tempi decreto trasferimento

  • 4,3K Viste
  • Ultimo messaggio 27 gennaio 2019
valesca87 pubblicato 16 maggio 2018

Salve

il 25 gennaio mi sono aggiudicato un immobile e un garage all'asta, ho richiesto mutuo bancario e il 20 aprile ho saldato ( avevo dato il 10% in sede di consegna buste). Ho più volte chiesto informazioni al cancelliere ( il curatore fallimentare mi dice sempre che non sa nulla e di chiedere al cancelliere) i tempi per avere  il decreto di trasferimento che poi devo far registrare insieme all'atto di mutuo ipotecario fatto con il notaio e la banca.

Ad oggi il cancelliere mi dice sempre la stessa cosa " stanno facendo i conteggi delle spese e poi bisogna vedere quando il giudice sarà libero per firmare il decreto"

A quanto ho potuto capire leggendo le altre discussioni non c'è un termine entro il quale il tribunale deve fare il decreto di trasferimento, ma cosa mi consigliate di fare? un reclamo scritto? mediamente quali sono i tempi per avere il decreto di trasferimento?

tra l'altro il 18 maggio, a detta del notaio, mi scade il termine per registrare l'atto di mutuo e quindi mi tocca pagare una penale per la registrazione tardiva, per caso sapete l'ammontare di questa penale?

grazie per l'aiuto

Ordina per: Standard | Il più nuovo | Voti
inexecutivis pubblicato 18 maggio 2018

Non esistono tempo certi per l'adozione del decreto di trasferimento, a causa della mole di lavoro che i magistrati sono costretti ad affrontare.

Il suggerimento che si sentiamo di offrirle e quello di provvedere, nel frattempo, alla registrazione dell’atto di mutuo, e di attendere il decreto di trasferimento per la trascrizione.

Quanto alle sanzioni per ritardata richiesta occorre fare riferimento all’art. 69 del d.P.R. 26.4.1986, n. 131, (testo unico dell’imposta di registro), a mente del quale l’omessa richiesta di registrazione è punita con la sanzione amministrativa che va:

dal 60 al 120% per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200, per i ritardi non superiori a 30 giorni;

dal 120 al 240% per cento dell'imposta dovuta per i ritardi superiori.

valesca87 pubblicato 18 maggio 2018

Salve Grazie per la risposta , Purtroppo mi ha detto il notaio con il quale ho fatto l'atto di mutuo ipotecario che bisogna registrarlo insieme al decreto di trasferimento. Il cancelliere mi dice che il ritardo è dovuto al conteggio delle spese, ma il conteggio lo fa il tribunale o l'agenzia delle entrate. Fra l'altro in fase di pre asta il cancelliere mi disse già che le spese sarebbero state di 1700 euro ( 1000+50+50 più 600 euro per 3 ipoteche che c erano sopra)

inexecutivis pubblicato 20 maggio 2018

Probabilmente si tratta di una risposta legata all'esigenza della banca, ma dal punto di vista giudico non è necessaria la contestualità.

In ogni caso ricordiamo che ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, d.lgs 131/1986, a mente del quale “Per i decreti di trasferimento e gli atti da essi ricevuti, i cancellieri devono richiedere la registrazione entro sessanta giorni da quello in cui il provvedimento è stato emanato”, 

valesca87 pubblicato 22 maggio 2018

Ho chiesto all 'agenzia delle entrate e mi hanno detto che loro fanno il conteggio delle spese solo dopo che il tribunale gli manda il decreto di trasferimento.. ma questo decreto chi lo fa materialmente? L'altra volta il cancelliere mi fece vedere un file sul suo pc c'era il decreto sul quale ho fatto aggiungere che ho fatto l'acquisto tramite mutuo. In altri topic su questo forum ho letto che il decreto lo deve emettere il professionista delegato (curatore fallimentare?) Gentilmente mi potete illustrare i passaggi che si devono fare fino a quando avrò le chiavi..cioè chi fa cosa? Grazie mille

inexecutivis pubblicato 23 maggio 2018

L'informazione che le ha fornito l'agenzia delle entrate è corretta.

Normalmente, il profesisonista delegato (o il curatore) prepara la bozza del decreto di trasferimento e la deposita in cancelleria. A questo punto il giudice firma il decreto di trasferimento che poi la cancelleria trasmette all'agenzia delle entrate per la liquidazone dell'imposta. 

giurista10 pubblicato 22 gennaio 2019

Innanzitutto complimenti per il vostro sito altamente preciso e professionale: credo sia l'unico del genere esistente in lingua italiana.

