Decreto di trasferimento dopo 380gg dall'aggiudicazione

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  • Ultimo messaggio 28 maggio 2018
kristianhero86 pubblicato 12 marzo 2018

Buongiorno sono nuovo e colgo l'occasione per salutare, ieri sera girovagando in internet mi sono imbattuto sul vostro forum e l'ho trovato pieno di risposte esaustive quindi ho pensato immediatamente che siete gli unici che potete dare una risposta corretta alla mia domanda. Il giorno 3 marzo 2017 mi sono aggiudicato un immobile senza incanto, il 14 maggio saldo il mio debito facendo confluire sul conto del tribunale il restante 90% dovuto e da qui comincia il mio calvario!. Arriviamo a settembre ed il giudice si ricorda che manca la certificazione APE, gira e rigira una cosa tira l'altra è voilà che siamo arrivati a inizio novembre, mi contatta la cancelleria nel mese di febbraio dicendomi che sul conto mancava il bonifico per le tasse di registro all' agenzia delle entrate, ma anche lì era stato un loro errore perché mi avevano sbagliato a dare le coordinate e mi avevano fatto versare su un altra procedura del tribunale, ma a metà febbraio 2018 avevano risolto facendo un giro conto. Il giorno 9 marzo 2018 vengo contattato da qualcuno degli uffici la quale mi dice che il decreto è stato firmato e tra tre giorni lavorativi devo portare 3 marche da bollo e depositarlo in conservatoria. La mia domanda è : posso chiedere qualche forma di rimborso? Poiché la banca non mi ha dato un mutuo non essendo il proprietario ma solo una fidejussione con tasso al 7,50 % più uno 0,50% ogni 3 mesi? Quindi ho pagato una barca di soldi di interessi a causa loro. Vi ringrazio e spero di ricevere una vostra risposta

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inexecutivis pubblicato 16 marzo 2018

Rispondiamo alla domanda osservando, preliminarmente, che (ma la considerazione ci sembra fin troppo ovvia) che qualcosa non ha funzionato.

Osserviamo ancora che, sotto il profilo normativo, l’art. 591 bis, penultimo comma, c.p.c., a prevede che "avvenuto il versamento del prezzo con le modalità stabilite ai sensi degli articoli 574, 585 e 590, secondo comma, il professionista delegato predispone decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell'esecuzione il fascicolo".

Come si vede, il legislatore non ha individuato in termini precisi entro quanto tempo dal versamento del saldo prezzo deve essere emesso il decreto di trasferimento, prevedendo, con una formula più generica, che questo deve essere predisposto dal professionista delegato senza indugio, il che vuol dire che il decreto di trasferimento deve seguire al versamento del saldo in tempi brevi.

Fatta queste considerazioni, diciamo che purtroppo queste norme a volte non trovano applicazione poiché i tribunali italiani si trovano a gestire una mole di lavoro rispetto alla quale le forze in campo sono del tutto insufficienti, il che genera ritardi, o peggio, disfiunzioni.

Si consideri a questo proposito che i magistrati italiani, pur essendo, secondo le stime del CEPEI, (European Commission for the Efficiency of Justice) i più produttivi d’Europa hanno il carico di lavoro più elevato rispetto ai loro colleghi europei           

Ed allora, per verificare se ricorrono margini per un’azione risarcitoria, occorrerebbe verificare, in concreto (e cioè attraverso l’analisi del fascicolo dell’esecuzione):

1. dove si è verificato l’intoppo;

2. a chi è addebitabile (dalla lettura della domanda ci sembra di capire che vi sia stato un errore della cancelleria e probabilmente dello stimatore che non ha tenuto conto dell’assenza dell’APE);

3. se questo errore sia imputabile a titolo quantomeno di colpa, nelle forme della negligenza, imprudenza o imperizia.

mic1972 pubblicato 22 maggio 2018

Buongiorno, ma l'APE si applica anche alle procedure esecutive?

inexecutivis pubblicato 23 maggio 2018

La questione relativa all’applicabilità della disciplina dell’APE alle procedure esecutive è discussa poiché non si rinvengono nel tessuto normativo di riferimento argomenti univocamente diretti ad escluderlo o confermarlo.

Il co. 2 ter dell’art. 6 del d.lgs. 192/2005, introdotto dal d.lgs. 28/2011 prevedeva che: “Nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici”. Il successivo co. 2 quater disponeva che “Nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica”.

Dette previsioni sono state più volte riscritte, e da ultimo è intervenuto dapprima il d.l. 23 dicembre 2013, come modificato dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9, e successivamente l'art. 34, comma 1, lett. a) e b), d.lgs 21 novembre 2014, n. 175. Oggi, i co. 2 e 3 dell’art. 6 prevedono cheNel caso di vendita, di trasferimento di immobili a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari, ove l’edificio o l’unità non ne sia già dotato, il proprietario è tenuto a produrre l’attestato di prestazione energetica di cui al comma 1. In tutti i casi, il proprietario deve rendere disponibile l’attestato di prestazione energetica al potenziale acquirente o al nuovo locatario all’avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime; in caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della futura prestazione energetica dell’edificio e produce l’attestato di prestazione energetica entro quindici giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità” (co. 2), e che “Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell’attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari. In caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000; la sanzione è da euro 1.000 a euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa è ridotta alla metà.

