Proviamo a fornire il nostro punto di vista.
In primo luogo si tratterà di capire di che tipo di sequestro penale si tratta. Invero, se si trattasse di un sequestro preventivo penale compiuto a norma del d.lgs. 6.9.2011, n. 159 (c.d. codice antimafia) o di un sequestro preventivo rientranti tra quelli cui rimanda l’art. 104-bis disp. att. c.p.c. esso non solo non sarebbe cancellato dal decreto di trasferimento, ma il successivo provvedimento di confisca travolgerebbe il decreto di trasferimento (Cfr. in argomento Cass., Sez. III, 10/12/2020, n. 28242).
Se invece si trattasse di un sequestro preventivo non rientrante nel perimetro della disciplina cui abbiamo fatto riferimento ed il creditore ipotecario fosse anche il creditore procedente (o un creditore intervenuto evidentemente non soddisfatto) l’acquisto sarebbe al riparo.
Il nostro suggerimento è dunque quello di eseguire le verifiche che abbiamo sopra indicato.
In secondo luogo occorrerà comprendere qual è lo stato del procedimento penale per verificare se eventualmente sono già intervenute delle sentenze, ed eventualmente di che tipo.
Non ci sembra che vi siano i presupposti per impugnare il decreto di trasferimento, visto che, come detto, l’esistenza del sequestro era indicata in perizia, e quindi il potenziale offerente era stato posto nelle condizioni di valutare la convenienza di una eventuale offerta.
Infatti, il bene colpito da un sequestro penale è un bene vendibile, poiché il sequestro non è un provvedimento ablatorio e quindi la proprietà rimane in capo a colui il quale lo ha subito (cioè l’esecutato).
Esso, è semplicemente preordinato alla confisca, con la conseguenza per cui se ad esempio il procedimento penale si chiude con una sentenza di assoluzione esso perde di qualunque efficacia e quindi quindi non vi saranno problemi per l’acquirente.
Peraltro, se avessimo una norma che impedisce la vendita di beni sottoposti a sequestro penale, un esecutato potrebbe anche valutare di simularsi colpevole di un reato che prevede il sequestro penale e bloccare così l’esecuzione.
Piuttosto come abbiamo detto poco fa in altro post, il problema si pone sul piano della valutazione di opportunità che deve compiere:
il creditore, il quale deve decidere se anticipare i costi ed i tempi di una procedura la quale ad oggetto il bene che, essendo colpito da un sequestro preventivo, certamente potrebbe creare una certa diffidenza nei potenziali acquirenti, con il rischio di una chiusura anticipata della procedura a norma dell’art. 164 bis disp. att. c.p.c.;
il potenziale offerente, il quale al cospetto di un sequestro penale se vuole ciononostante formulare una offerta di acquisto deve: da un lato capire di che tipo di sequestro si tratta e vedere se si tratta di un sequestro dal quale può scaturire una confisca opponibile alla procedura o meno; e dall’altro interrogarsi sui possibili esiti del procedimento penale in seno al quale il sequestro è stato pronunciato (verificando, ad esempio, se al momento della vendita (che potrebbe essere disposta anche ad anni di distanza dal sequestro) è già stata pronunciata una sentenza penale di primo o di secondo grado.
Comprendiamo che si tratta di questioni di peculiare complessità, non alla portata di tutti, ma il tema dei rapporti tra sequestri e pignoramento è uno dei più dibattuti dell’ultimo decennio poiché esso costituisce il punto di scontro tra esigenze di politica criminale (intesa come di politica di lotta al crimine) e tutela giurisdizionale del credito.
Questo scontro ha prodotto norme che, di volta in volta, sono state ispirate all’una o all’altra esigenza, senza prevedere disposizioni di coordinamento (solo recentemente introdotte) tanto è vero che solo recentissimamente la giurisprudenza della Corte di Cassazione, dopo un faticoso percorso ricostruttivo che ha visto plurime pronunce tentare di operare una sintesi, è riuscita, speriamo, a fare chiarezza.