Decreto di Trasferimento NON TRASCRITTO - calcolo 18 Mesi prima casa

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salvatoremarcia pubblicato 25 settembre 2019

Buongiorno,

ho acquistato un immobile all'asta come prima casa, e il decreto di trasferimento è stato firmato dal Giudice in data 10 Luglio 2019. 

Successivamente mi sono reso conto che l'immobile, che in perizia veniva dichiarato totalmente conforme dal punto di vista catastale e urbanistico, e veniva pure dichiarato agibile, è in realta abusivo, non sanabile e non agibile.

Ho quindi presentato opposizione al decreto di trasferimento, ed a breve inizierà il processo (che presumibilmente durerà qualche anno) con il quale sto richiedendo la restituzione della somma versata e l 'annullamento dell'atto.

Tale opposizione ha bloccato la trascrizione del decreto di trasferimento nei registri immobiliari.

Il mio quesito è: 

Ai fini delle agevolazioni prima casa, i 18 mesi per trasferire la residenza decorrono da quando il giudice ha firmato il decreto di trasferimento, o dalla trascrizione dello stesso nei registri immobiliari?

Rischio che i 18 mesi dalla data del 10 luglio decorrano durante la durata della causa, ma io non posso ristrutturare e arredare e trasferire la residenza in un immobile, per il quale sto chiedendo l'annullamento del decreto di trasferimento.

Si configura come causa di forza maggiore?

Vi prego di aiutarmi perchè ho bisogno di certezze.

 

Grazie

Salvatore

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inexecutivis pubblicato 29 settembre 2019

La questione prospettata nella domanda non è di agevole soluzione, poiché si registrano nella giurisprudenza orientamenti parzialmente difformi.

In linea generale è consolidato il principio per cui il mancato assolvimento all’obbligo che il contribuente ha di trasferire la residenza nel comune ove è situato l’immobile nel termine di 18 mesi, come previsto dall’art. 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, dovuto a causa di forza maggiore, non comporta decadenza dai benefici.

In particolare, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del benefìcio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto - proprio perché non inerente ad un suo comportamento - della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato con l'agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall'agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile stesso” (Cass. 17.7.2013, n. 17442).

È dubbio se invece possa rientrare nella nozione di forza maggiore la circostanza di non poter materialmente abitare l’immobile.

Secondo una prima opinione (Cass. 17.12.2015, n. 25437) “In tema di benefici fiscali cosiddetti "prima casa", la forza maggiore idonea ad impedirne la decadenza dell'acquirente di un immobile ubicato in un comune diverso da quello di sua residenza, qualora egli non abbia trasferito ivi quest'ultima nel perentorio termine di diciotto mesi dall'acquisto, deve consistere in un evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente di abitare nella prima casa entro il termine suddetto”. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto la sussistenza di forza maggiore negli ostacoli frapposti dall'inquilina all'esecuzione per rilascio in tre diversi accessi, con differimento di circa dieci mesi nell'acquisizione del possesso dell'immobile).

A giudizio di una diversa tesi giurisprudenziale, invece, il mancato trasferimento della residenza all’interno dell’immobile acquistato per causa di forza maggiore determina comunque decadenza dal beneficio, poiché si tratta di un requisito non richiesto dall’art. 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, che invece richiede semplicemente che il contribuente trasferisca la residenza all’interno del comune. In questi termini si è pronunciata Cass. Sez. 5con la sentenza n. 13346 del 28/06/2016, (che ha confermato la pronuncia resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana) la quale ha in proposito osservato che “la fattispecie all'esame non contempla quale suo elemento costitutivo quello del tempestivo trasferimento della residenza nella prima casa, bensì che la prima casa si trovi nel Comune di residenza o in alternativa che il trasferimento di residenza nel Comune avvenga entro diciotto mesi dall'acquisto” (in termini identici si è espressa cass. Sez. 53 febbraio 2017, n. 2896)

Negli stessi termini si è pronunciata la Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia - Milano Sez. IV, 01 settembre 2017, n. 3481 che ha affrontato e risolto, in senso negativo per il contribuente, il caso in cui l’immobile era stato acquistato in sede esecutiva ed il debitore esecutato, che lo occupava, non lo aveva rilasciato nel termine di 18 mesi decorrenti dalla pronuncia del decreto di trasferimento.

