Ai sensi dell’art. 107, comma quarto, l.fall., (come riformato dall'art. 94 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dall'art. 7 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169) “Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto”.
A proposito di questa norma va detto in primo luogo che essa, secondo un recente arresto della Corte di Cassazione, trova applicazione solo laddove il programma di liquidazione preveda (come nel caso prospettato nella domanda) che alla vendita dei beni debba procedersi mediante procedure competitive, ex art. 107, comma primo, l.fall., mentre laddove sia stato operato il rinvio alle norme del codice di procedura civile (art. 107, comma 2, l.fall.) questa disposizione non può operare (Cass. Sez. 1 11.4.2018, n. 9017).
Quindi, nelle vendite competitive, secondo la giurisprudenza la norma, “nello stabilire che il curatore fallimentare «può» e non «deve» sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto, gli attribuisce per ciò stesso un potere discrezionale con riguardo alla valutazione dell'effettiva convenienza della sospensione (e del conseguente, necessario, rinnovo della procedura adottata per la liquidazione dei beni), che non si basa su di un mero calcolo matematico, ma ben può sorreggersi sulla considerazione di elementi di natura non strettamente economica (quale, nella specie, l'opportunità di procedere ad una rapida chiusura della procedura fallimentare), con la conseguenza che, ove non appaia fondato su presupposti palesemente errati o su motivazioni manifestamente illogiche o arbitrarie, si sottrae al sindacato giurisdizionale. (Cass. Sez. 6 - 1, 05/03/2014, n. 5203).
Pertanto se il disciplinare di vendita (che in quanto lex specialis vincola la procedura) è previsto un termine di 10 giorni, esso rende inefficaci le offerte migliorative successive.
L'unica norma che potrebbe venire in rilievo è quella di cui all'art. 108 l.fall., la quale attribuisce al giudice delegato il potere di impedire il perfezionamento della vendita ove ricorrano gravi e giustificati motivi, ovvero se il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
Riteniamo in proposito che la sospensione della vendita prevista dall'art. 108 l.f., presidia nelle vendite fallimentare gli stessi interessi che in ambito di esecuzione individuale sono tutelati dall'art. 586 c.p.c., sicché soggiace ai medesimi presupposti di applicabilità, a proposito dei quali la Corte di Cassazione ha affermato che “Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19 bis della legge n. 203 del 1991) al giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione” (Cass. 21 settembre 2015, n. 18451).
Queste due norme non sono volte a tutelare in modo esclusivo ed assoluto i creditori della procedura esecutiva e concorsuale, ma più in generale il principio di stabilità delle vendite nelle procedure coattive, al fine di promuoverne l’affidabilità (in quanto l'affidabilità delle vendite coattive garantisce la maggiore partecipazione degli interessati), in guisa che una volta che si sia svolta una libera competizione all’esito di adeguata pubblicità e tutti gli interessati siano stati messi nelle condizioni di partecipare formulando le proprie valutazioni in ordine al prezzo da offrire per il bene in vendita, l’aggiudicazione deve risultare tendenzialmente stabile, potendo essere messa in discussione solo in ipotesi eccezionali, ipotesi che la sentenza richiamata ha tipizzato secondo i canoni appena richiamati.
Al contrario, mettere in discussione una vendita che abbia già visto individuato il miglior offerente per il solo fatto che è stata formulata una offerta migliorativa successiva, evidentemente avvolge il procedimento di liquidazione in una cortina di incertezza che disincentiva gli offerenti.