inexecutivis
pubblicato
18 maggio 2017
Per rispondere alle domande formulate, è necessario muovere dalla premessa per cui nelle vendite giudiziarie il trasferimento della proprietà si determina con l’emissione del decreto di trasferimento (si veda, tra le molte, Cass. 16.4.2003, n. 6272). Anche la dottrina prevalente si esprime in questi termini, sebbene sia stato autorevolmente sostenuto che l’effetto traslativo si produca con l’aggiudicazione (secondo alcuni) o con il versamento del saldo (secondo altri).
Ora, poiché ai sensi dell’art. 177, comma 1 let. a) fanno parte della comunione legale dei beni “gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi a beni personali”, e considerato che secondo la giurisprudenza momento determinante ai fini dell’acquisto in comunione è quello in cui si produce l’effetto traslativo, (Cass. 17.12.1993, n. 12523), a nostro parere il bene acquistato è entrato a far parte della comunione, poiché il decreto di trasferimento, che produce come detto l’effetto traslativo, è successivo alla celebrazione del matrimonio. In questi termini, dunque, si doveva esprimere il decreto di trasferimento.
A questo punto, le strade possibili sono due: o si formula al curatore una istanza di correzione del decreto di trasferimento (ove la procedura sia ancora pendente), oppure si introduce un autonomo giudizio di cognizione tendente ad ottenere una sentenza dichiarativa del fatto che l’acquisto compiuto ricade nel regime della comunione legale dei beni.
In ordine alla prima, e più semplice, strada, osserviamo che si tratterebbe di provvedere alla correzione di un errore materiale contenuto nel decreto di trasferimento (che è pur sempre un atto anche processuale) cui è applicabile, a nostro avviso, la disciplina di cui all’art. 287 c.p.c.