Cessione di fabbricato non censito al catasto fabbricati

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Delegato11 pubblicato 13 novembre 2019

Buongiorno,

il sottoscritto ha aggiudicato un complesso immobiliare comprendente un fabbricato in corso di costruzione e un pezzo di area edficabile sul quale erigere altro fabbricato.

Il fabbricato però non risulta al catsto urbano e nella perizia così come nell'avviso di vendita si fa sempre e solo riferimento alle particelle di terreno su cui insiste.

I due dubbi che mi sorgono sono:

1) dal punto di vista della legittimità del decreto di trasferimento posso vendere le particelle di terreno lasciando all'aggiudicatario l'onere di accatastare il fabbricato allineando lo stato di fatto alle risultanze catastali? Trattandosi di vendita all'asta credo di si. E l'aggiudicatario avrebbe i famosi 12o giorni per presentare le pratiche catastali.

2) ammesso che sia affermativa la risposta al n. 1) è corretto ai fini fiscali far prevalere il dato sostanziale rispetto a quelo formale e quindi dire che vendo un fabbricato con iva al 10% insieme a un pezzo di area edificabile con iva 22%? Oppure dovrei considerare che riportando nel decreto solo particelle di terreni dovrei considerare tutto area edificabile con iva 22%?

 

Grazie

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inexecutivis pubblicato 17 novembre 2019

Rispondiamo all’interrogativo n. 1 osservando che la soluzione prospettata è corretta, trattandosi di vendita giudiziaria.

Queste le ragioni.

Con il d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla l. n. 122/2010, è stato introdotto un nuovo comma all’art. 29 della l. 27 febbraio 1985 n. 52 recante “Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento all’introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari”. Successivamente è poi intervenuto il d.l. 24 aprile 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 giugno 2017, n. 96, che con l’art. 8, comma 1 bis ha aggiunto il comma 1 ter alla citata disposizione.

All’esito di questi plurimi interventi normativi, oggi detto articolo 29, rubricato “Necessità di indicazione dei confini dell’immobile di cui si chiede la trascrizione o la concessione dell’ipoteca”, così dispone:

1. Negli atti con cui si concede l’ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l’immobile deve essere designato anche con l ‘indicazione di almeno tre dei suoi confini.

1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri.

1-ter. Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23”.

La norma appena illustrata pone l’interrogativo di stabilire se le prescrizioni in essa contenute si applichino o meno anche alle procedure esecutive, e se quindi i decreti di trasferimento debbano contenere le indicazioni sopra richiamate.

Una serie di elementi sembrano escluderlo.

In primis viene in considerazione il dato testuale. Il legislatore parla di “atti … tra vivi” imponendo al notaio il controllo “prima della stipula dei predetti atti …”. Inoltre, i primi destinatari della disposizione vengono individuati negli intestatari dei beni oggetto del trasferimento i quali nell’esecuzione forzata non operano la vendita ma la subiscono.

Sorregge poi questa conclusione l’interpretazione teleologica della norma, ovvero la sua finalità tributaria (la realizzazione dell’anagrafe tributaria integrata e la lotta all’evasione e all’elusione fiscale).

Altro elemento che depone in questa direzione è la tipologia della sanzione prevista per l’inosservanza della disposizione, qualificata come nullità civilistica, e quindi circoscritta al solo ambito negoziale.

Infine, deve essere richiamato il consolidato orientamento che emerge da una certa giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 333 del 2001; sentenza n. 113 del 1963) secondo cui l’esercizio in giudizio di un diritto sostanziale non potrebbe mai trovare ostacoli in una disciplina fiscale che persegua scopi estranei al giudizio medesimo, a pena di una sua incostituzionalità per violazione dell’art. 24 Cost.

 

Quanto al sub 2 riteniamo che debba essere applicata l’iva anche se l’immobile è in corso di costruzione, avuto riguardo alla tipologia di immobile prevista dal titolo edilizio in forza del quale l’immobile è in corso di edificazione.

Infatti, ad esempio, la Tabella A, parte II, n. 21, allegata al D.P.R. n. 633/1972 estende l’agevolazione IVA legata all’acquisto della prima casa anche alle abitazioni non ultimate.