Vogliate se possibile, rispondere ad alcuni miei quesiti che riguardano le esecuzione immobiliari. Ve ne sarei davvero grato:

1- se il giudice dell'esecuzione si ostina a non firmare il decreto di trasferimento (nonostante gli sia stata già inviata la bozza da parte del professionista delegato e nonostante l'aggiudicatatrio abbia già pagato anche il saldo), cosa bisogna fare? Basta inviargli solo un sollecito RAR? Cosa bisogna fare? Quali mezzi ha a suo favore l'aggiudicatario?

2- è possibile, inoltre, che gli avvocati del debitore impediscano al giudice dell'esecuzione di firmare il decreto di trasferimento invocando in loro aiuto una ipotetica "legge salva suicidi "del 2012?

3- più in generale, può un giudice dell'esecuzione non firmare il decreto di trasferimento dopo avvenuto pagamento del saldo da parte dell'aggiudicatario? In caso, affermativo quali possono essere le motivazioni?

 

GRAZIE ancora per il vostro supporto.

 

inexecutivis pubblicato 27 gennaio 2019

Grazie in primis per i complimenti.

Venendo al merito delle domande poste, osserviamo quanto segue.

In ordine alla prima, non siamo in grado di fornire una risposta, poiché tutto dipende (salvo che non vi siano questioni particolari) dai carichi di lavoro del singolo magistrato. Si tenga conto, a questo proposito, che essi sono mediamente del tutto esorbitanti ed assolutamente insostenibili, tanto da collocarsi al primo posto in Europa.

Il secondo ed il terzo quesito sono invece decisamente problematici.

A proposito della legge "salva suicidi" riteniamo che si intenda fare riferimento, con questa espressione di stampo giornalistico, alla legge 3/2012.

Orbene, l'art. 10, comma 2 let. c) di questa legge prevede che dopo il deposito della proposta di accordo il giudice, se la ritiene ammissibile, fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti e "dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali nè disposti sequestri conservativi nè acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili". Stessa disposizione è prevista dall'art. 14 quinquies con riferimento alla liquidazione del patrimonio.

Regola simile (sebbene non identica) è sancita per il piano del consumatore, a proposito del quale l'art.  art. 12-bis prevede che il giudice, se la proposta è ammissibile, fissa con decreto l'udienza e dispone la sospensione delle procedure esecutive in corso "quando, [ritiene che] nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano".

Com'è facile vedere, nelle tre disposizioni appena richiamate riecheggia il contenuto dell'art. 168 comma 1 l.fall., il quale in tema di concordato preventivo stabilisce che dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.

L'omologazione determina poi la definitiva improseguibilità delle procedure in corso.

Il problema che allora si pone è quello di stabilire come queste norme operano all'interno della procedura esecutiva, quante volte sia precedentemente intervenuta l'aggiudicazione del bene posto in vendita.

Nel rispondere a questo interrogativo occorre muovere dalla premessa per cui l'esigenza sottesa al conio dell'art. 168 l.fall. (e quindi, evidentemente, degli articoli della legge 3/2012 sopra menzionati) è quella di proteggere il patrimonio dell'imprenditore in crisi dalle iniziative esecutive e cautelari di singoli creditori, per evitare che questo venga dissipato e sottratto allo scopo di essere destinato al soddisfacimento degli interessi dell'intero ceto creditorio. Insomma: poiché il legislatore privilegia l'attuazione del concordato rispetto alla esecuzione individuale (sulla scorta della considerazione per cui il primo si risolve a vantaggio di tutti i creditori) questa deve arrestarsi per garantire che un bene inserito nella proposta concordataria non sia sottratto alle finalità del piano concordatario.

Cristallizzando le posizioni dei creditori e mantenendo l'integrità del patrimonio, si consente quindi al debitore in crisi di predisporre stabilmente la proposta di concordato con il relativo piano e di sottoporli poi all'approvazione dei creditori e alla successiva omologazione del tribunale.

Le disposizioni appena richiamate devono però fare il conto con quanto previsto dagli artt. 629 e 632 c.p.c., nonché dall'art. 187 bis disp. att. cpc.

L'art. 629 statuisce che la rinuncia del creditore intervenuta dopo l'aggiudicazione non è suscettibile di travolgerla, sicché essa rimane ferma.

