AZIONE CAMBIARIA

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  • Ultimo messaggio 15 aprile 2020
_marco_ pubblicato 08 aprile 2020

E’ stata avviata un’esecuzione immobiliare sulla base di alcuni effetti cambiari (circa una decina). Il debitore contesta il credito eccependo una sorta di convenzione di favore sulla base della quale egli emetteva delle cambiali di comodo che venivano regolarmente scontate in banca dal creditore pignorante, per ottenere liquidità a scopi personali. Il debitore afferma quindi l’inesistenza di un vero debito sottostante all’azione cambiaria. Tale convenzione di favore non è stata però oggetto di scrittura privata o altro.

Gli atti di precetto notificati dal creditore pignorante contengono la trascrizione integrale di tutti i titoli cambiari, certificati dall’ufficiale giudiziario. Dalla trascrizione dei titoli emerge chiaramente la presenza, in ciascuna cambiale, di un’unica girata effettuata dal creditore procedente nei confronti di un istituto di credito. Tra l’altro, la girata è effettuata con la formula “pagate ad X valuta in contanti” e quindi secondo tale dizione sarebbe da escludere la presenza di una mera girata “per l’incasso”, trattandosi invece di una girata “propria” con trasferimento del credito. Ciò è compatibile con la ricostruzione del debitore, e stando così le cose, il creditore non sarebbe legittimato ad agire in executivis in virtù di quei titoli, in mancanza di una serie continua di girate in suo favore.

Premetto che agli atti non risultano depositati gli originali delle cambiali, ma solo delle fotocopie della parte frontale, e non è quindi possibile verificare la parte in cui vengono apposte le girate. Se effettivamente gli originali dei titoli corrispondono a quelli trascritti nel precetto, il debitore avrebbe ampia possibilità di spuntarla, mediante opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.p. adducendo i motivi anzidetti. Tuttavia, non mi sento di escludere, per prudenza, che possa trattarsi di un mero errore di trascrizione dei precetti, e che le cambiali originali possano recare la dicitura ”pagate ad X valuta per l’incasso” al posto di “pagate ad X valuta in contanti”, come invece indicato nel precetto. Circostanza che cambierebbe tutto il discorso.

Ammesso che venga proposta opposizione all’esecuzione, nel caso in cui dagli originali in possesso del creditore pignorante emerga effettivamente una girata per l’incasso e quindi una formula diversa da quella indicata negli atti di precetto, che renderebbe quindi lecito l'utilizzo dei titoli da parte sua, mi chiedo se ai fini della decisione sull’opposizione e quindi della valutazione dell’esistenza del diritto del creditore ad agire in executivis, assuma rilevanza esclusivamente la trascrizione dei titoli esecutivi (cambiali) così come effettuata nell’atto di precetto e notificata al debitore (previa certificazione di corrispondenza all’originale da parte dell’ufficiale giudiziario) oppure il tutto verrebbe sanato dall’ostensione dei titoli originali che il creditore potrà eventualmente effettuare su richiesta del G.E.?

Grazie anticipatamente.

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inexecutivis pubblicato 13 aprile 2020

Certamente quanto risulta dal titolo cambiario prevale rispetto alle indicazioni contenute nell’atto di precetto. Inoltre, se dovesse emergere che la trascrizione del titolo non sia stata “fedele” il fatto potrebbe essere penalmente rilevante, e quindi vi sarebbero tutti i presupposti per la trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica per il reato di falso.

_marco_ pubblicato 13 aprile 2020

Circa la prevalenza del titolo cambiario originale rispetto a quello indicato nell’atto di precetto, vorrei però osservare come la corrispondenza tra l’originale e la sua trascrizione è certificata dall’ufficiale giudiziario ed è quindi coperta da fede privilegiata. Inoltre, tale trascrizione sostituisce la spedizione e notificazione del titolo in forma esecutiva, individuando il diritto in forza del quale si agisce esecutivamente. Il titolo cambiario originale ma difforme, in un elemento essenziale, da quello indicato nel precetto, sebbene possa essere in astratto lo stesso titolo, potrebbe altresì essere un titolo affatto diverso da quello precettato. Anche perché, per poter affermare che il titolo originale in possesso del creditore è lo stesso del “difforme” titolo azionato con il precetto, bisognerebbe prima proporre querela di falso avverso l’attestazione di conformità dell’ufficiale giudiziario.