Infine, secondo una terza posizione (Cass. sez. trib. n. 2616 del 2016; Cass. sez. trib. n. 4321 del 2009) poiché il tempestivo trasferimento di residenza consiste in un elemento costitutivo del diritto all'agevolazione, il contribuente dovrebbe perdere il beneficio anche nelle ipotesi in cui il ridetto tempestivo trasferimento di residenza nel Comune sarebbe impedito in modo assoluto da fatti esterni sopravvenuti e imprevedibili. E quindi anche quando il comportamento che il contribuente avrebbe dovuto tenere, appunto il tempestivo trasferimento di residenza nel Comune, sarebbe in effetti obbiettivamente inesigibile. E cioè anche in caso di forza maggiore. Questa tesi si fonda su di una duplice considerazione. Da un lato si sostiene che l'operatività della forza maggiore debba soltanto riguardare i diritti che conseguono ad un rapporto obbligatorio, negandosi in particolare che il diritto all'agevolazione in parola comporti un'obbligazione a carico del fisco, con la conseguenza che il mancato tempestivo trasferimento di residenza dovrebbe comportare la perdita del beneficio perché trattasi invece di un elemento costitutivo della fattispecie non realizzatosi. Da altro lato si sostiene che trattandosi di un termine prescritto a pena di decadenza, quello appunto che stabilisce il trasferimento di residenza nel Comune entro i diciotto mesi, la sua proroga sarebbe vietata dall'art. 2966 c.c.

A nostro giudizio la tesi che si va da ultimo affermando in giurisprudenza (e che conferma la decadenza dal beneficio nei casi in cui l’immobile non possa essere occupato) non può essere condivisa, per lo meno in sede esecutiva.

Infatti, la previsione per cui il contribuente per accedere ai benefici fiscali della prima casa non deve trasferire la residenza all’interno dell’immobile acquistato, bensì (solo) all’interno del comune in cui esso è ubicato, costituisce una previsione pensata al fine di allargare le maglie dell’agevolazione, con la conseguenza che in questa ottica deve essere letta; ottica contro la quale ci si porrebbe ove si affermasse (come in verità fa la Corte di Cassazione con un ragionamento cui però va riconosciuta perfetta aderenza al dato normativo) se si affermasse che il contribuente perde il beneficio se non riesce a trasferire la residenza nell’immobile acquistato poiché la norma non lo richiede. Invero, in analoga situazione nel vigore del previgente regime il requisito sarebbe stato non mantenuto poiché quell’obbligo esisteva.

robertocarlindo pubblicato 01 ottobre 2019

come hai fatto a non fare trascrivere il decreto di trasferimento a seguito di opposizione ?

Ciao

inexecutivis pubblicato 08 ottobre 2019

In effetti non crediamo che l’opposizione promossa avverso il decreto di trasferimento ne impedisca la trascrizione.

Nella giurisprudenza di merito si è piuttosto posto il problema di stabilire se sia o meno legittimo il rifiuto del conservatore di procedere alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli (il caso di specie riguardava una iscrizione ipotecaria ed il pignoramento) qualora non sia ancora decorso del termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell’atto, oppure non sia stato ancora definito con sentenza passata in giudicato.

La questione si pone in quanto è discusso se, in forza della previsione di cui all’art. 2884 c.c., ai fini della cancellazione dell’ipoteca da eseguirsi in forza del decreto di trasferimento sia o meno necessaria la definitività di questo. Se così fosse, le ipoteche potrebbero cancellarsi solo in base ad una copia del decreto la cui definitività sia attestata dal cancelliere (applicandosi analogicamente l’art. 124 disp. att. c.p.c.) il quale certifica in calce ad una copia autentica del decreto di trasferimento che non è stata proposta opposizione nei termini di legge.

La tesi secondo cui non sarebbe necessario attendere il decorso del termine di cui all’art. 617 c.p.c. ai fini della cancellazione dell’iscrizione ipotecaria riposa sulla considerazione per cui la definitività di cui parla l’art. 2884 c.c. è caratteristica diversa dalla inoppugnabilità per gli atti diversi dalle sentenze: si tratta, in effetti, di atti che sono definitivi, pur essendo impugnabili[1]. Il decreto di trasferimento, secondo questa prospettazione, sarebbe definitivo in quanto immediatamente esecutivo e conclusivo della fase del procedimento di vendita, come del resto si ricaverebbe, implicitamente, dalla lettera dell’art. 586 c.p.c., in forza della quale esso costituisce titolo esecutivo per il rilascio.

Si tratta di una opinione i cui contenuti, sebbene parzialmente condivisibili, non consentono di giungere alle conclusioni appena rassegnate.

L’art. 2884 c.c., nel richiedere che la cancellazione possa eseguirsi dal conservatore quando ordinata “con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti”, non può essere inteso nel senso di equiparare il concetto di definitività a quello di immediata esecutività. Nella norma citata, infatti, il carattere della definitività è equiparato al passaggio in giudicato della sentenza, per cui anch’esso deve essere interpretato nel senso della inoppugnabilità.

