Progetto di Distribuzione parziale o totale.

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  • Ultimo messaggio 10 giugno 2020
giulianocesarini pubblicato 05 giugno 2020

In una esecuzione immobiliare occorre correttamente interpretare quanto previsto dall’art. 54 ter L. 27-2020 circa la sospensione delle operazioni di liquidazione relative ad immobili utilizzati come abitazione principale dell’esecutato. Norma che, per altro, è stata oggetto anche di indicazioni operative da parte del GE

Le previsioni di tale articolo non si applicano alla formulazione, alla approvazione e attuazione del Progetto di distribuzione del ricavato, ma solo laddove sia divenuto definitivo il relativo trasferimento.

Si tratta di un immobile usato come abitazione principale dell’esecutato. E’ già stato versato il saldo prezzo ma il decreto di trasferimento non è stato ancora emesso né sarà emesso fino al 30.10.2020.

Mi sto domandando se possa dirsi definitivo il trasferimento dell’immobile per il solo fatto che sia stato versato il saldo ma in mancanza di decreto di trasferimento. 

Dovendo, infatti redigere il PdD per gli altri lotti compresi nell’esecuzione, mi stavo domandando se si possa inserire nel progetto stesso anche il ricavato dalla vendita del lotto in questione.

Il PdD non sarebbe in questo caso parziale ma definitivo.

inexecutivis pubblicato 10 giugno 2020

A nostro avviso anche le somme relative alla ricavato dalla vendita dell’abitazione del debitore vanno ricomprese nel piano di riparto da eseguire.

L’art. 54 ter, introdotto con l. 24 aprile 2020, n. 27 nel corpo del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, l’art. 54-ter, così recita: “Al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.

La norma ha posto diversi problemi interpretativi. L’opinione più accreditata ritiene che la sospensione introdotta da uqesta norma sia una sospensione incasellabile nell’ambito dell’art. 623 c.p.c..; pertanto il provvedimento del giudice si limita, per così dire, a prenderne atto.

Uno dei molteplici aspetti controversi della disposizione è quello relativo alla sua applicazione nel momento in cui l’immobile sia stato aggiudicato.

Secondo una prima opinione anche dopo l’aggiudicazione definitiva l’esecuzione ha ancora ad oggetto l’immobile adibito ad abitazione principale del debitore esecutato, sicché resta l’esigenza di tutelare quell’interesse (a permanere nell’immobile) che il legislatore proteggere con la disposta sospensione legale, con la conseguenza che se il decreto di trasferimento venisse emesso esso continuerebbe ad avere efficacia di titolo esecutivo per il rilascio.

Una diversa tesi interpretativa sostiene invece che, intervenuta l’aggiudicazione, la procedura sarebbe impermeabile all’effetto sospensivo disposto dalla previsione, in quanto essa non avrebbe più ad oggetto l’immobile del debitore che costituisce l’abitazione principale ma, diversamente, il denaro ricavato dalla vendita. Si imporrebbe, pertanto, la pronuncia del decreto di trasferimento ed il prosieguo delle attività processuali.

Intervenuta l’aggiudicazione non vi sono più i presupposti di applicazione della norma, quanto meno nei casi in cui all’aggiudicazione sia seguito anche il versamento del saldo prezzo.

Occorre infatti dare conto della previsione di cui all’art. 187-bis disp. att. c.p.c., a mente della quale intervenuta l’aggiudicazione, anche provvisoria, l’estinzione della procedura non ne travolge gli effetti, rimanendo dunque fermo il diritto dell’aggiudicatario di ottenere il decreto di trasferimento, previo versamento del saldo, salvi i casi di prezzo notevolmente inferiore a quello giusto previsto dall’art. 586 c.p.c.

Si tratta di una previsione che costituisce la declinazione normativa della esigenza, ancillare rispetto agli obiettivi di efficienza della procedura esecutiva, di garantire l’affidamento di colui il quale si approccia alla procedura esecutiva, e che è stato sottolineato dalla giurisprudenza (Cass., sez. un., 28 novembre 2012, n. 21110).

Quindi, se si ammettesse la sospensione, il debitore non ne riceverebbe alcun beneficio, poiché scaduto il semestre l’aggiudicatario manterrebbe integra questa possibilità; il risultato sarebbe dunque quello di una mera dilatazione dei tempi del processo, in distonia con la previsione dell’art. 111 Cost., e con la imposizione di un inutile sacrificio per le ragioni dell’aggiudicatario, senza che a questo si accompagni una reale protezione per gli interessi del debitore.

In ogni caso, se anche si volesse opinare diversamente in una ottica di salvaguardia del debitore esecutato, potrebbe farsi applicazione dell’art. 627 c.p.c., a mente del quale durante la sospensione non può essere compiuto alcun atto, salvo che il giudice non disponga diversamente. Applicando questa norma, si potrebbe dire che, ferma restando la sospensione, e dunque il non compimento delle attività processuali in grado di nuocere al debitore (il pensiero corre evidentemente veloce all’ordine di liberazione), potrebbe essere autorizzato dal giudice dell’esecuzione il compimento di tutti quegli atti che non interferiscono con l’esigenza che il legislatore ha inteso tutelare con il citato art. 54-ter, primo fra tutti il decreto di trasferimento (la cui esecuzione peraltro rimarrebbe comunque sospesa ai sensi dell’art. 103, comma sesto, d.l. 18/2020) ed il piano di riparto.

Resta l’ipotesi, residuale, per cui durante questa sospensione il debitore potrebbe promuovere una opposizione agli atti esecutivi per contestare l’insussistenza (sopravvenuta) del diritto del creditore procedente e di quelli intervenuti ad agire esecutivamente, solo in questo caso, ove l’opposizione venisse accolta, il debitore avrebbe diritto ad avere il ricavato dalla vendita.

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