Perizia del perito

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pierogovernai pubblicato 22 settembre 2019

Nel caso di un fallimento di impresa costruttrice e in presenza di un Curatore fallimentare chi assegna la stesura della stima dei lotti che verra allegata alla pratica di vendita all'asta.? In Internet si legge spesso che è il GE che assegna il lavoro al Perito e che il Curatore e/o i creditori una volta letta la relazione del Perito la accettano . Solo dopo accettazione il GE considera valida la stima e la allega all'atto di vendita o al decreto di trasferimento una volta assegnato il lotto. Mentre in altre letture si legge che è lo stesso Curatore che da mandato ad un Perito di relazionare la stima e una volta avallata la consegna al GE. Quale delle due versioni è la giusta??

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inexecutivis pubblicato 24 settembre 2019

La risposta all’interrogativo formulato si rinviene nell’art. 87, comma secondo, l.fall., a norma del quale “il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore”.

La nomina, quindi compete al curatore.

Non mancano tuttavia casi in cui il curatore medesimo chieda al giudice delegato (e mai al giudice dell’esecuzione) detta nomina.

albertosimone pubblicato 07 ottobre 2019

Buongiorno, mi trovo in questa spiacevole situazione:

dopo essermi aggiudicato un immobile all’asta ma prima del decreto di trasferimento, grazie al mio architetto, mi sono accorto che l’immobile è piu piccolo di oltra 60mq rispetto alla valutazione del perito pari a circa il 20% dei metri quadrati complessivi per un controvalore molto considerevole..

Ora non essendo ancora passati i 20gg giorni dalla scoperta, continuandomi a interessare il bene ma a un prezzo diverso, quale mezzo devo utilizzare?

Il reclmo ex art 591 ter cpc o l’opposizione  agli atti esecutivi ex art 617 cpc?

in tal caso quale atto devo impugnare atteso che l’avviso di vendita, la perizie e l’aggiudicazione provvisoria non sono stati fatti dal giudice?

vi è qualche speranza che il giudice riduca il prezzo o mi rimane solo un azione di responsabilità contro il perito?

inexecutivis pubblicato 10 ottobre 2019

Rispondiamo all’interrogativo posto che per verificare quali possibilità di tutela ci sono occorre stabilire in primo luogo se la difformità riscontrata consente di ritenere sussistente una ipotesi di aliud pro alio.

Invero, va premesso che ai sensi dell’art. 2922 c.c., nella vendita esecutiva trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta.

Questa previsione, che per costante giurisprudenza si applica anche alle vendite fallimentari (crf., sul punto, Cass. Ordinanza n. 14165 del 12/07/2016) riguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio", configurabile, invece, se il bene aggiudicato:

1. appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita;

2. oppure manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale;

3. oppure ancora quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso previsto e che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto.

Tale speciale disciplina, che si giustifica in ragione delle peculiarità della vendita forzata (che, partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l'interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario) non lascia tuttavia privo di tutela l’aggiudicatario.

La giurisprudenza, a proposito di aliud pro alio, ha posi specificato che “La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale è ostativa all'adozione, per la prima, di una nozione lata di "aliud pro alio", con la conseguenza che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario”. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso "l'aliud pro alio" relativamente alla vendita forzata di una unità abitativa la cui inagibilità, dichiarata dal Comune per la presenza di elementi inquinanti, ed emersa solo a seguito di una integrazione della perizia di stima depositata dopo il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, era solo temporanea per la piena recuperabilità della salubrità dell'immobile. Cass. Sez. III, 29/01/2016, n. 1669).

Ciò detto, non riteniamo che nella fattispecie ricorra una ipotesi di aliud pro alio, a meno che la differente metratura non renda oggettivamente inidoneo il bene all’uso suo proprio.

Osserviamo ancora che in alcuni tribunali i giudici dell’esecuzione in situazioni del genere interloquiscono con i creditori, fissando apposita udienza, nella quale con il consenso di questi si procede ad una riduzione del prezzo, anche s si tratta di espediente non previsto da alcuna norma.

Infine, quanto al rimedio praticabile, l’unico possibile è quello di cui all’art. 591 ter c.p.c., atteso che lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi è azionabile esclusivamente avverso gli atti del giudice dell’esecuzione.

raffa78 pubblicato 28 ottobre 2019

Buongiorno,

mi trovo davanti alla seguente situazione:

nel mese di agosto u.s. sono entrato in possesso tramite decreto di trasferimento di un immobile  nella cui perizia era dichiarato :

..non si rilevano abusi edilizi, si segnala che le operee previste nell'ultima pratica edilizia agli atti non risultano completate ed i relativi lavori edili sono al momento sospesi, il termine per la fine lavori risultano scaduti e che sono state effettuate alcune modifiche in corso d'opera di distribuzione interna da regolarizzarsi con scia di completamento ed aggiornamento catastale con stima di circa 10.000 euro di spese tecniche.

