asportazione beni indicati in perizia

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enriz pubblicato 04 febbraio 2020

Buongiorno. Ho acquistato un appartamento all'asta. Lo spirare del temrine concesso dal custode per la liberazione spontanea dell'immobile è andato a coincidere con la data del decreto di trasferimento a mio favore (fine del 2019), ma l'esecutata è rimasta ad occupare l'immobile un altro mese prima della liberazione (sospetto vi fosse sin dall'inizio un accordo con il custode sul punto di cui non sono stato informato anzi il custode ha tergiversato ma questa è un'altra questione). durante questa permanenza l'esecutata ha asportato la tenda da sole e l'impianto di condizionamento che erano beni indicati nella perizia di stima ai fini della valutazione dell'immobile. c'è da dire che ho potuto assistere al primo tentativo di asportazione della tenda ed ho chiamato i carabinieri che hanno evitato la sottrazione al meno temporaneamente, difatti lo stesso giorno fissato per il rilascio la tenda veniva definitivamente sottratta. nel frattempo avevo sollecitato con fax l'associazione notarile ad intervenire in merito alla sottrazione di questi beni ma senza ottenere risposta. il giorno della liberazione e della contestuale immissione nel possesso del sottoscritto, l'esecutata dichiarava a verbale che la tenda era un accessorio di sua proprietà mentre il condizionatore era stato da lei acquistato diciotto mesi prima. il custode non prendeva alcuna iniziativa. preciso che il rilascio è avvenuto i primi giorni di quest'anno ma la perizia di stima risale al 2014!. vi chiedo quali iniziative posso intraprendere per riottenere i beni sottratti il cui valore non è immodesto e come possa configurarsi la condotta dell'esecutata e soprattutto del custode. vi ringrazio

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inexecutivis pubblicato 06 febbraio 2020

Per rispondere alla domanda formulata è necessario partire dalla lettura dell’art. 2912 c.c., a mente del quale il pignoramento si estende alle pertinenze, agli accessori ed ai frutti della cosa pignorata.

Quanto agli accessori, manca nel codice una loro definizione, ed in dottrina si ritiene, generalmente, che tali possono essere sia le così dette “pertinenze improprie” (cioè cose destinate a servizio od ornamento della cosa principale in modo non duraturo, ovvero da chi non ne ha la proprietà) che e le accessioni in senso tecnico, vale a dire gli incrementi fluviali, (alluvione e avulsione), i casi di unione e commistione, le accessioni al suolo (piantagioni o costruzioni).

Cass. Pen. 19.6.2007, n. 23754 occupandosi del caso in cui un soggetto aveva asportato dall’immobile pignorato gli infissi, i termosifoni, i pavimenti, la porta blindata, la caldaia, i pannelli in cartongesso di tamponamento, una pergola pompeiana ed una vasca idromassaggio, ha ritenuto che questi beni, in forza della previsione di cui all’art. 2912 c.c., dovevano ritenersi ricompresi nel pignoramento, indentificando nelle pertinenze ed accessori “tutto ciò che concorre a definire il valore economico del bene esecutato”, identificando, in particolare, negli accessori “sia le accessioni in senso tecnico, caratterizzate da una unione materiale con la cosa principale (piantagioni, costruzioni), sia quei beni che, pur conservando la loro individualità, sono collegati a quello principale da un rapporto tanto di natura soggettiva, determinato dalla volontà del titolare del bene, quanto di natura oggettiva conseguente alla destinazione funzionale che li caratterizza e che ne fa strumento a servizio del bene cui accedono”.

Sempre secondo la Corte di Cassazione (n. 4378 del 20.3.2012) non costituiscono invece pertinenze le suppellettili, gli arredi ed i mobili che riguardano esclusivamente la persona del titolare, a meno che non siano destinati in modo durevole all’ornamento dell’immobile.

Così ricostruito il panorama normativo e giurisprudenziale di riferimento, riteniamo che nel caso da lei prospettato nessuno dei beni indicati possa essere asportato.

Venendo alle soluzioni, la questione si complica.

Non tanto sul piano giuridico, rispetto alla quale le soluzioni ci sembrano piuttosto semplici, quanto sul piano concreto.

Dal punto di vista teorico, infatti, si potrebbe citare in giudizio il danneggiante, facilmente individuabile nella persona di colui che aveva materialmente la disponibilità dell'immobile.

Occorrerebbe tuttavia garantirsi contro il fatto che questi sia in grado di pagare, nel momento in cui l'aggiudicatario ottenesse una condanna di costui al risarcimento del danno.

Sempre sul piano teorico, potrebbe essere chiamato a rispondere il custode.

Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.

Analoga disposizione si rinviene nell’art. 560, ultimo comma, c.p.c., che attribuisce al custode il compito di “amministrazione e gestione” del bene pignorato affidato alla sua custodia.

Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Aggiungiamo, infine, che ai sensi dell’art. 388, comma quinto, c.p., il custode che rifiuti, ometta o ritardi indebitamente il compimento di un atto del suo ufficio (e tale è certamente la esecuzione dell’ordine di liberazione, ai sensi dell’art. 560, comma quarto, c.p.c.) è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 516 euro”.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, e del danno derivante dalla ritardata esecuzione dell’ordine di liberazione.

In questo senso si è espressa la giurisprudenza. Secondo la Cassazione (sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730), infatti, "Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter"esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l'oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto. Pertanto, qualora l'aggiudicatario lamenti che l'immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell'aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode (nella specie, della curatela fallimentare che aveva proceduto alla vendita forzata), in base ai principi generali sull'adempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), per inadeguata custodia del bene posto in vendita, fino al trasferimento dello stesso" (negli stessi termini, più recentemente, Cass. 30/06/2014, n. 14765).

