DANNI ALL'IMMOBILE

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  • Ultimo messaggio 01 giugno 2020
mb14 pubblicato 22 settembre 2017

Buonasera, nel corso del 2016 mi sono reso aggiudicatario e a seguito dell'emissione del Decreto di Trasferimento, sono diventato proprietario di un immobile confluito in una Esecuzione Immobiliare.

L'immobile stesso era occupato dall'esecutato ed il G.E. aveva incaricato l'I.V.G. come custode giudiziario dell'immobile.

Nel periodo intercorrente tra l'aggiudicazione del bene e l'emissione del Decreto diTrasferimento, da voci di paese vengo a sapere che l'esecutato si "vantava" che avrebbe danneggiato l'immobile prima della sua liberazione.

Allarmato delle voci, allerto il Custode incaricato di "possibili" atti sconsiderati dell'esecutato, il quale per tutta risposta si limita ad inviare all'esecutato raccomandata postale (chiaramente non ritirata), al G.E. comunicazione scritta e senza spostarsi minimamente dalla sua sede, riesce a contattare la figlia dell'esecutato, per concordare la data di liberazione dell'immobile e relativa consegna delle chiavi dell'edificio.

A seguito di questi contatti tra il Custode e la figlia dell'esecutato, dopo qualche giorno, il Custode si fa consegnare le chiavi dell'immobile, con tanto di sottoscrizione di verbale di consegna, a circa 30 km di distanza dall'edificio stesso.

Dopo qualche giorno vengo contattato dal Custode per la consegna delle chiavi e immissione in possesso dell'edifico aggiudicato, gia dal giardino dell'edificio si intuiva lo stato a dir poco pietoso in cui era stato ridotto l'edificio, entrando la situazione era ancora peggiore delle previsioni, sintetizzando, il perito del Tribunale a seguito di richiesta di A.T.P. ha quantificato in circa € 50.000,00, i danni e relativi costi di ripristino dell'edificio su un costo poco sopra gli € 100.000,00.

Ora, mi chiedo, il Custode Giudiziario, ha vigilato sull'immobile "come il buon padre di famiglia"?

Non fare neanche un sopralluogo sul posto a seguito delle mie segnalazioni, non fare un verbale di consistenza dell'immobile dopo l'aggiudicazione, farsi consegnare le chiavi a 30 km di distanza dall'immobile oggetto di custodia senza effettuare un sopralluogo sul posto e verbalizzare, corrisponde alla corretta condotta che il Custode Giudiziario deve seguire?

Ringrazio anticipatamente per Vs risposta ai miei quesiti.

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inexecutivis pubblicato 25 settembre 2017

Rispondiamo alla domanda partendo da alcune premesse di carattere normativo.

Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.

Stessa disposizione si rinviene nell’art. 560, ultimo comma, c.p.c., che attribuisce al custode il compito di “amministrazione e gestione” del bene pignorato affidato alla sua custodia.

Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, se non l’ha esercitata con la diligenza del buon padre di famiglia.

Fatta questa premessa, affinché il custode sia chiamato a rispondere dei danni cagionati all’immobile è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità dell’immobile (a meno che, ovviamente, ciò non si verifichi per colpa del custode medesimo). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di prevenire tali condotte. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.

Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).

Venendo al caso prospettato, riteniamo che la redazione di un verbale di consegna dell’immobile in cui si descriva lo stato dei luoghi è certamente opportuna poiché serve a cristallizzare la situazione nel momento in cui cessa lo stato di occupazione da parte dell’esecutato.

Ciò posto, per individuare profili di responsabilità in capo al custode è necessario chiedersi se esisteva una condotta, concretamente esigibile, che il custode avrebbe potuto serbare al fine di impedire il compimento degli atti vandalici che si sono verificati.

 

Purtroppo tali condotte non sono isolate; spesso i debitori si esibiscono in questi comportamenti. Il punto è che essi sono difficilmente scongiurabili, e anche se il custode si attiva per tempo nel conseguire la disponibilità dell’immobile, il debitore all’ultimo momento utile compie atti di questo tipo.

mb14 pubblicato 25 settembre 2017

Buongiorno, ringrazio anticipatamente per la tempestività della Vs risposta, ma ritengo che la stessa, avendo analizzato le altre Vs risposte in tale argomento, non vada, al di la dei riferimenti normativi, troppo nel dettaglio, forse anche perchè non siete nella possibilità di conoscere nel dettaglio i fatti salienti di ogni "episodio".

Quello che mi chiedo è questo:

esiste una "prassi", un codice, un protocollo che il Custode Giudiziario deve seguire nel compiere il suo incarico, in particolare nella delicatissima fase del rilascio dell'immobile occupato dall'esecutato?

