A nostro avviso le deduzioni del curatore, sono errate in punto di diritto, anche se ne cogliamo il senso.
Sono necessarie alcune premesse al fine di comprendere i termini della questione.
In seno alle procedure esecutive (individuali e, come nel suo caso, concorsuali), il trasferimento della proprietà costituisce una fattispecie a formazione complessa che parte dall’aggiudicazione, passa per il versamento del prezzo e si completa con la pronuncia (su cui torneremo alla fine) del decreto di trasferimento.
La determinazione del momento di produzione dell’effetto traslativo non è pacifica, essendosi registrate in dottrina autorevoli opinioni che l’hanno fatta decorrere dall’aggiudicazione o dal versamento del saldo prezzo.
In giurisprudenza, comunque, prevale nettamente l’idea che il trasferimento della proprietà si determina con il decreto di trasferimento, sebbene si tratti di effetto che, come detto, postula l’intervenuto versamento del saldo prezzo, in mancanza del quale esso non si produce (Cass., 2-4-1997, n. 2867; 28-8-1997, n. 7749; 20-10-1997, n.9630; 16-9-2008, n. 23709).
Diverso, ma intimamente connesso a quello appena succintamente riassunto, è il tema della revocabilità, e dunque della stabilità, del decreto di trasferimento (e del suo effetto traslativo), a norma dell’art. 487 c.p.c., a mente del quale “Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione.
La giurisprudenza sopra citata ha individuato questo momento nel compimento delle formalità indicate al comma primo dell’art. 586, vale a dire registrazione (da eseguirsi nel termine di venti giorni), trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento (da compiersi nel termine di trenta giorni).
Ed allora, se così è, siamo dell’avviso che se il trasferimento della proprietà si produce con il decreto di trasferimento, è da quel momento che l’acquirente - nuovo proprietario – ha diritto ad ottenere la consegna del bene, a prescindere dal fatto che l’effetto traslativo diventi irrevocabile in un momento successivo.
Ergo, l’acquirente da quel momento consegue il diritto ad ottenere la consegna del bene non tanto in forza della previsione dell’art. 586 c.p.c. quanto in base alla previsione di cui all’art. 1476 c.c. posto che “Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita” (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730).
Ciò premesso, evidenziamo che nella prassi molto spesso accade che, per evitare che decorrano i termini entro i quali devono essere compiute le formalità successive all’emissione del decreto di trasferimento questo, una volta firmato dal Giudice non viene formalmente depositato subito in cancelleria (momento nel quale il decreto materialmente esiste come atto del processo) ma dopo il compimento delle succitate formalità, sicché paradossalmente fino a quel momento l’effetto traslativo non si è ancora prodotto, proprio perché a tal fine occorre il materiale deposito in cancelleria.
In definitiva, allora, il suggerimento che ci sentiamo di dare è quello di verificare in cancelleria se il decreto di trasferimento sia stato formalmente depositato. In caso affermativo il curatore andrà diffidato alla consegna del bene.