Rispondiamo alla domanda osservando che le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile non contengono, per gli istituti di vendita giudiziaria, una norma analoga a quella contenuta negli artt. 169 bis e 179 bis, i quali disciplinano, rispettivamente, la misura del compenso sovuto ai professionisti delegati nelle vendite mobiliari e nelle vendite immobiliari.
Crediamo comunque che il compenso non possa non essere che liquidato dal giudice dell’esecuzione in forza della regola generale per cui i compensi dovuti a tutti gli ausiliari del giudice sono da questi stabiliti. Vengono in rilievo, in tal senso, le previsioni di cui all’art. 51 e 71 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (testo unico delle spese di giustizia).
Ulteriore conferma di questa impostazione si rinviene nell’art. 32, comma primo, d.m. 109/197, a mente del quale “Nel provvedimento di autorizzazione alla vendita, nell'ipotesi di cui al capoverso dell'articolo 538 del codice di procedura civile e in quella di assegnazione, il giudice dell'esecuzione dispone che all'istituto siano liquidati i compensi nella misura indicata nella tariffa allegata”.
Questa regola vale anche nel caso di estinzione della procedura, in forza del successivo art. 33 del ciato d.m., a norma del quale “Se il processo esecutivo si estingue e se comunque la vendita non ha luogo per cause non dipendenti dall'istituto, a quest'ultimo è dovuto secondo statuizione del giudice dell'esecuzione, dal creditore o dal debitore, un compenso nella misura indicata nella allegata tariffa”.
Anche in giurisprudenza si registra questo indirizzo, osservandosi che “In tema di esecuzione mobiliare, qualora la vendita delegata all'Istituto Vendite Giudiziarie non sia stata eseguita, per la declaratoria di improcedibilità della procedura esecutiva conseguente all'intervenuto fallimento del debitore, ex art. 51 del r.d. n. 267 del 1942 (e, quindi, per cause non dipendenti dall'istituto delegato), il Giudice dell'esecuzione, nell'individuare il soggetto da onerare della liquidazione del compenso dovuto all'ausiliario, ex art. 33 del d.m. n. 109 del 1997, non può derogare ai principi generali posti dall'art. 8 del d.P.R n. 115 del 2002 e dall'art. 95 c.p.c.. Ne consegue che le competenze dell'ausiliario vanno poste a carico del creditore procedente e, cioè, del soggetto tenuto ad anticipare le spese per gli atti del procedimento da lui avviato, in quanto il vincolo del pignoramento permane sino a che i beni non siano venduti nell'ambito della procedura fallimentare o questa non sia altrimenti chiusa, con la conseguenza che la procedura esecutiva, esistendo ancora i beni, può nuovamente liberamente svolgersi. (Cass. Sez. II, 12 settembre 2019, n. 22800).