asta senza incanto

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  • Ultimo messaggio 02 luglio 2017
pinguino283 pubblicato 01 giugno 2017

Buongiorno

mi sono aggiudicato asta senza incanto per un bene il cui prezzo base era 350000 con offerta pari a 275000 essendo risultato migliore offerente (eravamo 2 soli concorrenti). Può il giudice revocare la mia aggiudicazione ed entro eventualmente quando?

Grazie

 

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inexecutivis pubblicato 02 giugno 2017

La domanda è assai generica, e non consente di fornire risposte precise.

In linea generale, rileviamo che l'acquisto compiuto in sede esecutiva è tendenzialmente stabile.

Esso tuttavia si espone al rischio di caducazione se il procedimento di vendita risulta viziato.

A questo proposito occorre osservare che ai sensi dell''art. 2921 cc La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione”.

Da questa norma si deduce, a contrario, il principio per cui le irregolarità che hanno inficiato direttamente il procedimento di vendita, che inizia con la pronuncia dell’ordinanza di vendita e termina con l’emissione del decreto di trasferimento, e che possono riguardare, ad esempio, la violazione degli adempimenti pubblicitari, l’illegittima esclusione di un offerente, l’illegittima ammissione di una offerta irregolare, ecc. possono inficiare lo stesso decreto di trasferimento.

Queste irregolarità (che normalmente si verificano in una fase della procedura che è gestita dal professionista delegato) possono essere contestate o con il rimedio del reclamo al Giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 591 ter c.p.c. o mediante opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., da proporsi nel termine di venti giorni.

Problematica è la questione del termine ultimo entro cui queste irregolarità possono essere fatte valere.

A questo proposito occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 591 ter c.p.c., al quale nel prescrivere  che avverso gli atti del professionista delegato è possibile proporre reclamo al Giudice dell’esecuzione, non prevede un termine entro il quale detto reclamo debba essere promosso.

Nel silenzio della norma in dottrina sono state proposte diverse soluzioni.

Secondo taluni autori il termine finale per proporre reclamo avverso gli atti del professionista delegato va individuato nell’adozione de decreto di trasferimento, atto finale del subprocedimento.

Altri hanno fatto riferimento all’esaurimento della delega, mentre altri ancora hanno ritenuto di doversi applicare analogicamente l’art. 617 c.p.c., per cui il termine per la proposizione del reclamo è quello di giorni 20 decorrenti dal compimento dell’atto.

Infine, taluno ha ritenuto di applicare i termine di 10 giorni previsto dall’art. 739 c.p.c. per la proposizione del reclamo contro i decreti del Tribunale emessi in camera di consiglio.

Sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 18 aprile 2011, n, 8864, la quale dopo aver preso preliminarmente atto del fatto che il relazione al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. non è previsto alcun termine, ha affermato che non può applicarsi il termine di cui all’art 739 c.p.c., vale a dire dieci giorni dalla comunicazione o dalla conoscenza dell'atto da impugnare, mancando “un valido sostegno testuale o sistematico”. La corte ha quindi ricordato che il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, il quale è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, e che quindi gli atti del professionista delegato siano reclamabili fino a quando essi non abbiano avuto materiale esecuzione.

A questa osservazione va poi aggiunta quella per cui al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. si affianca il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, di cui il concorrente ingiustamente escluso potrebbe lamentare l’illegittimità.

Dunque, in definitiva, riteniamo che:

l’atto del professioniste delegato può essere autonomamente reclamato fino a quando non abbia avuto esecuzione;

in alternativa, potrebbe essere impugnato ai sensi dell’art. 617 c.p.c. il decreto di trasferimento.

Avvertiamo tuttavia, ed in mancanza di ulteriori indicazioni giurisprudenziali, che gli atti della vendita che si ripercuotono sul decreto di trasferimento rendendolo autonomamente impugnabile sono solo quelli che hanno inciso direttamente sul decreto di trasferimento.

Occorre considerare, infatti, che il principio della stabilità della vendita forzata, codificato dall’art. 2929 c.c., impedisce, in danno dell’acquirente, la ripercussione ex art. 159 c.p.c. delle nullità verificatesi in una fase anteriore all’esperimento di vendita che ha dato luogo all’aggiudicazione. In conclusione.

Insomma, le uniche nullità della vendita che si ripercuotono nel decreto di trasferimento sono quelle che, se tempestivamente fatte valere con opposizione ex art. 617 c.p.c. (avverso l’atto anteriore al decreto) avrebbero implicato l’invalidazione del decreto di trasferimento in una procedura non delegata.

