Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.
1. I costi della custodia (ed il compenso spettante al custode) gravano sulla procedura. Si tratta, infatti, di costi che sono sostenuti nell’interesse della “massa” con la conseguenza che non possono essere richiesti all’aggiudicatario, a meno che nell’ordinanza di vendita il Giudice abbia disposto diversamente (ma ci pare francamente improbabile).
In questi termini si è orientata la giurisprudenza, la quale ha affermato che “Le spese di custodia delle cose oggetto di sequestro giudiziario ed il compenso al custode rientrano fra quelle concernenti gli atti necessari del processo, che devono essere anticipate dalla parte a carico della quale sono poste dalla legge o dal giudice - in quanto l'attività del custode è svolta nell'interesse superiore della giustizia e di quello comune delle parti” (Cass. civ., Sez. 2, 22 febbraio 2013, n. 4617).
2. come correttamente osservato nella domanda, i tempi di liberazione del bene variano in relazione al singolo caso di specie. Tuttavia riteniamo improbabile, ove il custode agisca correttamente, i tempi della liberazione possano protrarsi per anni.
3. A nostro avviso se l’acquirente non adibisce l’immobile acquistato con i benefici “prima casa” ad abitazione principale per fatto imputabile all’occupante che rifiuti di lasciare spontaneamente l’immobile non può subire il recupero delle agevolazioni di cui ha usufruito da parte dell’amministrazione finanziaria.
Si tratta, secondo noi, di una causa di forza maggiore, come tale impeditiva dell’obbligo che il contribuente ha di trasferire la residenza nell’immobile nel termine di 18 mesi, come previsto dall’art. 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986.
In proposito la Corte di Cassazione, ha affermato che, “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sè, la decadenza dall'agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.
In particolare, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del benefìcio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto - proprio perché non inerente ad un suo comportamento - della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato con l'agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall'agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile stesso” (Cass. 17.7.2013, n. 17442).
In altra occasione la corta ha affermato che “In tema di imposta di registro, l'art. 2 del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12 (convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118), richiede, per la fruizione dei benefici cd. prima casa, previsti in caso di acquisto di immobile in altro Comune, che il compratore vi trasferisca la residenza, rilevante ai fini del godimento dell'agevolazione, entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto; detto trasferimento, elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato, rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell'adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento. Ne consegue che il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dall'agevolazione, qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell'acquisto” (nella specie, la sospensione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile disposta dalla soprintendenza per la cd. "sorpresa archeologica", cioè il rinvenimento di reperti, impeditivo della prosecuzione dei lavori. Cass. n. 14399 del 07.6.2013).
Infine, con specifico riferimento al caso dell’inquilino che rifiuti il rilascio dell’immobile, deve citarsi Cass. 17.12.2015, n. 25437, secondo cui “In tema di benefici fiscali cosiddetti "prima casa", la forza maggiore idonea ad impedirne la decadenza dell'acquirente di un immobile ubicato in un comune diverso da quello di sua residenza, qualora egli non abbia trasferito ivi quest'ultima nel perentorio termine di diciotto mesi dall'acquisto, deve consistere in un evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente di abitare nella prima casa entro il termine suddetto”. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto la sussistenza di forza maggiore negli ostacoli frapposti dall'inquilina all'esecuzione per rilascio in tre diversi accessi, con differimento di circa dieci mesi nell'acquisizione del possesso dell'immobile).