Plusvalenza prima casa e riacquisto

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plasmalemma pubblicato 30 maggio 2018

Mi sono aggiudicato un immobile all'asta, intestato come prima casa, ed a marzo ho ricevuto il decreto di trasferimento, ma non ho ancora provveduto al cambio di residenza perchè ho 18 mesi di tempo, se non sbaglio. Specifico che il comuune della casa aggiudicata è diverso da quello dove risiedo attualmente.

Qulache giorno fa, ho ricevuto da un'agenzia immobiliare una proposta di acquisto, pertanto i quesiti sono questi:

- in caso di vendita, sarei tenuto a pagare le imposte sulla plusvalenza?

- nel caso fossi tenuto a pagarle, le spese sostenute per ritinteggiare l'appartamento sarebbero computabili al fine di determinare la basa imponible? e le provvigioni di agenzia?

- se invece dopo la vendita acquistassi un'altra "prima casa" nello stesso comune della precedente, dovrei pagarle? In caso negativo quanto tempo avrei per farlo?

Ho cercato di semplificare al massimo la situazione e soprattutto le domande.

Vi ringrazio enormemente per il servizio che svolgete

 

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inexecutivis pubblicato 01 giugno 2018

 Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.

Quanto alla prima, riteniamo che la plusvalenza sia dovuta. Infatti, ai sensi dell’art. 67, comma 1 let. b) d.P.R. 917/1986, sono soggette a tassazione “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

Dunque, se non si è abitato l’immobile per la maggior parte del tempo intercorrente tra l’acquisto e la rivendita, la plusvalenza è dovuta.

Quanto seconda (computabilità di spese di agenzia e di tinteggiatura) riteniamo che esse possano essere considerate. Invero, sensi dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”.

Certamente, pertanto, le spese di agenzia rientrano nella nozione di costo di acquisto. Quanto alla tinteggiatura, la giurisprudenza ha chiarito che per costi inerenti al bene devono intendersi soltanto le “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595). Dalla definizione che la giurisprudenza ha fornito del concetto di costi inerenti, ci sembra di poter dire che quello indicato nella domanda possa concorrere ai fini della determinazione della plusvalenza.

Infine, non vi sono elementi per ritenere che riacquistando una prima casa non sia dovuta la plusvalenza.

 

frommmm pubblicato 04 giugno 2018

Buongiorno, 

mi riaggancio alla domanda iniziale perchè ho una simile situazione. Ho acquistato all'asta come seconda casa un'abitazione che a breve ( meno di 5 anni ovviamente) rivenderò. Sulla plusvalenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, se ho ben capito, posso detrarre le spese d'agenzia. La mia domanda è: l'agenzia che mi ha seguito al momento dell'acquisto all'asta e anche l'agenzia che mi ha seguito nella vendita? Sono entrambe ammissibili?

Inoltre, nel mio caso, i lavori di ristruttirazione sono stati importanti. Non solo la tinteggiatura, ma anche rifacimento completo degli impianti, pavimento, porte ecc. Qualcuna di queste spese può essere sottratta alla plusvalenza?

Grazie mille

Vincenzo

inexecutivis pubblicato 07 giugno 2018

Come abbiamo detto, ai sensi dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”.

A nostro avviso, pertanto, tutti i costi indicati nella domanda sono da considerarsi costi inerenti, e dunque computabili al fine di determinare la base imponibile.

Ribadiamo che per costi inerenti al bene devono intendersi, secondo la dottrina e la giurisprudenza, soltanto le “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595). 

Qualche dubbio può porsi per le spese di agenzia sostenute in sede di rivendita del bene, non trattandosi di spese funzionali all’acquisto o incrementative. E tuttavia, osserviamo che a nostro avviso si tratta comunque di un costo funzionale alla negoziazione del bene, che a nostro avviso deve essere considerato ai fini della plusvalenza negli stessi termini in cui viene considerata la provvigione versata all’agenzia in occasione dell’acquisto.

Del resto, aggiungiamo, si tratta comunque di un spese che il proprietario sostiene nel momento in cui consegue quel reddito (la plusvalenza) e che quindi lo va a ridurre, ed è funzionale proprio al conseguimento di quel reddito.

savyfo pubblicato 07 giugno 2018

Buonasera Astalegale

leggendo più sopra sembra comprendere che un agente/agenzia immobiliare può emettere fattura per la sola assistenza fornita al compratore di un immobile in asta, è corretto ?  può inserire in fattura un 'attività di intermedizione anche se non ha assistito il venditore ma il solo compratore, oppure dovrà inserire altra  attività? tale fattura sarà fiscalmente detraibile se l'acquisto avviene con i benefici prima casa? 