 

pinguino283 pubblicato 02 giugno 2017

Sicuramente mi sono espresso male. La mia paura è che il giudice per l'esecuzione ritenga che il prezzo al quale mi sono regolarmente aggiudicato l'immobile sia un pò basso e voglia annullare la mia aggiudicazione provvisoria ottenuta nell'asta dal notaio delegato e rimettere il bene a nuovo incanto.

Grazie

inexecutivis pubblicato 05 giugno 2017

Il tema della individuazione del termine entro il quale il giudice può revocare l'aggiudicazione nel caso di prezzo "notevolmente inferiore a quello giusto" (così si esprime l'art. 586, comma primo, cpc. è discusso, in quanto il codice non lo prevede.

in difetto di indicazioni normative, pertanto, riteniamo che il termine ultimo sia quello della emissione del decreto di trasferimento, essendo quello il momento in cui si produce l'effetto traslativo, non essendo preclusa la revoca per effetto dell'aggiudicazione, che ha natura provvisoria (Cass., 18.4.2003, n. 6272).

pinguino283 pubblicato 05 giugno 2017

Scusate l'insistenza ma è frequente l'annullamento da parte del giudice dell'esecuzione dell'aggiudicazione provvisioria fatta dal notaio delegato (a fronte del prezzo base di 350.000,00 € ho offerto 275.000,00) o si deve ritenere una eccezione? Possono avere influenza le banche creditrici nella decisione del giudice (mi risulta che una banca creditrice ha contattato il signore che ha fatto gara d'asta con me per chiedere se fosse interessato ancora all'acquisto dell'immobile naturalmente offrendo più dei 270.000,00 € offerti in sede di asta)

inexecutivis pubblicato 06 giugno 2017

La sospensione della vendita (che nella sostanza si traduce nella revoca dell’aggiudicazione) nei casi di cui all’art. 586 è statisticamente una ipotesi piuttosto rara.

Il Giudice dell’esecuzione normalmente non esercita questo potere poiché l’aggiudicazione dell’immobile è un evento importante, essendo quello attorno al quale ruota il procedimento esecutivo, e la sua revoca comporta la sostanziale vanificazione di tutta l’attività compiuta sino a quel momento.

In ogni caso, si tratta di una facoltà che comunque, anche in considerazione dello stringente dato normativo, va esercitata cum grano salis.

In primo luogo, si tratta circoscrivere la portata della nozione di “giusto prezzo” recata dalla disposizione in parola.

In questa direzione è significativo che il testo dell’attuale art. 586 risulti dalle modifiche apportate dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991(recante ("provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"), dal che si ricava il precipitato per cui esso, sebbene formalmente modellato sulla previsione di cui all'art. 108 della legge fall., persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari.

Ed allora, il “prezzo giusto” è quello che in sede di vendita esecutiva si sarebbe conseguito in condizioni di non interferenza di fattori devianti, con l’ulteriore conseguenza che la vendita può essere sospesa quando il prezzo di aggiudicazione sia notevolmente inferiore a quello.

 

In siffatti termini si è espressa la giurisprudenza, osservando che “La norma di cui all'art. 586 cod. proc. civ. (come novellata dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991), secondo cui il giudice dell'esecuzione "può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto", è formalmente modellata su quella di cui all'art. 108 della legge fall., ma persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari, attesane la collocazione nel più generale contesto della citata legge n. 203 del 1991, ("provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"). Ne consegue che l'individuazione della nozione di "giusto prezzo" presuppone una ineludibile comparazione tra dati costituiti dal prezzo concretamente realizzato con l'aggiudicazione e da quello che invece, in condizioni di non interferenza di fattori devianti, sarebbe stato conseguito nella procedura di vendita così come concretamente adottata e normativamente disciplinata (senza che, peraltro, possa costituire utile o vincolante parametro il prezzo di mercato), così che, per disporsi la sospensione, la differenza tra le due entità dovrà evidenziarsi in termini di "notevole inferiorità", secondo criteri da adattarsi di volta in volta al caso concreto nel quadro di quell'esigenza di contrasto delle illegalità perseguita dalla norma”. (Cass. Sez. 3, 23.2.2010, n. 4344 del 23/02/2010), e che “Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19 bis della legge n. 203 del 1991) al giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione. (Sez. 3, Sentenza n. 18451 del 21/09/2015).

katy pubblicato 10 giugno 2017

Buonasera, 

avrei delle domande da porre alla Vs cortese attenzione in merito all'acquisto di un immobile posto in vendita in occasione di una recente asta fallimentare e riguardante un fallimento antecedente alla riforma della legge fallimentare del 2006.

