Base imponibile imposta di registro: prezzo di aggiudicazione inferiore al valore catastale

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  • Ultimo messaggio 08 giugno 2019
juribottura pubblicato 30 maggio 2019

Buongiorno,

Mi sono aggiudicato in asta fallimentare un immobile abitativo per un importo corrispondente a circa il 60% del valore catastale. Il notaio incaricato mi prospetta la certezza di un accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate in caso di calcolo dell'importo dell'imposta di registro sulla base del prezzo di aggiudicazione, invece che con il metodo del cosiddetto "prezzo-valore".

Gradirei sapere se quanto prospettatomi dal professionista trova corrispondenza in casi simili e sulla base della giurisprudenza, anche alla luce di una recente sentenza che pare confermare la legittimità del calcolo sulla base del prezzo di aggiudicazione (https://www.dominiciassociati.com/it/imposta-di-registro-e-vendita-di-beni-all-asta-conta-il-prezzo-di-aggiudicazione.php).

Cordiali saluti

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inexecutivis pubblicato 01 giugno 2019

Non ci sentiamo di condividere l’informazione che le è stata riferita.

Cerchiamo di spiegare le ragioni del nostro convincimento.

La base imponibile per l’applicazione dell’imposta di registro è data dal prezzo di aggiudicazione.

Tuttavia, ai sensi del combinato disposto dell’art. 52, comma 4, 5 e 5b del TUR e dell’art. 1, comma 497 L. 23/12/2005, n. 266, modificato prima dal comma 21 dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 309 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, la base imponibile è determinata dalla minor somma a tra prezzo di aggiudicazione e rendita catastale rivalutata.

Ove si proceda alla determinazione della base imponibile sulla scorta del prezzo valore, ci si pone al riparo da attività accertative.

A questa conclusione conduce il ragionamento svolto dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 145/E del 9.6.2009, la quale ha affermato che, “in ragione della formulazione letterale della norma e della finalità da essa perseguita, che consiste, tra l’altro, nel far emergere i reali corrispettivi delle contrattazioni immobiliari, si deve escludere che la dichiarazione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possa essere contenuta in un atto integrativo successivo al negozio traslativo. Tale soluzione risponde anche alla necessità di garantire la certezza nei rapporti giuridici e di tutelare il reciproco affidamento tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria. La scelta compiuta all’atto del trasferimento di volersi avvalere della disciplina del prezzo-valore, produce, infatti, conseguenze immediate in ordine all’attività di controllo degli Uffici, inibendo i poteri di rettifica (articolo 52, comma 5-bis, TUR). Non è ipotizzabile, ad esempio, che l’attività di accertamento sul valore avviata dall’Ufficio, possa essere inibita dall’acquirente attraverso la presentazione di un atto integrativo diretto a chiedere l’applicazione del meccanismo del prezzo-valore”.

Tuttavia, poiché la finalità della disciplina del prezzo valore è quella, tra l’altro di far emergere i reali corrispettivi, e poiché nelle vendite giudiziarie il corrispettivo è sempre reale, il problema non si pone, il contribuente che non intenda avvalersi di questo procedimento di determinazione della base imponibile è comunque al riparo da ogni accertamento.

juribottura pubblicato 04 giugno 2019

Buongiorno, vi ringrazio molto per la risposta. Il notaio ha nel frattempo effettuato ulteriori verifiche e ha corretto la sua opinione, che risulta ora in linea con quanto mi avete cortesemente illustrato.

Cordiali saluti

inexecutivis pubblicato 08 giugno 2019

Molto bene.

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