Divisione post aggiudicazione immobile all'asta

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  • Ultimo messaggio 10 luglio 2019
emanuelaferraro pubblicato 08 luglio 2019

Buongiorno, Vi scrivo perché sono proprietaria di metà di un immobile non divisibile che è stato venduto all'asta. Purtroppo economicamente non potevo acquistare l'altra metà per evitare che andasse all'asta, perché il giudice richiedeva l'esborso per l'intera proprietà e poi avrei dovuto aspettare che mi rientrasse la mia metà. Vi scrivo perché in seguito alla vendita, vogliosi scalare dall'importo realizzato, le spese sostenute, e da euro 347.000,00 circa, sono state conteggiate circa 47.ooo euro di spese e a me, proprietaria di metà immobile, mi vorrebbero assegnare circa 151.000 euro. Domanda: perché oltre al danno di subire una vendita coatta all'asta, in quanto bene non divisibile e quindi svalutato già in modo importante rispetto al valore di mercato, devono gravare anche sul proprietario e quindi anche sulla mia metà, le spese sostenute al fine di riuscire a vendere l'immobile stesso? Chiedo scusa se non fossi riuscita a spiegarmi, sono a vostra disposizione per eventuali chiarimenti e vi ringrazio per l'attenzione. Attendo fiduciosa un riscontro. Grazie! Cordiali saluti, Emanuela Ferraro

inexecutivis pubblicato 10 luglio 2019

Le spese della divisione esecutiva sono sostenute da ciascuno dei comproprietari in ragione delle rispettive quote di appartenenza. Esse dunque, come normalmente si afferma, gravano "sulla massa".

In questi termini si esprime la giurisprudenza, la quale ha affermato che " Nei procedimenti di divisione giudiziale, le spese occorrenti allo scioglimento della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti, trovando, invece, applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporre la compensazione soltanto con riferimento alle spese che siano conseguite ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione" (Cass., sezII, 8 ottobre 2013, n. 22903).

Questo ragionamento vale quale criterio di riparto tra i comproprietari.

Al contrario invece, la disciplina dei rapporti tra creditore procedente ed esecutato soggiace alle regole generali, ed in particolare al principio di cui all'art. 95 c.p.c., per cui il creditore ha diritto di ottenere il rimborso delle spese sostenute prelevandole dalla quota parte devoluta in favore dell'esecutato; del resto, il creditore procedente non è un condividente e pertanto ha diritto al rimborso delle spese sostenute nell’interesse comune del ceto creditorio.

Queste spese, inoltre, godono del privilegio di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c. e devono essere liquidate dal giudice della divisione.

Esemplificativamente, graveranno sulla massa le spese di una eventuale consulenza tecnica di ufficio, svolta nel giudizio divisorio (Cass. civ., 13 maggio 2015, n. 9813), le spese di pubblicità della vendita, gli oneri del delegato ecc. Al contrario, si ritiene debbano essere imputate alla quota dovuta all'esecutato le spese relative alla cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti gravanti sulla quota dell'esecutato (Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2002, n. 10909).

Quindi, riassumendo: il giudice della divisione liquida le spese ed i compensi del (solo) giudizio di divisione e le pone a carico della massa, per poi assegnare alla procedura esecutiva il ricavato dalla vendita che spetterebbe all'esecutato. Il giudice dell'esecuzione, poi, liquiderà le spese ed i compensi della (sola) procedura esecutiva, procedendo ad un nuovo riparto.

Quanto sin qui detto non vale per le spese sostenute dal creditore a causa di infondate opposizioni di una delle altre parti, le quali graveranno esclusivamente sulla parte che le ha sollevate, secondo la regola tradizionale della soccombenza.

insomma, a nostro avviso occorrera munirsi di un difensore (che si esperto di procedure esecutive) e verificare se tutte le spese che si vogliono imputare ai comproprietari siano state correttamente individuate e quantificate.

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