In particolare, vorrei sapere se:

1) Le comunicazioni dei provvedimenti del G.D. al fallimento afferenti la vendita dell'immobile, eseguite dal curatore al fallito con raccomandata A/R, siano equiparabili alla notifica così come ora prevede l'art 26 della L.F?.;

2) La prova della conoscenza del provvedimento di vendita emesso dal G.E inviato con raccomandata A/R è idonea a far decorrere il termine della proposizione del reclamo ex art. 26 l.f.?

3) Il decreto di trasferimento del predetto bene, ritualmente notificato insieme al precetto, deve essere impugnato a norma dell'art 26 L.F o con il 617 c.p.c. tenuto conto che il fallimento non è ancora stato chiuso? In quest'ultimo caso, l'impugnazione deve essere proposta a norma del 1° o del 2° comma dell'art 617?

4) In ogni caso, considerato che il fallito ha avuto comunque conoscenza effettiva dei provvedimenti riguardanti la vendita, il decreto di trasferimento è idoneo a produrre nei confronti dell'acquirente gli effetti di cui all'art 2929 c.c?

Grazie

Distinti saluti.

inexecutivis pubblicato 14 giugno 2017

Rispondiamo separatamente a ciascuna delle domande formulate.

1. La notificazione a mezzo raccomandata A/R equivale a notificazione anche in relazione alle procedure in corso al momento di entrata in vigore della riforma del 2006 (l. 9.1.2006, n. 5). Si tratta, infatti, di norme processuali, in relazione alle quali vale il principio tempus regit actum.

2. Conseguentemente la racocmandata A/R è idonea a determinare la decorrenza del termine di cui all’art. 26.

3. il decreto di trasferimento va impugnato ai sensi dell’art. 26, anche se la vendita si è svolta secondo l’osservanza delle norme del codice di procedura civile. L’art. 26 infatti è norma disciplinante il rimedio impugnatorio degli atti; si tratta di una norma che individua, dunque, il “rito applicabile” alle procedure fallimentari, mentre il 617 fa riferimento alla procedure esecutive individuali.

4. gli effetti dell’art. 2929 c.c. (pacificamente operante anche in sede di esecuzione concorsuale) si producono indipendentemente dal fatto che il fallito abbia avuto o meno effettiva conoscenza dei provvedimenti riguardanti la vendita.

 

Si aggiunga, infine, che si è ormai affermato in giurisprudenza il principio per cui la violazione delle regole processuali non comporta l’annullamento degli atti ove l’opponente non dimostri quale interesse sostanziale quella violazione abbia determinato (sul punto, Cass. 3.2.2012, n. 1609, secondo cui “Nell'opposizione agli atti esecutivi, le ragioni per le quali la lesione del contraddittorio abbia comportato l'ingiustizia dell'atto dell'esecuzione contestato, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di un proprio diritto, devono essere poste a fondamento dell'impugnazione e vanno, pertanto, tempestivamente dedotte in sede di opposizione”; analogamente n. 14774 del 30/06/2014, secondo cui “In tema di espropriazione immobiliare, il giudice, pur avendo constatato un'illegittimità della procedura, non deve accogliere l'opposizione se non venga dimostrato che dalla stessa sia derivata la lesione dell'interesse del debitore a conseguire dalla vendita il maggior prezzo possibile per aver impedito ulteriori e più convenienti offerte di acquisto”).

gmario pubblicato 01 luglio 2017

in un'asta senza incanto con due offerte uguali uno dei due offerenti ha dichiarato di non voler effettuare rilanci; il delegato ha quindi assegnato il bene all'unico offerente (che aveva presentato per primo l'offerta) senza fare rilanci.

è legale questa procedura oppure puo' essere impugnata?

inexecutivis pubblicato 02 luglio 2017

A nostro avviso per rispondere alla domanda occorre premettere alcuni dati normativi.

Ai sensi dell’art. 573, comma 2 c.p.c., “Se sono state presentate istanze di assegnazione a norma dell’articolo 588 e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita e procede all’assegnazione”.

Il successivo comma terzo aggiunge che “Ai fini dell’individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto dell’entità del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa”.

Sulla scorta di questi dati normativi riteniamo che il bene può essere aggiudicato al primo offernete solo se le offerte sono uguali non solo in relazione al prezzo offerto, ma anche con riferimento agli ulteriori parametri individuati al terzo comma dell’art. 573.

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