La soluzione di questo interrogativo deve muovere da un preliminare accenno alla natura ed alla disciplina del deposito cauzionale.
Secondo l’articolo 1608 c.c., “l’inquilino può essere licenziato se non fornisce la cosa dei mobili sufficienti o non presta altre garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione”.
Come si vede, nell’impianto codicistico l’obbligazione di dotare la cosa dei mobili sufficienti, divenuta ormai una ipotesi di scuola, è alternativa a quella di prestare idonea garanzia, la quale consiste nel versamento di quello che la prassi contrattuale chiama “deposito cauzionale”, vale a dire una somma di danaro rilasciata dal conduttore a garanzia del puntuale pagamento dei canoni e di ogni altra obbligazione il suo carico, fino al termine del rapporto e della riconsegna dell’immobile.
La disciplina vincolistica introdotta dalla l. 392/1978 ha reso obbligatorio il versamento della cauzione con l’art. 11, fissandone il limite massimo nella misura di tre mensilità di canone, ed aggiungendo che essa è produttiva di interessi legali.
La combinata lettura di queste due norme induce a ritenere che l’obbligo di versamento del deposito cauzionale sussiste indipendentemente dalla espressa previsione contenuta nel contratto.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il deposito cauzionale ha natura di pegno irregolare, in relazione alla sua funzione di garanzia ed alla fungibilità dei beni che ne formano oggetto (il denaro). Da questa natura deriva non solo la sua accessorietà rispetto alle obbligazioni che essa garantisce, ma anche il diritto di seguito; il che significa che il trasferimento dell’immobile comporta automaticamente il trasferimento del deposito cauzionale in favore dell’acquirente, poiché questi subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (art. 1602 c.c.) e, così, anche nell’obbligazione accessoria di restituire il deposito cauzionale versato dall’inquilino.
Normalmente dunque il venditore – locatore trasferisce, per così dire, non solo il rapporto locativo, ma anche il possesso del pegno, ovvero della cauzione; normalmente, cioè, il venditore non può trattenere per sé il pegno (cioè la cauzione), se ciò non sia stato concordato esplicitamente con il compratore.
Da quanto sin qui detto, che trova conferma nella giurisprudenza della giurisprudenza (Cass., sez. II, 11/10/2013, n. 23164) si deve trarre il precipitato per cui obbligato a restituire la cauzione non è tanto la parte contrattuale subentrata all’originario conduttore, quanto piuttosto il soggetto che materialmente ne ha la disponibilità, con la conseguenza che il custode nominato dal giudice sarà tenuto alla restituzione della cauzione quante volte egli l’abbia ricevuta da parte del debitore esecutato (cosa per la verità assolutamente improbabile e peraltro neppure dovuta in quanto il custode non subentra nella titolarità del contratto della locazione) oppure l’aggiudicatario al quale l’importo della cauzione sia stato eventualmente trasferito in uno al contratto.
In tutti gli altri casi, la cauzione dovrà essere rimborsata dall’originario locatore.