Abbiamo controllato la modulistica presente sul sito del Tribunale e possiamo confermarle che il modulo da lei individuato è corretto. Precisiamo che c'è anche il modello di partecipazione alla vendita "delegata" (i due modelli sono sostanzialmente identici, salvo un refuso relativo alla rivendita nel triennio – non più esistente- contenuto nel modello di offerta per la vendita delegata).
Quanto all'opzione fiscale da esercitare, osserviamo quanto segue.
Dal contenuto della domanda ricaviamo che l'immobile da acquistare si trova nello stesso comune in cui si trova l'immobile adibito a residenza familiare ed acquistato con i benefici della prima casa.
Così stando le cose, fino a qualche tempo fa il nuovo acquisto non avrebbe potuto essere compiuto usufruendo dei benefici fiscali legati all'acquisto della prima casa mancando il requisito di cui alla lettere b) e c) della nota II-bis dell’art. 1, parte prima, della tariffa del d.P.R. 131/1986.
Sennonché, l’articolo 1, comma 55, della l. 28.12.2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) ha esteso l’agevolazione “prima casa” al contribuente che, già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, acquisti un nuovo immobile, a condizione che proceda all’alienazione della casa preposseduta entro un anno dal nuovo acquisto (con la circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 l’agenza delle entrate ha precisato che l’estensione non si applica nei casi in cui l’acquirente sia già titolare di altra abitazione, acquistata senza fruire delle agevolazioni per la “prima casa”).
Dunque, così stando le cose, il nuovo acquisto potrà essere compiuto in regime di agevolazione prima casa, a condizione che si proceda alla rivendita dell'immobile preposseduto entro l'anno.
Rimane da chiedersi cosa accadrà se non riuscirete a rivendere l'immobile.
Qui la questione si complica poiché attiene alla possibilità che il contribuente possa rinunciare all'agevolazione di cui ha dichiarato di voler beneficiare.
In linea generale la risposta a questo interrogativo impone risposte diversificate in ragione dei motivi della rinuncia.
Giova premettere che nessuna disposizione normativa prevede la possibilità di rinunciare su base volontaria alle agevolazioni “prima casa”. Ciò in quanto il rapporto giuridico-tributario che sorge a seguito della dichiarazione resa in occasione dell'acquisto dall'acquirente e avente ad oggetto il possesso dei requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 aprile 1986, n. 131 deve ritenersi perfezionato laddove dette condizioni risultino effettivamente sussistenti. Pertanto, conseguita l’agevolazione “prima casa” questa non sarà più revocabile dalla parte (così Cass. 28 giugno 2000 n. 8784, laddove in particolare, si è chiarito che “non è possibile conseguire l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, …, previa rinunzia ad un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina (…). A parere della suprema Corte, infatti, la dichiarazione di voler fruire del beneficio “non è revocabile per definizione, tanto meno in vista di un successivo atto di acquisto”. Dello stesso tenore Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17294 del 30/07/2014).
Dall’orientamento giurisprudenziale richiamato deve escludersi, pertanto, che il soggetto acquirente, che abbia reso la dichiarazione in atto di possedere i requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis), possa in data successiva rinunciare alle agevolazioni “prima casa” fruite.
Diverso è il caso in cui la dichiarazione resa dal contribuente nell'atto di acquisto, e rispetto alla quale egli intende tornare sui propri passi, non attenga alla sussistenza delle condizioni che devono necessariamente preesistere al momento della compravendita per fruire dei benefici ma sia riferita, invece, all’impegno che il contribuente assume di trasferire la propria residenza nel termine di diciotto mesi dalla data dell’atto (analogo discorso vale, come si vedrà per l'impegno al riacquisto entro l'anno nel caso di vendita entro il quinquennio).
In tal caso, l’effettivo realizzarsi del requisito della residenza prescritto dalla norma dipende, infatti, da un comportamento futuro che il contribuente dovrà porre in essere, con la conseguenza che la dichiarazione resa risulterà mendace e, pertanto, si realizzerà la decadenza dall’agevolazione, solo quando, allo scadere dei diciotto mesi, il contribuente non abbia proceduto al cambio di residenza.
Proprio in considerazione della peculiarità di tale condizione, l'agenza delle entrate con la risoluzione n. 105 del 31/10/2011 ha ritenuto che, laddove sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l’acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali, possa revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile.
L'amministrazione finanziaria ha precisato che, a tal fine, l’acquirente che non intende adempiere all’impegno assunto in atto è tenuto a presentare una apposita istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, con la quale revoca la dichiarazione d’intenti espressa nell'atto di acquisto di volere trasferire la propria residenza nel comune nel termine di diciotto mesi e richiede la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione, aggiungendo che questo vale anche per gli immobili assoggettati ad IVA.
A seguito della presentazione dell’istanza, l’ufficio procederà alla riliquidazione dell’atto di compravenduta ed alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita.
Non troverà invece applicazione la sanzione pari al 30 per cento di cui all’art. 1, quarto comma, della Nota II-bis) allegata al TUR in quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto non può essere imputato al contribuente il mancato adempimento dell’impegno assunto, cui consegue la decadenza dall’agevolazione.
L'agenzia ha ancora precisato che se è decorso il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza senza che il contribuente vi abbia provveduto e verificatasi, pertanto, la decadenza dall’agevolazione, questi potrà comunque accedere, ricorrendone i presupposti, all’istituto del ravvedimento operoso che consiste, come noto, nell’effettuare spontaneamente l’adempimento omesso o irregolarmente eseguito nel rispetto di scadenze normativamente predeterminate, beneficiando di una riduzione della sanzione.
Pertanto, il contribuente che intenda avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso dovrà presentare apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto, con la quale dichiarare l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richiedere la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta. A seguito della presentazione dell’istanza, l’ufficio procederà alla riliquidazione dell’atto portato alla registrazione ed alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che gli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita. Sono, inoltre, dovute le sanzioni, opportunamente ridotte in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso, così come previsto dall'art. 13 d.lgs. 18.12.1997, n. 472, con l'avvertenza che i diversi termini a cui l'art. 13 ricollega differenti riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dall'agevolazione (ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell'atto).
Analoghi principi sono stati applicati, con la successiva risoluzione n. 112/E del 27/12/2012, in relazione all'ipotesi in cui il contribuente, dopo avere rivenduto la prima casa anteriormente al decorso del termine quinquennale dall'acquisto, abbia manifestato l'intenzione di non voler acquistare un'altra abitazione prima della scadenza di un anno dalla vendita, incorrendo così nella decadenza dall'agevolazione.