Il problema di stabilire se sia o meno legittimo il rifiuto del conservatore di procedere alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli (il caso di specie riguardava una iscrizione ipotecaria ed il pignoramento) qualora non sia ancora decorso del termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell’atto, oppure non sia stato ancora definito con sentenza passata in giudicato si è posto dia in dottrina che in giurisprudenza (è piuttosto famoso il precedente di Trib. Lucca, 26 luglio 2017).
La questione si pone in quanto è discusso se, in forza della previsione di cui all’art. 2884 c.c., ai fini della cancellazione dell’ipoteca (la questione non si pone ai fini della cancellazione del pignoramento, poiché l’art. 2884 c.c. è dettato esclusivamente per l’ipoteca) da eseguirsi in forza del decreto di trasferimento sia o meno necessaria la definitività di questo. Se così fosse, le ipoteche potrebbero cancellarsi solo in base ad una copia del decreto la cui definitività sia attestata dal cancelliere (applicandosi analogicamente l’art. 124 disp. att. c.p.c.) il quale certifica in calce ad una copia autentica del decreto di trasferimento che non è stata proposta opposizione nei termini di legge.
La tesi secondo cui non sarebbe necessario attendere il decorso del termine di cui all’art. 617 c.p.c. ai fini della cancellazione dell’iscrizione ipotecaria riposa sulla considerazione per cui la definitività di cui parla l’art. 2884 c.c. sarebbe caratteristica diversa dalla inoppugnabilità per gli atti diversi dalle sentenze: si tratta, in effetti, di atti che sono definitivi, pur essendo impugnabili. Il decreto di trasferimento, secondo questa prospettazione, sarebbe definitivo in quanto immediatamente esecutivo e conclusivo della fase del procedimento di vendita, come del resto si ricaverebbe, implicitamente, dalla lettera dell’art. 586 c.p.c., in forza della quale esso costituisce titolo esecutivo per il rilascio.
Si tratta di una opinione i cui contenuti, sebbene parzialmente condivisibili, non consentono di giungere alle conclusioni appena rassegnate.
L’art. 2884 c.c., nel richiedere che la cancellazione possa eseguirsi dal conservatore quando ordinata “con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti”, non può essere inteso nel senso di equiparare il concetto di definitività a quello di immediata esecutività. Nella norma citata, infatti, il carattere della definitività è equiparato al passaggio in giudicato della sentenza, per cui anch’esso deve essere interpretato nel senso della inoppugnabilità.
Né vale in contrario osservare che il richiamo all’art. 2884 (che disciplina l’ipotesi del creditore che, dopo il pagamento dell’obbligazione, non acconsente alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria) sarebbe improprio atteso che in realtà la questione dovrebbe essere risolta mercé l’applicazione dell’art. 2878 n. 7 c.c., che, nell’elencare le cause di estinzione dell’ipoteca, annovera espressamente tra queste ultime la pronunzia del “provvedimento che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche”, che in sede esecutiva è costituito dal decreto di trasferimento emesso dal giudice dell’esecuzione.
In realtà l’art. 2878 c.c. disciplina le “cause di estinzione” dell’ipoteca, (all’interno della sezione X, rubricata, appunto, “dell’estinzione delle ipoteche”), mentre l’art. 2884 (inserito all’interno della sezione XI, intitolata “della cancellazione dell’iscrizione”) indica quali sono i requisiti che il provvedimento con cui è ordinata la cancellazione debba possedere affinché essa sia eseguita dal conservatore, con la conseguenza che anche il provvedimento di cui al n. 7 dell’art. 2878, per quanto idoneo ad estinguere l’ipoteca, deve possedere i requisiti di cui al successivo art. 2884 affinché la relativa iscrizione sia cancellata.
Ove così non fosse, peraltro, si giungerebbe al paradosso per cui mentre il decreto di trasferimento, in quanto immediatamente esecutivo, consente la cancellazione dell’scrizione ipotecaria a prescindere dalla sua impugnabilità, la sentenza – anch’essa immediatamente esecutiva ex art. 282 c.p.c., non permetterebbe questo adempimento ove non ancora definitiva.
Detto questo, occorre osservare che, almeno sul piano teorico, qualche inconveniente potrebbe porsi (per l’aggiudicatario, non per il terzo che da questi acquisti) in quanto nessuna norma prevede che il decreto di trasferimento debba essere comunicato al debitore, ed in generale alle parti del processo esecutivo (così Cass. 14.10.2005, n. 19968).
Ed allora, potrebbe accadere che anche dopo lo spirare del termine dei 20 giorni prescritto dall’art. 617, il debitore potrebbe promuovere opposizione al decreto di trasferimento, opposizione che in teoria potrebbe anche concludersi con la revoca del decreto medesimo.
Tale inconveniente legittima la prassi, di alcuni tribunali, di ordinare la notifica dell’avviso di vendita (o del decreto di trasferimento) al fine di consentire che il termine di cui all’art. 617 c.p.c. cominci a decorrere.
Venendo al caso di specie, è evidente che si sta giocando un braccio di ferro tra cancelleria e conservatoria, poiché la prima ritiene che ai fini della cancellazione non sia necessario attestare che il decreto di trasferimento non è stato impugnato; la seconda invece ritiene questa attestazione.
Le soluzioni possibili, allora, sono due.
Una prima soluzione potrebbe essere quella di proporre ricorso avverso il rifiuto del conservatore ex art. 2674 e, 2888 c.c., nonché 113 e 113 bis disp. att. c.c.
Sotto altro profilo si potrebbe chiedere alla cancelleria il rilascio di una certificazione attestante la mancata opposizione del decreto di trasferimento affermandosi, ad esempio, che dovendosi procedere alla vendita del bene il potenziale acquirente è interessato ad avere notizia in ordine alla definitività del titolo di provenienza.
Osserviamo infine sul punto che recentemente la Procura generale presso la Corte di cassazione, nel presentare una requisitoria scritta in base all'art. 378 c.p.c., secondo la facoltà consentita dall'interpretazione sistematica della norma, già più volte riconosciuta dalla recente giurisprudenza della Corte di cassazione (v. tra altre Cass. S.U. n. 16978/2018, S.U. n. 12193/2019), ha formulato istanza per l'enunciazione di un principio di diritto a norma dell'art. 363, comma 3, c.p.c.. In particolare, con ampia argomentazione, dopo aver ripercorso non solo le diverse possibili interpretazioni giuridiche, ma anche le prassi concretamente praticate nei diversi uffici giudiziari, il P.M. ha chiesto che si affermi il seguente principio di diritto:
“Nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami (pignoramenti, ipoteche, privilegi, sequestri conservativi) determina, in forza dell'art. 2878, n. 7), cod. civ., l'estinzione dei medesimi vincoli, di cui il Conservatore dei registri immobiliari - Ufficio di pubblicità immobiliare è tenuto a eseguire la cancellazione, indipendentemente dal decorso dei termini per la proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.”.
L’udienza pubblica per la discussione del ricorso in relazione al quale è stata formulata la predetta istanza è si è tenuto il 6 dicembre 2019. Attendiamo gli esiti.