Detto questo, una precisazione è di assoluto rilievo.

Affinché il custode sia chiamato a rispondere è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, (potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità del fabbricato). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di evitarli. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.

Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato ad esempio che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).

Nel caso prospettato nella domanda, ci è sembrato di capire che il bene fosse occupato da un terzo, il che rende pressoché impossibile al custode adottare precauzioni utili a scongiurare atti vandalici.

Infine, va esclusa la possibilità di chiedere ed ottenere ristoro in seno alla procedura esecutiva, poiché ai sensi dell’art. 2922 c.c., nella vendita esecutiva non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta, per cui il comportamento del giudice è stato del tutto corretto e conforme alla legge.

enriz pubblicato 15 febbraio 2020

Vi ringrazio per la sollecita e dettagliata risposta. Voglio precisare che nessuna obiezione ho sollevato sull'operato del G.E., mentre non condivido, in punto fatto, la considerazione circa l'impossibilità di esigere una qualche condotta da parte del custode, che era stato avvisato per tempo e che, se avesse voluto fare qualcosa, avrebbe ben potuto attivarsi. In questo modo il custode non risponderà mai tanto più che, con la recente novella, non potrà esserci liberazione dell'immobile prima del decreto di trasferimento quindi il suo dovere di custodia si riduce a nulla. In un paese civile le cose che si lamentano in questo forum non succederebbero... per parte mia avrei dovuto alla presenza delle forze dell'ordine occupare l'immobile, che tanto ero già proprietario, invece di fidarmi degli organi della procedura, così avrei evitato il danno. Il sistema premia i furbi ed i prepotenti e non tutela gli onesti quindi bisogna adeguarsi. Scusate lo sfogo. W l'Italia. Buona vita a tutti!

inexecutivis pubblicato 21 febbraio 2020

Comprendiamo lo sfogo.

Purtroppo però è ben difficile, nei fatti, che il custode possa impedire atti vandalici da parte dell'occupante. Queste condotte si verificano spesso anche in occasione della esecuzione degli sfratti, dove l'inquilino prima di lasciare l'immobile lo danneggia o asporta beni che non gli appartengono. Se poi, in concreto, si riesce a dimostrare che esistevano condotte esigibili, secondo il modello del buon professionista (gli antichi lo chiamavano "homo ejusdem condicionis et professionis") che se atuate dal custode avrebbero potuto impedire i danni verificatisi, la resposnsabilità di costui può essere fatta valere.

Saluti.

enriz pubblicato 07 dicembre 2020

Buongiorno, a beneficio degli interessati e degli operatori che visitano questo sito, volevo condividere la decisione che ha assunto il GE sulla vicenda, decidendo su una mia istanza con cui, rappresentando l'accaduto, chiedevo che fosse ordinato al custode di fare restituire i predetti beni periziati e facenti parte del compendio acquistato o in subordine che mi fosse riconosciuto un ristoro monetario (allegavo due preventivi di spesa). Il GE, a distanza di mesi, ha invitato da prima il custode a riferire e questi, depositando una relazione scritta, ha sostenuto che: l'unità esterna e lo split del condizionatore non costituiscono impianto di condizionamento, che in ogni caso l'esecutata aveva dichiarato di averli acquistati 18 mesi prima e quindi non erano i medesimi beni periziati, che lo split e l'unità esterna, così come la tenda da sole (che l'esecutata affermava di sua proprietà!) devono considerarsi alla stregua di arredi e di suppellettili, che recano utilità al proprietario e non alla cosa, diverso il caso se vi fosse stata asportazione dell'impianto e che comunque nessuna responsabilità può essere ascritta al custode che non ha la materiale possibilità di intervenire qualora l'esecutata rimanga nell'abitazione. Premetteva che l'esecutata si era sempre dimostrata collaborativa (sic!) e che la cosa consegnata si trovava in buono stato locativo (ma io non ho mai sollevato nessuna contestazione sullo stato locativo ma solo sulla sottrazione di questi beni). Il GE ha quindi dichiarato di "prendere atto di questi chiarimenti, senza rilievo alcuno", ed ha concluso nel senso della non accoglibilità delle mie richieste. Io continuo ad essere in forte disaccordo,  perchè trovo complessivamente non corretto il comportamento del custode e sbagliata la decisione del GE che ha condiviso queste considerazioni "in diritto" del notaio delegato,soprattutto  laddove arbitrariamente si sostiene che lo split e l'unità esterna del condizionatore non costituiscono impianto sicché non si capisce come l'impianto possa funzionare senza questi elementi (confondendo di fatto l'impianto con la sua predisposizione). Sarei grato di conoscere la Vs opinione su questa decisione, rigraziandovi anticipatamente.

inexecutivis pubblicato 10 dicembre 2020

Purtroppo non possiamo far altro che ribadire gli argomenti che abbiamo già speso.

Certamente il giudice non poteva far altro che prendere per buone le deduzioni del custode, a meno che non gli fossero portati elementi dai quali si potesse evincere che sono non veri.

Tutto quello che il custode ha riferito sarebbe condivisibile se quegli arredi ed impianti fossero stati acquistati successivamente al pignoramento.

Certo, se corrispondesse la vero il fatto che lo split non era quello della perizia il custode avesse ragione. Non ci convince comunque uil fatto che quei beni non siano considerabili accessori.

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