- non visitare "di persona" l'immoblie dopo l'aggiudicazione, anche a seguito di segnalazione su possibili atti vandalici;

- evitare di sottoscrivere un verbale di consegna dell'immobile da parte dell'esecutato direttamente nell'immobile oggetto di custodia;

- evitare di farsi consegnare le chiavi dell'immobile nel luogo di custodia;

- sostituire le chiavi dell'edificio in occasione del rilascio in virtù delle segnalazioni note al Custode (ho dimenticato di riportarare che l'esecutato era stato già segnalato al G.E. come non collaborativo alle visite e con atteggiamenti aggressivi nei confronti degli interessati all'acquisto).

Tutta questa serie di adempimenti, che dovrebbero essere dettati non da un codice di condotta, ma dal buon senso, potevano evitare il compimento degli atti vandalici?

ed in mancanza di ciò è ravvisabile una "condotta concretamente esigibile" da parte del Custode Giudiziario oppure no?

Ringrazio e saluto cordialmente.

inexecutivis pubblicato 26 settembre 2017

Come avrà notato, le risposte che diamo sul forum partono sempre da iriferimenti normativi poichè cerchiamo di argomentare sotto il profilo giuridico le nostre opinioni, in modo da sottoporle al vaglio critico degli utenti, rendendole quanto meno possibile apodittiche.

Come ha correttamente osservato nella sua replica, non siamo entrati troppo nel dettaglio poiché affermazioni uleriori rispetto a quelle compiute avrebbero corso il rischio di essere smentite dall'analisi degli atti del fascicolo, così vanificando il supporto che la risposta si propone di offrire.

Ciò detto, osserviamo che non esiste una norma che tipizzi la condotta del custode.

L'art. 560, comma quarto, cpc, dispone in proposito (con una formulazione volutamente generica) che  l'ordine di liberazione viene attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione.

Dunque, l'unico "protocollo" eistente, è rappresentato dalle istruzioni  impartite dal giudice. 

Venendo al caso di specie, e tenuto conto delle ulteriori informazioni forniteci, riteniamo che forse l'unico rimedio per provare ad evitare quanto accaduto avrebbe potuto essere quello di una liberazione "a sorpresa", una liberazione, cioè, eseguita senza preavviso, in modo tale da non lasciare all'occupante il tempo di danneggiare l'immobile.

Invero, a differenza di quanto avviene nella esecuzione per rilascio eseguita ex artt. 605 e seguenti cpc, l'attuazione dell'ordine di liberazione non impone di preavvertire l'occupante del giorno e dell'ora in cui si procederà allo sgombro dell'immobile.

 

paganao6 pubblicato 11 maggio 2018

Con tutto il rispetto, visto che ho letto questa stessa tesi sotto altre domande poste in questo forum, vorrei dire che mi sembra si sia andati leggermente fuori strada.

L'art. 2051 c.c. non rileva nel caso di specie (tratta di responsabilità per danni provocati a terzi dalla cosa detenuta in custodia). La fonte di responsabilità, in casi analoghi a quelli oggetto del parere, è unicamente l'art. 67 c.p.c..

Anche questo è fonte di responsabilità extracontrattuale, ma non già nei rapporti tra cosa in custodia e terzo danneggiato, ma tra custode e proprietario della res. Ed è extracontrattuale perchè l'interesse protetto non è quello del contraente che si avvale della prestazione del custode, ma l'interesse pubblico alla custodia della cosa pignorata o sequestrata (infatti, è ovvio, il custode giudiziario è un ausiliario del giudice, non della parte processuale titolare di diritto reale sulla res).

 

inexecutivis pubblicato 14 maggio 2018

In realtà non ci sembra affatto di essere andati fuori strada, e per vero il concetto da noi espresso non è sostanzialmente diverso rispetto a quello da lei esplicitato.

Come avrà notato, anche noi abbiamo affermato, a proposito del custode, che “Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, se non l’ha esercitata con la diligenza del buon padre di famiglia.

Ciò che abbiamo aggiunto, confortati sul punto dalla prevalente dottrina e dalla pressoché unanime giurisprudenza, è che la responsabilità del custode per danni alla cosa postula, a prescindere da come la si voglia incastonare “che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità dell’immobile (a meno che, ovviamente, ciò non si verifichi per colpa del custode medesimo). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di prevenire tali condotte. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi”.

Aggiungiamo infine che, l’affermazione della natura extracontrattuale della responsabilità del custode ai sensi dell’art. 67 c.p.c. non è affatto pacifica in dottrina, poiché mentre taluni qualificano la responsabilità coniata da questa norma come di tipo aquiliano, altra dottrina dottrina ritiene che si tratterebbe di una responsabilità contrattuale, con tutte le conseguenze che questo determina in punto di prescrizione, riparto dell’onere della prova, ecc., essendosi ulteriormente specificato, da altri, che si dovrebbe parlare di responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, la quale implicherebbe l’assunzione dei c.d. doveri di protezione, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.,  che deriverebbero direttamente dagli obblighi e dai divieti imposti al custode dalla legge o dal Giudice.