Il diritto del creditore ad agire esecutivamente non dovrebbe essere valutato in astratto bensì in relazione allo specifico titolo spedito in forma esecutiva o, nei casi previsti, trascritto nel precetto. Mi chiedo innanzitutto se nel giudizio di opposizione non vi possa essere una sorta di inversione dell’onere della prova, nel senso che spetti al creditore opposto dimostrare che sono proprio quei titoli di cui lui possiede gli originali e che sono difformi da quelli trascritti nel precetto e certificati dall’ufficiale giudiziario, ad essere stati azionati ab origine, e non quelli indicati nel precetto. Ma a dimostrare ciò potrebbe non bastare il deposito degli originali “difformi”, perché in questo modo il creditore potrebbe semplicemente tentare di aggirare il problema dell’iniziale illegittimità dell’esecuzione, depositando altri titoli aventi le medesime parti ma pur sempre diversi da quelli che inizialmente aveva inteso azionare. Oppure il creditore, sprovvisto dei titoli all’inizio dell’esecuzione per averli scontati in banca, in seguito all’opposizione potrebbe ritirare gli effetti ripristinando la serie di girate nei suoi confronti, e depositarli successivamente in cancelleria, con una discutibile efficacia sanante.

In sostanza, mi chiedo se dando prevalenza agli originali, rispetto alla trascrizione del precetto, non si rischi di dare l’opportunità al creditore di sanare un’esecuzione inizialmente illegittima.

inexecutivis pubblicato 15 aprile 2020

Le osservazioni svolte ci sembrano solo parzialmente condivisibili, e non mutano il convincimento che abbiamo espresso nella precedente risposta.

Cerchiamo pertanto di esplicitarne meglio le ragioni.

Il secondo comma dell’art. 480 c.p.c. prescrive a pena di nullità che il precetto debba contenere la trascrizione integrale del titolo esecutivo nei casi in cui ciò sia prescritto dalla legge, ed è noto che tra questi casi rientra quello del precetto intimato in forza di titolo di credito (art. 63 r.d 14 dicembre 1933, n. 1669 e art. 55 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736).

Ciò detto, occorre muovere dalla premessa per cui l’adempimento della trascrizione integrale del titolo esecutivo in sostituzione della sua spedizione in copia munita della formula esecutiva nasce dalla necessità di conservare in capo al creditore un titolo esecutivo che non è custodito dall’autorità giudiziaria e di cui pertanto non può essere rilasciata una copia autentica in forma esecutiva al creditore medesimo. In sostanza, cioè, trattandosi di titolo esecutivo di formazione non giudiziale non è possibile la formazione e quindi il rilascio di una copia autentica in forma esecutiva.

Di qui la regola per cui in luogo della notifica del titolo si procede alla trascrizione integrale dello stesso nel corpo dell'atto di precetto.

Il precipitato che si deve ricavare da questa premessa ricostruttiva è quello per cui l'azione esecutiva non può essere fondata sul titolo esecutivo quale esso risulta dal contenuto dell'atto di precetto: invero, la sua trascrizione sostituisce la spedizione della copia in forma esecutiva e dunque assolve alla medesima funzione di detta spedizione, con la conseguenza che la fonte costitutiva del diritto del creditore di agire esecutivamente in danno del proprio debitore rimane sempre e comunque il titolo esecutivo dal quale è stata estrapolata la copia esecutiva o di cui è stata eseguita la trascrizione ai fini della notifica del precetto.

Peraltro, la dottrina è unanime nel ritenere che una erronea trascrizione del titolo nel precetto lo rende nullo, discutendosi solo sul se detta nullità resti sanata per mancata contestazione nel termine di cui all’art. 617 (a meno che non si deduca l’inesistenza del diritto ad agire in executivis, nel qual caso l’opposizione si svolge nelle forme dell’art 615 c.p.c.) o se invece si tratti di vizio insanable.

Ergo, nella stessa misura in cui nel contrasto tra la copia spedita in forma esecutiva e l'originale del titolo esecutivo prevale l'originale, allo stesso modo il titolo esecutivo stragiudiziale prevale rispetto alla eventuale erronea trascrizione che di esso sia stata compiuta in seno all'atto di precetto.

Quanto alla certificazione di conformità all'originale della trascrizione del titolo compiuta dall'ufficiale giudiziario, va osservato che secondo taluna dottrina essa sarebbe equiparabile ad una copia in scrittura privata, con la conseguenza che per contestarne l'efficacia probatoria sarebbe sufficiente operare il raffronto tra l'originale ed il precetto senza necessità di promuovere querela di falso (contra Cass. 6 luglio 1955, n. 2073).

In ogni caso, anche se (come a noi sembra) l’attestazione di conformità della trascrizione al titolo fosse munita di fede privilegiata, questo non impedisce di contestarne comunque il contenuto attraverso la proposizione del rimedio della querela di falso.

Quanto ai criteri di distribuzione dell'onere della prova, riteniamo che restano inalterati gli ordinari principi, per cui sarà onere del creditore , al cospetto delle contestazioni sollevate dal debitore, dimostrare di esistenza di un suo diritto di agire esecutivamente mediante l'esibizione dell' originale del titolo di credito in suo possesso: si tratta infatti di opzione interpretativa che non solo è conforme al principio generale, ma risponde altresì al criterio generale di vicinanza della prova (cfr., ex multis, Cass. Sez. U, 30 ottobre 2001 n13533).

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