Il problema che queste norme pongono è quello di verificare se esse siano applicabili anche in materia di esecuzione forzata, e se quindi incidano sul contenuto dell’avviso di vendita e sul decreto di trasferimento. Sul punto in giurisprudenza si registra l’affermazione per cui “secondo un’interpretazione comunitariamente orientata della normativa in oggetto si deve ritenere che la disciplina sulla certificazione energetica (…) sia applicabile anche alle espropriazioni forzate e, in genere, alle vendite giudiziali, anche in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni (29 marzo 2011), purché non sia stato ancora emesso il decreto di trasferimento; … dunque, è necessario che, prima dell’emissione del decreto di trasferimento, tutti gli immobili siano dotati dell’attestato di prestazione energetica” (Trib. Firenze, 16 settembre 2013; nello stesso senso Trib. Napoli, 20 aprile 2011.).

Si tratta di una opinione che tuttavia non ci sentiamo di condividere poiché non collimante con le finalità delle direttive comunitarie (la direttiva CE 2002/91 e la direttiva 31/2010/UE) di cui le norme nazionali costituiscono attuazione.

La direttiva 2002/91 nel perseguire il dichiarato obiettivo di “promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici nella Comunità, introduce un sistema comune di calcolo di tale rendimento, così uniformando le legislazioni degli Stati membri e le caratteristiche degli edifici. Inoltre, in vista della primaria esigenza di tutela dei consumatori e di trasparenza del mercato, impartisce indicazioni vincolanti relative alla necessaria “fornitura di informazioni da parte del proprietario al futuro acquirente o locatario, da prestarsi in sede di vendita o di locazione di edifici già esistenti, prevedendo che lo Stato membro disponga “a che in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi”, e che l’attestato contenga le informazioni che “consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio”.

Precisa infine che “l’obiettivo di tali attestati è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle normative nazionali”.

Come si vede, l’intento coltivato dal legislatore comunitario è stato quello di offrire all’acquirente o al conduttore una corretta informazione circa le qualità energetiche dell’immobile, ponendo il relativo obbligo informativo a carico del proprietario, il quale è così incentivato ad intervenire sul versante dell’efficienza energetica, posto che si tratta di una caratteristica oggetto i uno specifico dovere informativo.

Tanto detto, ai fini che qui interessano appare necessario stabilire preliminarmente se la volutas legis sottesa ai termini di “proprietario”, “venditore”, “compravendita”, “consumatori”, si riferisca ad un concetto commerciale di “vendita”, come tale estensibile ad ogni sinallagma che preveda lo scambio di cosa contro prezzo, o se la direttiva intenda vincolare gli Stati membri in relazione a qualsiasi trasferimento a titolo oneroso di edifici, anche coattivamente realizzato.

In primis la direttiva non reca una puntuale definizione di “vendita” ai fini dell’applicazione delle disposizioni da essa previste, con la conseguenza che quindi occorre avere riguardo alla generale accezione attribuita al termine nella normativa europea, dove la disciplina dettata in materia di vendita e di tutela del consumatore è volta alla regolamentazione dei rapporti commerciali tra soggetti privati con esclusione delle vendite compiute in sede giurisdizionale (si veda ad esempio, la direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori in ambito di contratti a distanza o conclusi fuori dai locali commerciali che espressamente esclude dal suo ambito di applicazione la vendite giudiziali), né esiste, ad oggi, un programma di armonizzazione delle legislazioni giudiziarie dei singoli Stati membri.

Inoltre un argomento testuale a supporto della soluzione qui patrocinata sembrerebbe potersi ricavare dall’articolo 7 della direttiva secondo cui “L’obiettivo degli attestati di certificazione è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle norme nazionali”.

Analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento alla direttiva 31/2010 UE il cui articolo 12 comma 4 dispone Gli Stati membri dispongono che, in caso di offerta in vendita o locazione di:

- edifici aventi un attestato di prestazione energetica,

- unità immobiliari in edifici aventi un attestato di prestazione energetica,

- unità immobiliari aventi un attestato di prestazione energetica,

l’indicatore di prestazione energetica che figura nell’attestato di prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare, secondo il caso, sia riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali”.

Tanto detto a proposito della derivazione comunitaria delle disposizioni in esame, dalla loro analisi si ricava che la ratio dell’intervento legislativo sembra essere, in definitiva, quella di sollecitare il mercato a considerare il livello energetico dell’immobile tra le qualità dello stesso, e ciò non solo allo scopo di indirizzare gli acquirenti verso gli immobili con migliori caratteristiche sotto questo profilo, ma anche (e soprattutto) al fine di spingere i proprietari ed i costruttori in questa direzione, onde dotare il paese di un patrimonio immobiliare energeticamente “virtuoso”.

Se dunque così è, si deve conclusivamente ritenere che la norma non si applichi ai trasferimenti immobiliari che avvengono in sede di esecuzione forzata, per le seguenti ragioni:

la normativa comunitaria di riferimento non aveva l’obiettivo di disciplinare anche le vendite coattive perché sembra destinata alla regolazione dei rapporti negoziali, e tale non è la vendita forzata;

la vendita forzata risponde ad esigenze liquidative contrapposte alla volontà del proprietario, esigenze che la normativa sopra citata non agevolerebbe;

gli interventi normativi che sono seguiti all’introduzione dei commi 2 ter e quater, pur essendosi mossi (anche) nella direzione di ampliare la gamma delle transazioni nelle quali opera la disciplina della certificazione energetica (poiché sono stati espressamente contemplati anche gli atti di trasferimento a titolo gratuito), non hanno mai interessato le vendite coattive.

mic1972 pubblicato 28 maggio 2018

Sono impressionato.... grazie...

inexecutivis pubblicato 28 maggio 2018

grazie a lei

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