Acquisto immobile da una società

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  • Ultimo messaggio 08 aprile 2020
stefanopazzaia pubblicato 03 aprile 2020

Sto per acquistare un immobile all'asta, il quale è di proprietà di una società che comprava e rivendeva immobili prima del fallimento. Dalle mie informazioni se questa società ha comprato l'immobile, ma non ha fatto lavori di nessun tipo,nè ordinari nè straordinari, allora non si paga IVA. Il dubbio è che se tali lavori sono stati fatti non dalla società stessa, ma a nome dei proprietari della società oppure dalla stessa società ma con diverso nome, allora il pagamento IVA debba avvenire in ogni caso.

Grazie di aver fatto questo forum.

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inexecutivis pubblicato 06 aprile 2020

La risposta alla domanda formulata si ricava dalla lettura dell’art. 10, comma primo n. 8-ter D.P.R. 633/1972, a mente del quale le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, (escluse le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione) sono esenti da IVA.

Invece, in base all’art. 10 primo comma, n. 8-bis), del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dal decreto-legge n. 83 del 2012, le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumentali sono soggette al regime “naturale” di esenzione da IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi:

1) cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento;

2) cessioni poste in essere dalle stesse imprese anche successivamente, nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;

3) cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali per le quali nel relativo atto il cedente, se soggetto passivo IVA, abbia manifestato espressamente l’opzione per l’imposizione.

E' chiaro che le informazioni relative alla imponibilità del trasferimento ai fini dell'IVA le potranno (e dovranno) essere fornite dal professionista delegato.

stefanopazzaia pubblicato 06 aprile 2020

Grazie per la risposta, chiedo cosa si intende per "relativo atto" e cito la sua risposta "e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione" in questo caso ci sarebbe IVA, questo atto ha un nome più specifico?

Grazie ancora.

inexecutivis pubblicato 08 aprile 2020

Il relativo atto all’interno del quale può essere esercitata l’opzione IVA nei casi previsti dall’art. 10 primo comma, n. 8-bis) ed 8-ter, del d.P.R. n. 633 del 1972 è l’atto di cessione.

Si tratta, all’evidenza, di una norma coniata con lo sguardo rivolto verso le transazioni negoziali, sebbene sia ormai risaputo che anche i trasferimenti che avvengono in sede esecutiva sotto il profilo fiscale si qualificano come “cessioni”, sicché soggiacciono al regime tributario per esse individuato dal legislatore (Che anche il trasferimento del bene compiuto nell’ambito di una procedura esecutiva sconti l’IVA è opinione pacifica in giurisprudenza, laddove si è affermato che La vendita in sede di esecuzione forzata di un bene facente parte di un’azienda va assoggettata all’IVA (ed alla imposta fissa di registro), atteso che l’art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, definisce al primo comma come cessioni di beni soggette ad IVA gli “atti a titolo oneroso che importano il trasferimento di proprietà”, adottati nell’esercizio di impresa, senza distinzione tra la natura volontaria o coattiva del trasferimento”. Cass. civ., sez. V, 7 luglio 2006, n. 15570).

Traslando questi concetti in sede esecutiva (dove evidentemente per atto di cessione deve intendersi il decreto di trasferimento) si potrebbe ritenere che il debitore esecutato abbia la possibilità di esercitare questa facoltà fino al momento in cui viene pronunciato il decreto di trasferimento.

Ciò, tuttavia, inevitabilmente crea un margine di incertezza in punto di determinazione del prezzo di aggiudicazione e quindi di costo complessivo della vendita, poiché il regime impositivo cui il decreto di trasferimento soggiace non è predeterminabile ex ante in ragione delle opzioni fiscali che il debitore esecutato può scegliere anche dopo l’aggiudicazione.

Si tratta di un problema che in ambito negoziale chiaramente non si pone, poiché durante le trattative alienante ed acquirente durante le trattative concordano i termini del sinallagma, sicché l’atto di cessione consacra una intesa ovviamente già intervenuta.

In sede esecutiva, invece, entrano in conflitto due contrapposti interessi: da un lato quello del debitore esecutato a scegliere se assoggettare o meno la cessione al regime opzionale dell’IVA, e dall’altro quello della procedura a predeterminare in modo quanto più chiaro possibile i termini della vendita, al fine di evitare incertezze tra i potenziali offerenti. Si tratta, com’è facile intuire, di un interesse giammai fine a sé stesso, ma funzionale a consentire la migliore collocazione del bene pignorato sul mercato,

Così prospettati i termini della questione, la sintesi delle antagoniste esigenze può essere trovata anticipando al momento della pubblicazione dell’avviso di vendita il termine ultimo in cui rimettere al debitore la facoltà di scelta. Questa soluzione, infatti, se consente di perseguire l’obiettivo di eliminare l’alea rappresentata dal costo delle imposte gravanti sul decreto, dall’altro non pregiudica il debitore, poiché gli consente comunque di esercitare il proprio diritto potestativo. Né si può ragionevolmente sostenere che questo pregiudica la posizione del debitore esecutato rispetto a quanto accade nelle ordinarie transazioni commerciali: è infatti sufficiente osservare che anche in ambito negoziale il venditore non può “tacere” in merito alla opzione iva fino al momento di stipula dell’atto (poiché evidentemente se così fosse l’acquirente potrebbe rifiutarsi di concludere l’affare), e che comunque si tratterebbe di un sacrificio (ove in ipotesi di questo si trattasse) che trova giustificazione nel superiore interesse, di rilievo pubblicistico, alla trasparenza della vendita ed al contenimento dei tempi della procedura.

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