Grazie 

inexecutivis pubblicato 11 giugno 2018

Il compenso ricevuto dall’agenzia costituisce il corrispettivo ricevuto per la prestazione di un servizio, e pertanto deve essere oggetto di fatturazione ai sensi dell’art. 21 d.P.R. 26.10.1972, n. 633, a mente del quale “Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili …”. Il comma quarto della medesima disposizione prevede inoltre che la fattura deve essere emessa in duplice esemplari, di cui uno consegnato alla parte. Infine, l’ultimo comma dell’art. 21 precisa che “Le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.

La fattura deve essere emessa nei confronti del soggetto in favore del quale la prestazione è stata eseguita, e quindi se l’agente ha stipulato un contratto sia con il venditore che con l’acquirente, dovrà essere remunerato da entrambi, e nei confronti di entrambi emettere fattura.

Aggiungiamo che se il rapporto tra l’agenzia e le parti assume le forme della mediazione di cui all’art. 1754 c.c., il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, così come previsto dall’art. 1755 c.c.

Il relativo importo, come abbiamo detto nelle precedenti risposte, a nostro avviso concorre nella determinazione della base imponibile ai fini della tassazione della plusvalenza, trattandosi di costo inerente.

plasmalemma pubblicato 11 giugno 2018

Salve,

gli operatori dell'agenzia che mi assiste mi hanno detto che oltre alla loro parcella, può essere considerata come costo inerente anche l'imposta stessa sulla plusvalenza. è corretto?

Es.: prezzo d'acquisto= 100.000; prezzo vendita= 80.000; plusvalenza= 20.000; ne segue imposta 20%= 4.000.

Secondo loro 4.000€ rappresenterebbero un costo inerente e quindi la plusvalenza andrebbe così conteggiata: 100.000 - 80.000 - 4.000 = 16.000 poi da tassare.

E' corretto secondo voi?

Nuovamente grazie

inexecutivis pubblicato 13 giugno 2018

La risposta, che a nostro avviso deve essere negativa, impone il richiamo ad alcune coordinate generali di fondo.

Le imposte sono somme di danaro che devono essere versate allo stato in ragione della “capacità contributiva” del soggetto obbligato (art. 53 Cost.).

L’obbligo di versare le imposte costituisce, pertanto, una obbligazione tributaria, la cui disciplina si rinviene, per la massima parte, nella lege istitutiva del singolo tributo.

Per ciascun tributo la legge che lo disciplina prevede i fatti al ricorrere dei quali il tributo deve essere versato. Si tratta dei così detti “fatti costitutivi” dell’obbligazione tributaria, quali espressioni della capacità contributiva del contribuente (ad esempio la percezione di un corrispettivo in occasione della cessione di un bene).

Sorta l’obbligazione tributaria, il legislatore individua la “base imponibile” ossia la grandezza sulla quale misurare l’imposta dovuta (il reddito conseguito, il corrispettivo percepito, ecc.), che viene calcolata mediante l’applicazione di una aliquota, che piò essere fissa, variabile, proporzionale o progressiva.

A volte la legge prevede che la base imponibile sulla quale deve essere calcolata l’imposta può essere abbattuta sottraendo da essa gli “oneri deducibili” ossia dei costi o delle spese che riducono l’importo sul quale applicare l’aliquota.

Allo stesso modo, il legislatore contempla le detrazioni d’imposta, che invece identificano spese e costi che vanno scomputati dall’imposta lorda che è stata calcolata applicando alla base imponibile l’aliquota prevista.

Sulla scorta delle coordinate generali appena riassunte, riteniamo che la tesi sostenuta dall’agenzia non sia condivisibile, poiché la plusvalenza stessa non piò essere considerata costo inerente, poiché altrimenti lo stesso valore sarebbe, contemporaneamente, imposta dovuta ed elemento di determinazione della stessa.

Il dato, a nostro avviso, emerge chiaramente (oltre che dalle considerazioni appena svolte), dal tenore letterale dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ai sensi del quale “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”, laddove per “costi inerenti” si intendono, secondo la giurisprudenza, “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595).

Questa differenza, costituisce, ai sensi dell’art. 67, un “reddito diverso”, e sconta quindi l’imposta IRPEF proporzionale o sostitutiva.

plasmalemma pubblicato 13 giugno 2018

Lapalissiano. Grazie

inexecutivis pubblicato 14 giugno 2018

grazie a lei

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