La risposta, che a nostro avviso deve essere negativa, impone il richiamo ad alcune coordinate generali di fondo.
Le imposte sono somme di danaro che devono essere versate allo stato in ragione della “capacità contributiva” del soggetto obbligato (art. 53 Cost.).
L’obbligo di versare le imposte costituisce, pertanto, una obbligazione tributaria, la cui disciplina si rinviene, per la massima parte, nella lege istitutiva del singolo tributo.
Per ciascun tributo la legge che lo disciplina prevede i fatti al ricorrere dei quali il tributo deve essere versato. Si tratta dei così detti “fatti costitutivi” dell’obbligazione tributaria, quali espressioni della capacità contributiva del contribuente (ad esempio la percezione di un corrispettivo in occasione della cessione di un bene).
Sorta l’obbligazione tributaria, il legislatore individua la “base imponibile” ossia la grandezza sulla quale misurare l’imposta dovuta (il reddito conseguito, il corrispettivo percepito, ecc.), che viene calcolata mediante l’applicazione di una aliquota, che piò essere fissa, variabile, proporzionale o progressiva.
A volte la legge prevede che la base imponibile sulla quale deve essere calcolata l’imposta può essere abbattuta sottraendo da essa gli “oneri deducibili” ossia dei costi o delle spese che riducono l’importo sul quale applicare l’aliquota.
Allo stesso modo, il legislatore contempla le detrazioni d’imposta, che invece identificano spese e costi che vanno scomputati dall’imposta lorda che è stata calcolata applicando alla base imponibile l’aliquota prevista.
Sulla scorta delle coordinate generali appena riassunte, riteniamo che la tesi sostenuta dall’agenzia non sia condivisibile, poiché la plusvalenza stessa non piò essere considerata costo inerente, poiché altrimenti lo stesso valore sarebbe, contemporaneamente, imposta dovuta ed elemento di determinazione della stessa.
Il dato, a nostro avviso, emerge chiaramente (oltre che dalle considerazioni appena svolte), dal tenore letterale dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ai sensi del quale “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”, laddove per “costi inerenti” si intendono, secondo la giurisprudenza, “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595).
Questa differenza, costituisce, ai sensi dell’art. 67, un “reddito diverso”, e sconta quindi l’imposta IRPEF proporzionale o sostitutiva.