Flotoscana pubblicato 17 novembre 2019

Buonasera ho un caso da sottoporVi ed è il seguente: in seguito alla vendita di un immobile oggetto di una procedura esecutiva immobiliare, muore l’esecutata.. Vengono a conoscenza della notizia dall’amministratore di sostegno in via informale..ero in procinto di inviare la bozza del decreto di trasferimento al Giudice..ma a questo punto mi chiedevo che fare..probabilmente presentare un’istanza al giudice a cui sottoporre la questione(devo produrre un certificato di morte)? La procedura viene sospesa?continua nei confronti degli eredi? (Gli eredi non penso accettino l’eredità considerando i debiti della defunta..Aggiungo che al momento della morte il giudice ha emesso l'ordine di liberazione..Grazie Distinti saluti

inexecutivis pubblicato 21 novembre 2019

Un preliminare interrogativo cui a questo proposito occorre rispondere è quello relativo alla sorte dell’esecuzione allorquando nel corso della stessa il debitore esecutato venga a mancare.

La giurisprudenza ritiene che nel processo esecutivo non trovino asilo gli artt. 299 e 300 c.p.c., e dunque secondo Cass. civ., sez. III 13 giugno 1994, n. 5721, “La sopravvenuta interdizione del debitore esecutato [evento cui è assimilabile la morte] non determina l’interruzione del processo esecutivo, la cui insensibilità ad eventi siffatti discende dal fatto che in esso – quale che sia la fase in cui si trova, ivi compresa, quindi, quella di versamento delle somme di conversione del pignoramento – non si svolge un accertamento che richieda la costante attuazione di un formale contraddittorio, ma più semplicemente si attua un procedimento senza giudizio.  Viceversa, con riferimento al caso in cui il decesso si verifichi dopo la notifica del titolo esecutivo e del precetto, ma prima del pignoramento, Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2000, n. 9365 ritiene che “per iniziare il processo esecutivo contro l’erede gli si deve nuovamente notificare il titolo esecutivo ed il precetto. Ove il creditore inizi l’esecuzione senza rinnovare la notifica del titolo esecutivo e del precetto, è onere del debitore proporre opposizione agli atti esecutivi per far valere tale omissione e non può il Giudice dell’opposizione esaminare la questione d’ufficio”.

Tanto detto, ci si deve chiedere se il decreto di trasferimento debba essere trascritto contro l’originario debitore esecutato o contro i suoi eredi.

Secondo una prima tesi al fine di individuare il soggetto contro il quale trascrivere il decreto di trasferimento, occorrerebbe verificare preliminarmente se l’accettazione dell’eredità sia stata trascritta o meno.

Infatti, al fine di assicurare il principio della continuità delle trascrizioni, ove l’accettazione dell’eredità sia stata trascritta si imporrebbe la trascrizione del decreto di trasferimento contro gli eredi, potendosi trascrivere contro il debitore esecutato nel caso contrario.

Secondo altra opinione invece la trascrizione dovrebbe sempre avvenire contro il debitore esecutato, a prescindere dal fatto che i suoi eredi abbiano o meno accettato l’eredità.

Questa tesi trae spunto dall’art. 2913 c.c., secondo cui “non hanno effetto in pregiudizio al creditore pignorante e ai creditori intervenuti gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento”. La norma, parlando di atti di alienazione, sembra far riferimento ad atti volontari posti in essere dall’esecutato.

Ora detta disposizione rappresenta l’evoluzione della previsione di cui all’art. 2085 contenuta nel codice del 1865, secondo cui “il debitore non può alienare i beni” pignorati. Il divieto imponeva al debitore di astenersi dal compimento di atti di alienazione, ritenuti nulli di pieno diritto.

Con il codice del 1942 il legislatore è passato dalla imposizione di un divieto alla previsione dell’inefficacia-inopponibilità ai creditori, con la conseguenza che l’atto dispositivo del bene pignorato, valido ed efficace, è semplicemente non opponibile al creditore, con l’ulteriore conseguenza che in caso di estinzione della procedura l’atto mantiene la sua efficacia traslativa (Così Cass., sez III,14 dicembre 1992, n. 13164.); la funzione della norma sarebbe allora quella di accordare protezione ai creditori da ogni possibile evento (ad eccezione degli acquisti a titolo originario) che potesse pregiudicare la loro tutela in sede esecutiva.

Se così è, si è concluso, il decreto di trasferimento, come va pronunciato nei confronti dell’esecutato che pure abbia posto in essere un atto di alienazione del bene pignorato (e contro di lui trascritto), allo stesso modo va ugualmente pronunciato e trascritto contro l’esecutato quante volte, dopo il pignoramento, si sia verificato un mutamento della titolarità del bene stesso non opponibile ai creditori.

Quindi, nel caso di morte dell’esecutato il decreto andrebbe pronunciato contro il de cuius, e contro il de cuius andrebbe altresì trascritto.

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