari (cioè discendenti e coniuge, nonché, quando manchino i discendenti, gli ascendenti) hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario che ha agito con l’azione di riduzione, se rimane insoddisfatto dopo l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili donati (salvi gli effetti del possesso di buona fede con riferimento ai beni mobili).

Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.

La norma specifica che questo termine è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

In ogni caso, ai sensi dell’art. 2652, n. 8 c.c. la domanda di riduzione di cui si è appena detto deve essere trascritta, e se è trascritta dopo 10 anni dalla morte del donante non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

Ed allora, al fine di verificare i possibili rischi connessi all’acquisto di un bene pervenuto al debitore esecutato in forza di una donazione occorre verificare:

se il donante è deceduto o meno;

se sono trascorsi i termini di cui abbiamo detto;

se sono state trascritte o meno domande di riduzione della donazione;

se gli eredi legittimi hanno o meno rinunciato all’eredità.

Ed allora, quando non è ancora decorso in ventennio dalla donazione, se (entro il termine di venti anni decorrenti dalla donazione) l’erede legittimo la cui quota di riserva sia stata lesa, agisse vittoriosamente con un’azione di riduzione, ed escutesse senza successo il patrimonio del donatario (oggi esecutato) potrebbe agire contro l’aggiudicatario (ripetiamo che questa azione deve essere intrapresa entro il ventennio).

Sul punto dobbiamo tuttavia osservare che sebbene un risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., 5 dicembre 1968, n. 3896) abbia affermato che nel caso in cui il bene donato sia stato pignorato i coeredi legittimari potrebbero chiedere la riduzione della liberalità e la reintegrazione della quota di riserva col mezzo dell'opposizione di terzo all'esecuzione, facendola valere nei confronti creditore procedente e quindi anche nei confronti dell’aggiudicatario, altra dottrina afferma che l’art. 563 c.c., circoscriverebbe la esperibilità del rimedio della riduzione  nei soli confronti di coloro ai quali il bene sia stato alienato dal donatario, e tale non sarebbe l’aggiudicatario, il quale diviene proprietario del bene in forza di un trasferimento coattivo dell’immobile, e non negoziale.

Precisiamo, infine, a proposito del coordinamento tra il termine ventennale dalla trascrizione della donazione e la clausola che fa salvo l'art. 2652, n. 8, c.c. che, a nostro avviso, se la successione si apre dopo oltre venti anni dalla trascrizione della donazione, il rimedio sarà definitivamente precluso; viceversa se la successione si apre prima, e fermo restando il limite dei venti anni, la domanda di riduzione deve essere comunque trascritta nel termine di dieci anni dall’apertura della successione.

piero pubblicato 24 aprile 2018

Buongiorno. La ringrazio per la risposta. Da quanto ho capito in materia di esecuzione immobiliare, se il credito per il quale il creditore agisce è inferiore al prezzo di aggiudicazione più le spese della procedura, la rimanenza viene accreditata al debitore esecutato.  Ringrazio anticipatamente.

inexecutivis pubblicato 26 aprile 2018

Rispondiamo alla domanda osservando che vale l’ipotesi A prospettata con la precisazione che segue.

Ai sensi dell’art. 562 c.c., gli eredi legittimari del donante potranno chiedere al donatario la restituzione del bene, ove questo sia presente nel patrimonio del donatario esecutato.

In caso di vendita (giudiziaria o non giudiziaria, non importa) il donatario è tenuto a corrispondere il controvalore del bene, con l’avvertenza che esso deve essere determinato con riferimento al tempo dell’apertura della successione, mediante la così detta “riunione fittizia”, sebbene espresso con i valori attuali della moneta, ossia con moneta rivalutata (in questi termini, Cass, 28 giugno 1976, n. 2452). Così, ad esempio, se il bene valeva cento milioni di lire al tempo dell’apertura della successione, occorrerà considerare quale rivalutazione ha ricevuto quell’importo, all’attualità.

Ovviamente la restituzione dovrà avvenire per un importo pari a quello necessario a reintegrare la legittima.

piero pubblicato 26 aprile 2018

Se non ho capito male quindi, 

A- Prezzo di aggiudicazione e credito del creditore del donante meno costo della procedura

B- Valore di stima meno credito del creditore del donante meno costo della procedura

 

Grazie

inexecutivis pubblicato 27 aprile 2018

No, i valori sono quelli di cui abbiamo detto nella risposta precedente. Valore di stima e prezzo di aggiudicazione non c'entrano.

Rimangono fermi i limiti temporali e gli oneri di trascrizione di cui abbiam ogià detto

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