Ove i soccombenti non dovessero adempiere spontaneamente, il successivo divenire della vicenda sarà scandito dalla previsione dell'art. 669 duodecies c.p.c. (introdotto nel corpo del codice di procedura civile dalla l. 26.11.1990, n. 353), a mente del quale, salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai sequestri, l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avviene nelle forme degli articoli 491 e seguenti in quanto compatibili, mentre l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito.
La norma recepisce la prevalente opinione dottrinaria, che non distinguendo tra fase cognitiva e fase esecutiva, riteneva che l'attuazione dei provvedimenti cautelari doveva avvenire sotto il controllo del giudice della cautela. Non a caso la norma parla di "attuazione" e non già di esecuzione.
L'art, 669 duodecies pone tuttavia una serie di problemi operativi di non poco momento, rispetto ai quali sia in dottrina che in giurisprudenza sono state proposte soluzioni affatto univoche.
In primo luogo ci si chiede chi sia "il giudice che ha adottato il provvedimento". In proposito taluni ritengono che si tratti del medesimo magistrato persona fisica che ha deciso la controversia, mentre altri sostengono (cass. 12.1.2015, n. 443) che per "giudice" debba intendersi lo stesso ufficio giudiziario che ha emanato l'ordinanza della cui attuazione si tratta. Quest'ultima tesi non ci convince poiché se la ratio della norma è quella di attribuire l'attuazione dei provvedimenti cautelari al medesimo giudice che conosce i fatti di causa poiché questo meglio consente di provvedere sul versante operativo, nonché in merito ad eventuali contestazioni e difficoltà, giudice dell'attuazione non può che essere lo stesso magistrato persona fisica.
Problema ulteriore, che peraltro si pone proprio nel caso prospettato, è quello di individuare il giudice competente allorquando il provvedimento sia stato oggetto di reclamo dinanzi al collegio.
In questo caso, l'opinione che, tra le diverse prospettate, ci sembra da condividere (perché più aderente al dettato normativo e perché assicura l'attuazione al giudice che meglio ha contezza del provvedimento da attuare) è quella che individua il giudice competente in quello che ha concretamente adottato ma misura cautelare, sicché se essa è concessa dal collegio l'esecuzione spetta a questi, mentre se il reclamo è rigettato (come nel suo caso) decide il giudice di prime cure.
In definitiva, e per concludere, ove i soccombenti non rimuovessero spontaneamente il muro di pietra costruito, suggeriamo di proporre ricorso al giudice che ha adottato il provvedimento, chiedendo che siano adottati i provvedimenti necessari a rimuovere forzatamente il manufatto, magari suggerendo una ditta esecutrice ed un tecnico che sovraintenda alla esecuzione dei lavori.