Né vale in contrario osservare che il richiamo all’art. 2884 (che disciplina l’ipotesi del creditore che, dopo il pagamento dell’obbligazione, non acconsente alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria) sarebbe improprio atteso che in realtà la questione dovrebbe essere risolta mercé l’applicazione dell’art. 2878 n. 7 c.c., che, nell’elencare le cause di estinzione dell’ipoteca, annovera espressamente tra queste ultime la pronunzia del “provvedimento che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche”, che in sede esecutiva è costituito dal decreto di trasferimento emesso dal giudice dell’esecuzione.

In realtà l’art. 2878 c.c. disciplina le “cause di estinzione” dell’ipoteca, (all’interno della sezione X, rubricata, appunto, “dell’estinzione delle ipoteche”), mentre l’art. 2884 (inserito all’interno della sezione XI, intitolata “della cancellazione dell’iscrizione”) indica quali sono i requisiti che il provvedimento con cui è ordinata la cancellazione debba possedere affinché essa sia eseguita dal conservatore, con la conseguenza che anche il provvedimento di cui al n. 7 dell’art. 2878, per quanto idoneo ad estinguere l’ipoteca, deve possedere i requisiti di cui al successivo art. 2884 affinché la relativa iscrizione sia cancellata.

Ove così non fosse, peraltro, si giungerebbe al paradosso che mentre il decreto di trasferimento, in quanto immediatamente esecutivo, consente la cancellazione dell’scrizione ipotecaria a prescindere dalla sua impugnabilità, la sentenza – anch’essa immediatamente esecutiva ex art. 282 c.p.c., non permetterebbe questo adempimento ove non ancora definitiva.

Detto questo, occorre osservare che, almeno sul piano teorico, qualche inconveniente potrebbe porsi (per l’aggiudicatario, non per il terzo che da questi acquisti) in quanto nessuna norma prevede che il decreto di trasferimento debba essere comunicato al debitore, ed in generale alle parti del processo esecutivo (così Cass. 14 ottobre 2005, n. 19968).

Ed allora, potrebbe accadere che anche dopo lo spirare del termine dei 20 giorni prescritto dall’art. 617, il debitore potrebbe promuovere opposizione al decreto di trasferimento, opposizione che in teoria potrebbe anche concludersi con la revoca del decreto medesimo.

Tale inconveniente legittima la prassi, di alcuni tribunali, di ordinare la notifica dell’avviso di vendita (o del decreto di trasferimento) al fine di consentire che il termine di cui all’art. 617 c.p.c. cominci a decorrere.

Preso atto del contrasto di opinioni di cui abbiamo detto, riteniamo comunque che subordinare la cancellazione delle ipoteche alla non opposizione del decreto di trasferimento ci pare tesi da escludere, troppi essendo gli inconvenienti di sistema che da essa potrebbero derivare.

savi pubblicato 09 ottobre 2019

Vorrei porvi una questione urgente mi sono aggiudicato all asta la casa di mia madre perché era stata pignorata dalla Banca per un debito contratto da mia sorella che non ha mai voluto saldare nei 6 anni .Ho messo tutto quello che avevo per aggiudicarmi la casa e far vivere mia madre all interno e non essere sfrattata..ora mia sorella pretende la parte minima di 8 mila euro da me che ha messo alla fine del procedimento per aiutare mia madre. Premetto che io ho messo 52 mila euro e non gli ho chiesto nulla e l assegno che ha versato la fatto direttamente alla procedura giudiziale non a me.Non abbiamo fatto nessun accordo scritto e cmq mia madre è all interno senza chiedergli l affitto. Può farmi saldare l aggiudicazione del decreto di trasferimento per il prestito da lei vantato? Come dovrei comportarmi?grz x la risp Savy

savi pubblicato 09 ottobre 2019

Vorrei porvi una questione urgente mi sono aggiudicato all asta la casa di mia madre perché era stata pignorata dalla Banca per un debito contratto da mia sorella che non ha mai voluto saldare nei 6 anni .Ho messo tutto quello che avevo per aggiudicarmi la casa e far vivere mia madre all interno per non essere sfrattata..ora mia sorella pretende la parte minima di 8 mila euro da me che ha messo alla fine del procedimento per aiutare mia madre. Premetto che io ho messo 52 mila euro e non gli ho chiesto nulla l assegno che ha versato l ha fatto direttamente alla procedura giudiziale non a me.Non abbiamo fatto nessun accordo scritto . Può farmi saltare l aggiudicazione del decreto di trasferimento solo per il prestito da lei vantato? PREMETTO che abbiamo già tutti i figli messo le firme e dato l iban dopo il decreto..manca solo il l approvazione del piano di divisione.. grz x la risp Savy

inexecutivis pubblicato 12 ottobre 2019

Non vi sono possibilità che la procedura subisca alcuna conseguenza. Il prezzo di vendita è stato intaramente saldato e quindi il giudice emetterà il decreto di trasferimento. 

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