Dopo aver effettuato domanda di accesso agli atti nel Comune e ritirata la documentazione riscontro invece un abuso edilizio, ovvero al secondo piano nello stato attuale e modificato sono indicati due lucernari ma in realtà ne sono presenti cinque. Faccio inoltre presente che l'immobilie ha vincolo paesaggistico e non è stata presentata alcuna pratica in merito.

Presumo ci sia una responsabilità del perito che ha effettuato la perizia, come posso comportarmi?

Vi ringrazio anticipatamente

 

 

inexecutivis pubblicato 30 ottobre 2019

La domanda formulata richiede una risposta articolata su più fronti.

A norma dell’art. 173-bis disp. att. c.p.c., nell’elaborato peritale l’esperto stimatore è tenuto a riportare (tra l’altro):

- “La verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa”;

- “In caso di opere abusive, il controllo della possibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull’eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l’aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall’art. 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall’art. 46, comma 5 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria”;

- “L’informazione sull’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato”.

Una perizia completa evita possibili future contestazioni e incentiva all'acquisto, poiché un paniere informativo ampio soddisfa la fondamentale esigenza di qualunque potenziale offerente di conoscere nel modo più dettagliato possibile ciò che si accinge ad acquistare. Emblematica, sul punto, Cass. 2 aprile 2014, n. 7708, secondo la quale “il bando di vendita – e, prima di esso, l’ordinanza del giudice che pone in vendita il bene, a sua volta fondata sulla descrizione datane nel pignoramento prima e nella relazione dell’esperto poi – corrisponde a quella che, nella vendita volontaria, sarebbe una proposta contrattuale di compravendita

 

L’aggiudicatario di un immobile il quale si avveda che il bene acquistato presenta vizi occulti, non conoscibili con l’ordinaria diligenza, non può agire per la risoluzione della vendita o ottenere la riduzione del prezzo, oppure ancora il risarcimento del danno nei confronti della procedura. Ad impedirlo è l’art. 2922 c.c., il quale esclude esplicitamente che nella vendita esecutiva trovi applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della venduta.

Questo tuttavia non vuol dire che egli sia sprovvisto in assoluto di rimedi.

Infatti, egli potrà eventualmente agire nei confronti del perito stimatore, il quale soggiace alle regole generali in tema di responsabilità civile, e dunque all’art. 2043 c.c., che impone l'obbligo del risarcimento del danno a colui che compie un fatto illecito con dolo o colpa.

Quella dello stimatore, è una obbligazione di mezzi, e dunque la diligenza dovuta è quella di cui all’art. 1176, comma secondo, c.p.c.; se poi nello svolgimento dell’incarico egli è stato chiamato a svolgere di prestazioni di particolare difficoltà, la sua diligenza dovrà essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 2236 c.c.. In questi termini si è pronunciata Cass. 2.2.2010, n. 2359, con riferimento al caso in cui lo stimatore aveva erroneamente determinato la superficie di un immobile pignorato.

Più in generale, secondo la giurisprudenza “L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna dell'ausiliare, che aveva proceduto a stima viziata, per difetto, nel computo della superficie dell'immobile, al risarcimento dei danni in favore di coloro cui era stata revocata, in conseguenza di tale errore, l'aggiudicazione in sede esecutiva)”. (Cass., 18.9.2015, n. 18313).

Nello stesso solco si è collocata, per altro recentemente, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.

raffa78 pubblicato 30 ottobre 2019

Ringrazio per il gentile riscontro, essendoci una responsabilità del perito estimatore consigliate pertanto di notificarli formalmente l'avvenuto dolo o è sufficiente trovare una soluzione in comune accordo in modo che si impegni a farsi carico dei costi che andrò a sostenere per la sua negligenza ? Ci sono delle tempistiche da riapettare per notificarli il dolo ? Grazie

inexecutivis pubblicato 03 novembre 2019

Non possiamo andare al di là delle indicazioni generali che abbiamo fornito, poichè risposte ulteriori presupporrebbero un approfondito studio del fascicolo processuale, che consigliamo di affidare ad un avvocato esperto in materia di esecuzioni.

vadalonga pubblicato 26 novembre 2019

Salve..vorrei partecipare ad un asta per l'acquisto di un immobile prima casa..ho scaricato dal sito aste giudiziarie la perizia dell'immobile...il quale non riporta che la casa è conforme alle concessioni edilizie e agibilità...se ci fosse qualche abuso il perito sarebbe obbligato a dichiararlo?

vadalonga pubblicato 26 novembre 2019

Prima casa.

inexecutivis pubblicato 30 novembre 2019

Il giudizio sulla sanabilità degli abusi edilizi che interessano l’immobile pignorato deve essere espresso dal perito nella relazione di stima ai sensi dell’173 bis, n. 7 disp. att. c.p.c.

A questo proposito riteniamo utile riportare letteralmente il contenuto della norma.

in caso di opere abusive, [il perito deve eseguire] il controllo della possibilità di sanatoria ai sensi dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull'eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l'istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l'aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 40, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall'articolo 46, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria”.

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