Abuso non rilevato in perizia

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  • Ultimo messaggio 10 gennaio 2023
mariagraziaroberti pubblicato 25 gennaio 2018

Buongiorno. Ho comprato un immobile all'asta. Dopo un anno e quando ormai la procedura era conclusa ho constatato che l'immobile è abusivo. L'abuso non risulta in perizia. Vorrei ottenere l'annullamento del decreto di trasferimento. È possibile? In che modo? Grazie

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inexecutivis pubblicato 29 gennaio 2018

Riteniamo che la risposta al quesito formulato non possa che essere negativa, per una pluralità di ragioni.

In primo luogo andrebbe verificato se l’abuso riscontrato è sanabile o meno.

Si ricorda, infatti, che a differenza di quanto avviene in occasione dei trasferimenti negoziali, i quali in forza dell’art. 46 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), sono nulli se hanno ad oggetto immobili abusivi non sanati, il trasferimento in sede esecutiva non soggiace a questa nullità tanto che il citato art. 46 prevede che l’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare la relativa domanda entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dall’autorità giudiziaria.

Ad ogni buon conto, tuttavia, anche se si trattasse di immobile non sanabile, per il quale potrebbe prospettarsi una ipotesi di aliud pro alio, riteniamo che il decreto di trasferimento non possa essere revocato in quanto la procedura si è ormai estinta. Ove anche così non fosse (e cioè se la procedura fosse ancora pendente) del decreto di trasferimento non potrebbe essere richiesta la revoca al Giudice dell’esecuzione una volta eseguita la registrazione trascrizione e voltura catastale del medesimo (così  la giurisprudenza: Cass., 2-4-1997, n. 2867; 28-8-1997, n. 7749; 20-10-1997, n.9630; 16-9-2008, n. 23709). Sul punto, in particolare, si è detto che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, il giudice dell'esecuzione può sempre revocare il decreto di trasferimento di sua iniziativa, anche dopo la scadenza del termine previsto dalla legge per la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ., a meno che il provvedimento non abbia avuto definitiva esecuzione, momento, quest'ultimo, che si identifica non con quello dell'emanazione del decreto di trasferimento, ma con quello del compimento, da parte del cancelliere, delle operazioni indicate dall'art. 586 cod. proc. civ.”. (Sez. 3, Sentenza n. 24001 del 16/11/2011).

Con riferimento invece ad una possibile impugnativa, in passato si contendevano il campo due tesi dottrinarie. La prima riteneva l’aggiudicatario un acquirente tout court, e dunque, titolare degli stessi rimedi processuali generalmente riconosciuti in caso di vendita di aliud pro alio; la seconda invece argomentava nel senso che, poiché la vendita si inserisce nell’ambito di un iter processuale con regole sue proprie, ad essa soggiace, con la conseguenza che l’aliud pro alio deve essere fatto valere nei limiti dell’opposizione agli atti esecutivi.

Anche in giurisprudenza si riscontrava un certo contrasto.

Nella sentenza n. 4378 del 20 marzo 2012 (Pres. Filadoro, Est. Barreca), si è affermato, in continuità con precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294; Sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10320) che mentre i soggetti del processo esecutivo, diversi dall’aggiudicatario, possono fare valere la diversità del bene venduto rispetto a quello staggìto soltanto con una (tempestiva) opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti successivi e conseguenti, l’acquirente aggiudicatario ha a disposizione gli stessi strumenti di tutela azionabili in caso di vendita volontaria.

In consapevole contrasto con questa pronuncia si è invece posta la sentenza n. 7708 del 2 aprile 2014, (Pres. Russo, Est. De Stefano), secondo cui l’aggiudicatario di un bene pignorato ha l’onere di far valere l’ipotesi di aliud pro alio (che si configura ove la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, oppure risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto) con il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi e quest’ultima deve essere esperita comunque - nel limite temporale massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva dell’espropriazione forzata, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

 

Quest’ultimo indirizzo è stato poi confermato, seppur meglio precisato, dalla sentenza 29 gennaio 2016, n. 1669, e dalla Ordinanza n. 11729 del 11/05/2017, le quali hanno affermato che il termine di cui all’art. 617 c.p.c. “decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo”.

Erri pubblicato 10 gennaio 2023

Un immobile aggiudicato che non ha la continuità delle trascrizioni per via di 1/6 ereditato senza accettazione tacita dell'eredità e venduto come intero può configurare una condizione di aliud pro alio?

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