Similmente, l'art. 632, prevede che se l'estinzione interviene dopo l'aggiudicazione quest'ultima non viene pregiudicata, ed il prezzo ricavato dalla vendita viene restituito al debitore.

Infine, l'art. 187 bis disp. att. c.p.c. cristallizza gli effetti dell'aggiudicazione in tutte le ipotesi di estinzione (tipica o atipica) della procedura.

È chiaro allora si tratta di ricavare la regula iuris che deriva dalla contestuale applicazione di queste norme, le quali conducono, come si vede, a soluzioni opposte.

Invero, ove si privilegiasse la disciplina del tema di sovraindebitamento (e di concordato preventivo) la procedura esecutiva dovrebbe essere in ogni caso travolta, indipendentemente dall'aggiudicazione, posto che gli effetti sospensivi ed interruttivi da essa prevista prescindono dalla considerazione dell'eventuale intervenuta aggiudicazione.

Viceversa, la prevalenza delle disposizioni del codice di rito imporrebbe la salvaguardia dell'aggiudicatario.

Prima di offrire la nostra opinione, ed al fine di meglio esplicitanre le ragioni, riteniamo che il problema vada circoscritto alle ipotesi in cui effettivamente vi sia un conflitto di interessi in gioco.

Invero, se il piano del consumatore o la proposta di accordo prevedessero di liquidare il bene sottoposto ad esecuzione la questione controversa non avrebbe ragione di porsi poiché la tutela dell'aggiudicatario non impedirebbe il perseguimento delle finalità del piano o della proposta; al contrario, la procedura di sovraindebitamento si gioverebbe degli effetti prodotti dall'esecuzione forzata, consentendo di mettere a disposizione del ceto creditorio la somma che già si è ottenuta nell'esecuzione.

Diverso è invece il caso in cui il piano o la proposta contemplassero, ad esempio, di soddisfare i creditori con i canoni derivanti da un contratto di locazione avente ad oggetto proprio il bene frattanto aggiudicato; è evidente infatti che qui delle due l'una: o si privilegia l'interesse all'attuazione del piano o della proposta a scapito dell'aggiudicatario, oppure si vanifica, a tutela di questi, la procedura di sovraindebitamento.

Così delineata la cornice di indagine, siamo dell'avviso che diverse ragioni impongano di mantenere ferma la posizione dell'aggiudicatario.

In primo luogo va detto che le disposizioni sul sovraindebitamento, nel prevedere la sospensione (cui segue la declaratoria di l'improseguibilità in caso di omologazione dell'accordo o del piano) non ne indicano la relativa disciplina, per cui la regolamentazione della sospensione resta dettata dalle norme del codice di procedura civile, ivi compresa quella che salvaguardia l'aggiudicazione.

In secondo luogo riteniamo che la posizione dell'aggiudicatario meriti comunque di essere salvaguardata poiché più vulnerabile rispetto a quella del debitore, il quale se vuole porsi al riparo dagli effetti di una possibile aggiudicazione ha l'onere di attivarsi per tempo.

In terzo luogo osserviamo che l'idea di privilegiare la procedura di sovraindebitamento espone il sistema a fenomeni distorsivi posti in essere dal debitore che, proprio al fine di vanificare l'avvenuta aggiudicazione, presenti una proposta di accordo o un piano.

Infine, ragionando in un'ottica di sistema, osserviamo che nella contrapposizione tra l'interesse dell'aggiudicatario e quello del ceto creditorio vengono in realtà a confrontarsi un interesse pubblico ed un privato. Invero, difronte alle pretese dei creditori non sta tanto (o, comunque, non solo) l'interesse dell'aggiudicatario, ma l'esigenza pubblicistica di garantire stabilità alle vendite forzate, poiché solo la stabilità delle stesse ne garantisce l'affidabilità e quindi realizza il buon funzionamento del sistema della tutela giurisdizionale dei diritti, atteso che maggiore è l'affidabilità della vendita esecutiva, maggiori saranno le possibilità che esse si concludano presto e bene.

Per completezza citiamo il precedente costituito da Cass. civ. Sez. I, 28/06/2002, n. 9488, che ha sostenuto invece la prevalenza dell'effetto sospensivo sull'aggiudicazione, ma riteniamo che si tratti di un indirizzo che oggi possa essere ragionevolmente disatteso, poiché il quadro normativo di riferimento è mutato.

Close