inexecutivis
pubblicato
09 maggio 2020
Paradossalmente, se gli atti relativi alla concessione edilizia non sono presenti in ufficio, nessuno potrà dire che l’immobile è abusivo, in quanto esso è stato costruito in forza di un titolo edilizio di cui risulta comunque l’esistenza.
Ricordiamo inoltre che recentemente la Corte di Cassazione (Sez. U, 7 ottobre 2019, n. 20521) ha ribadito che gli atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall'art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 17 della legge n. 47 del 1985) e dall'art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985, per gli atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti, ove da essi non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria, ovvero ad essi non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione o dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967.
Questi requisiti, ha proseguito la sentenza, devono ricorrere anche in caso di divisione giudiziale, a meno che non si tratti di una divisione “endoesecutiva” nascente da un pignoramento di quota.
A questo punto l’unica soluzione praticabile ci sembra essere quella di chiedere al comune una certificazione sostitutiva, nella quale siano indicati gli estremi della concessione edilizia.
Inoltre, occorrerebbe compiere una ricerca in catasto per verificare se dalla “busta” lì depositata è possibile ricavare informazioni ulteriori.