DECRETO DI TRASFERIMENTO

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Fabrizio 70 pubblicato 18 aprile 2019

 

 

Buongiorno, nel ringraziarvi per l'importante contributo che fornite negli acquisti all'asta, Vi chiedo un chiarimento in merito alla consegna del Decreto di Trasferimento. In data 01 aprile 2019, il Delegato mi  ha comunicato che il Giudice ha firmato il DDT per una aggiudicazione dell'immobile avvenuta in data 20/12/2018. Lo stesso Delegato mi riferisce di aver depositato l'atto all'Agenzia delle Entrate per il pagamento delle previste imposte (acquisto 2^ casa). Vorrei cortesemente sapere se il DDF risulta già essere depositato in cancelleria ? e se ne posso prendere visione? o devo aspettare il positivo riscontro dell'Agenzia delle Entrate.

Cordiali saluti

 

 

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inexecutivis pubblicato 23 aprile 2019

Rispondiamo alla domanda formulata muovendo dalle previsioni di cui agli artt. 54 l. 26 aprile 1986, n. 131 (testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) e 11, d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 347 (testo unico delle disposizioni concernenti le imposta ipotecaria e catastale), a mente dei quali il cancelliere (e dunque, in caso di delega, il professionista incaricato) è individuato tra i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta.

Occorre poi considerare l’art. 13, comma 1 bis, d.lgs 131/1986, a mente del quale “Per i decreti di trasferimento e gli atti da essi ricevuti, i cancellieri devono richiedere la registrazione entro sessanta giorni da quello in cui il provvedimento è stato emanato”, nonché l’art. 6, comma 2 D.Lgs. 31/10/1990, n. 347, in forza del quale i cancellieri, per gli atti e provvedimenti soggetti a trascrizione da essi ricevuti o ai quali essi hanno comunque partecipato, devono richiedere la formalità entro il termine di centoventi giorni dalla data dell'atto o del provvedimento ovvero della sua pubblicazione, se questa è prescritta.

Detto questo, accade in alcuni tribunali che, per evitare che decorrano i termini entro i quali devono essere compiute le formalità successive all’emissione del decreto di trasferimento, questo, una volta firmato dal Giudice non viene formalmente depositato subito in cancelleria (momento nel quale il decreto materialmente esiste come atto del processo) ma dopo il compimento delle succitate formalità, sicché paradossalmente fino a quel momento l’effetto traslativo non si è ancora prodotto, proprio perché a tal fine occorre il materiale deposito in cancelleria.

Il suggerimento che ci sentiamo di offrire è dunque quello di accedere in cancelleria per verificare (l’aggiudicatario è parte processuale e quindi ha diritto a farlo) se in decreto di trasferimento risulta o meno depositato.

Fabrizio 70 pubblicato 28 aprile 2019

Scusate se ritorno in argomento, ma il Decreto di Trasferimento deve essere consegnato dal Delegato, oppure si deve acquisire chiedendone copia alla cancelleria. Grazie

inexecutivis pubblicato 01 maggio 2019

Riteniamo che l’acquirente abbia diritto alla consegna del decreto di trasferimento in forza delle seguenti considerazioni.

In primis, occorre premettere che “Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore” (Cass., sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730).

Se si applica questa norma, a nostro avviso deve trovare applicazione anche il terzo comma della medesima, a mente del quale “il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà ed all’uso della cosa venduta”.

Il diritto alla consegna del decreto di trasferimento, poi, si ricava dai seguenti principi generali.

Invero, costituiscono principi generale dell’ordinamento quelli secondo cui le obbligazioni debbono essere adempiute secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.).

La buona fede rappresenta uno dei principi portanti dell’ordinamento, principio qualificato in dottrina come principio di ordine pubblico.

Nell’adempimento delle obbligazioni la buona fede si impone quale obbligo di salvaguardia, prescrivendo alle parti di agire in modo da preservare integri gli interessi dell’altra. Questo impegno di solidarietà, che si proietta al di là di quanto specificatamente previsto nel contratto, trova un limite nell’interesse del soggetto che è chiamato ad adempiere. Questi, cioè, è tenuto a far salvo l’interesse altrui ma non fino al punto di subire un apprezzabile sacrificio, personale o economico.

In questi termini si è detto che la buona fede identifica l’obbligo di ciascuna parte di salvaguardare l’utilità dell’altra nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio.

La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha fatto propri questi concetti, affermando che “L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio” (Cass. Sez. 3, n. 3462 del 15/02/2007).

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