Rispondiamo alla domanda osservando quanto segue.
All’indomani della entrata in vigore di queste norme, dottrina e giurisprudenza si sono poste il problema di verificare quali effetti producesse la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento sulle procedure esecutive.
Sul punto, mentre taluni ritenevano che la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento avesse comportato l’estinzione della procedura, altri osservavano che il processo avrebbe potuto comunque proseguire, ponendosi al più un problema di opponibilità ai terzi dell’acquisto; altri ancora ritenevano che, rilevato il decorso del ventennio, il Giudice avesse potuto assegnare un termine per la rinnovazione della trascrizione, non osservato il quale la procedura non avrebbe potuto proseguire il suo corso.
Con sentenza n. 4751 dell’11 marzo 2016 la Corte di Cassazione è intervenuta sulla questione ritenendo che la mancata rinnovazione della trascrizione comporta l’estinzione del giudizio affermando che la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento nel termine ventennale - rilevabile anche d'ufficio dal giudice - determina la caducazione del processo esecutivo, ivi compreso il pignoramento, restando preclusa la possibilità per l'interessato di procedere ad una rinnovazione tardiva, di sua iniziativa o su termine concesso dal giudice dell'esecuzione, ancorata all'originario pignoramento, sebbene divenuto sensibile ad atti di disposizione "medio tempore" posti in essere da parte del debitore pignorato.
In motivazione, la Corte ha osservato che “la fattispecie della mancata rinnovazione della trascrizione in quanto determinativa dell'impedimento alla prosecuzione del processo dà luogo ad un fenomeno estintivo che, pur normativamente giustificato, il legislatore non ha inteso collocare sotto l'àmbito dell'art. Il potere officioso del giudice si deve allora estrinsecare certamente, sempre che non consti già ex actis la mancata rinnovazione, nell'invito a documentare se si è eseguita la rinnovazione ed eventualmente nell'assegnazione di un termine per documentare la rinnovazione (tempestiva), decorso il quale egli deve dichiarare che il processo esecutivo non può proseguire, perché è venuto meno l'effetto dell'originaria trascrizione del pignoramento ed esso stesso. Se si vuole, il contenuto potrà essere una formale dichiarazione di estinzione del processo esecutivo, ma senza parametrazione all'art. 630 c.p.c. Con la conseguenza che il provvedimento del giudice dell'esecuzione, com'è accaduto nella specie, sarà suscettibile di controllo con il normale rimedio previsto contro i provvedimenti del giudice, cioè l'opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. (e la stessa cosa dicasi per il provvedimento negativo). La soluzione patrocinata, è stata poi confermata da Cass. Civ., sez. III, 29 luglio 2016 n. 15764.
Ciò detto, il professionista delegato che ponga in vendita il bene nonostante la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento potrebbe essere chiamato a rispondere.
In via generale, infatti, la Corte di Cassazione ha affermato (sebbene in una fattispecie del tutto diversa, nella quale non venivano in rilievo profili di responsabilità del delegato) che per gli atti della procedura, siccome provenienti da un ufficio giudiziario, sono tali per cui l’offerente deve poter fare affidamento sulla loro correttezza (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2014, n. 7708).
Sulla scorta di questi dati probabilmente esiste un margine per affermare la responsabilità del professionista delegato, che secondo noi va limitata alle spese sostenute per partecipare alla vendita, e non a quelle successivamente affrontate per la regolarizzazione del bene. Si tratta, infatti, di spese cui l'aggiudicatario ha fatto fronte a suo rischio e pericolo prima di essere proprietario.