Anche in giurisprudenza sono state affacciate entrambe le prospettazioni. Secondo un primo orientamento (Cass. 17/02/1995, n. 1730) si sarebbe in presenza di una responsabilità contrattuale: in particolare, con riguardo alla responsabilità del curatore fallimentare (custode ex lege dei beni del fallito) nei confronti dell’aggiudicatario si è richiamato espressamente il principio generale in tema di inadempimento delle obbligazioni posto dall’art. 1218 c.c.

Altra giurisprudenza ha sostenuto in passato la tesi della natura extracontrattuale della responsabilità del custode verso le parti del processo, affermando – con riferimento al custode di cose sequestrate in sede penale ai sensi dell'art. 344 c.p.p. abrogato e degli artt. 65, 66 e 67 c.p.c., ma sancendo un principio estendibile al custode dell’immobile pignorato – che opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliario (così Cass. 24/05/1997, n. 4635).

damianorapisarda pubblicato 29 maggio 2020

Buonasera,

 

riesumo questo post dopo averlo letto perchè mi trovo in una situazione analoga.

Faccio una breve sintesi:

mi sono aggiudicato a dicembre 2019 un immobile  nel quale veniva autorizzato ad abitare il debitore esecutato insieme al  padre fino alla vendita (in realtà si tratta di una delle tante case a mare a disposizione della famiglia dell'esucutato che abitavano al massimo nei mesi estivi.

Ho effettuato il saldo prezzo i primi giorni di  febbraio 2020.

Al fine di velocizzare lo sgombero, su mia richiesta, il custode giudiziario eletto dal giudice, professionista delegato della procedura, mi mette in contatto telefonico con il padre  dell'esecutato (jn quanto a quanto pare l'esecutato è solo intestatario fittizio del bene) il quale rifiuta il mio aiuto in tal senso e mi propone la vendita di alcune pertinenze dell'appartamento molte delle quali scritte in perizia (cucina in muratura sul trerrazzo, tendaggi sul terrazzo e balconi, condizionatori, lavanderia con veranda sul balcone). A questa richiesta io non rispondo prendendo tempo ed in quella occasione, mi viene detto che se non avessi pagato per tali migliorie che egli aveva apportato all'immobile, li avrebbe smontati (telefonata registrata).

Seduta stante,  invio una pec al suddetto profesionista delegato dove faccio presente la conversazione e lo invito a vigilare sul bene aggiudicato affinchè non venga deturpato di tali pertinenze. A questa mia pec non ricevo nessuna risposta.

A causa del lockdown, le esecuzioni immobiliari, compresi il rilascio degli immobili, vengono sospesi fino al 30 giugno e per via delle misure prese dal governo, non potrò andare neanche da fuori a visionare l'immobile fino ad inizio maggio. Non ho ancora il decreto di trasferimento.

Appena mi è stato possibile, circa il 10 maggio, mi sono recato sul posto ed ho potuto costatare che i condizionatori, la veranda, i tendaggi non erano più presenti. Così faccio scrivere dal mio avvocato un'altra pec dove lo invitiamo a verificare l'accaduto.

Ieri mi sono recato di nuovo sul posto e con mio stupore ho trovato  la casa completamente aperta con la cucina in muratura distrutta e tutte le pertinenze di cui sopra asportate.

Dopo aver inviato un video al mio avvocato, lo stesso contattava tramite pec il professionista delegato il quale rispondeva di attivarsi subito a "procedere urgentemente agli opportuni e indifferibili adempimenti. "

 

Tenendo conto che la strada dell'assicurazione è improbabile oltre che illegale (in quanto dichiarerei il falso), vorrei sapere se in questi casi è possibile chiedere alla procedura un risarcimento del danno subito o la risoluzione del contratto.

 

 

 

inexecutivis pubblicato 01 giugno 2020

 Purtroppo non possiamo che ribadire le considerazioni che abbiamo svolto in precedenza.

In linea di principio una responsabilità del custode per "culpa in vigilando" è prospettabile, ma occorre chiedersi, per concretizzarla, quale poteva essere il comportamento che il custode avrebbe dovuto tenere per evitare che l'occupante dell'immobile non vandalizzasse l'appartamento prima di lasciarlo.

In ordine alla possibilità di chiedere alla procedura un risarcimento del danno esprimiamo le nostre perplessità.

A mente dell’art. 2922 c.c., nella vendita esecutiva non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta.

Questa normariguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio", configurabile, invece, se il bene aggiudicato:

1. appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita;

2. oppure manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale;

3. oppure ancora quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso previsto e che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto.

Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si va affermando il principio per cui “La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale è ostativa all'adozione, per la prima, di una nozione lata di "aliud pro alio", con la conseguenza che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario” (Cass. Sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1669. Si trattava del caso in cui una unità abitativa la cui inagibilità, dichiarata dal Comune per la presenza di elementi inquinanti, ed emersa solo a seguito di una integrazione della perizia di stima depositata dopo il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, ed era solo temporanea per la piena recuperabilità della salubrità dell'immobile).

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