La risposta alla domanda formulata risiede nei commi terzo e quarto dell’art. 560 c.p.c., nella formulazione risultante all’esito delle modifiche introdotte dal d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, con l. 30 giugno 2016, n. 119.
Li riportiamo testualmente per chiarezza espositiva.
Fatta questa premessa, il contenuto del nuovo art. 560, commi terzo e quarto c.p.c., è chiaro, e lo riportiamo testualmente:
“Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell’art. 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile. Per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento di un bene opponibile alla procedura il termine per l’opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento15.
Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68”.
Dunque, in base alle norme richiamate, la liberazione dell’immobile deve avvenire con oneri a carico della procedura, e deve essere attuata dal custode.
Osserviamo per completezza che mentre il terzo comma si applica a tutte le procedure,
Ai sensi dell’art. art. 4 comma 1, lett. d) n. 1, del d.l. 59/16. La disposizione si applica agli ordini di liberazione disposti, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, successivamente al decorso del termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione decreto a norma dell’art. 4, co. 4, d.l. 59/16 ( quindi dal 2 agosto 2016).
Il quarto comma dell’art. 560 c.p.c. prosegue affermando che “Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi d’urgenza. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione”.
Come si vede, anche con riferimento ai beni mobili, è il custode che deve curarne lo smaltimento o la distruzione.