PARTECIPAZIONE ALL'ASTA DEL CONIUNE NON ESECUTATO IN COMUNIONE DEI BENI CON L'ESECUTATO

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cetuopadre pubblicato 25 maggio 2017

Buona sera,

ho partecipato, e mi sono aggiudicato, un immobile alla cui asta si è presentata anche la coniuge in comunione dei beni con il marito (solo egli è esecutato e non era presente all'asta). Sulla dichiarazione presentata dalla coniuge era chiaramente riportato lo stato civile con la comunione dei beni con il coniuge esecutato. In ragione di ciò il professionista delegato inizialmente ha ammesso all'asta la coniuge ma, successivamente, in ragione dei dubbi sollevati dai partecipanti e dopo aver consultato il cpc. la ha esclusa dall'asta, dando luogo alla gara che si è conclusa con l'assengazione a me.

ll comportamento del professionista delegato (avvocato) è corretto?

La gara può dirsi regolare ? Il coniuge non ammesso alla gara può impugnare l'assegnazione ? In questo caso cosa succede?

grazie per l'attenzione

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inexecutivis pubblicato 26 maggio 2017

A nostro avviso l’operato del professionista delegato non è stato corretto, in quanto l’esclusione dalla gara dell’offerente coniuge del debitore esecutato è stata illegittima.

La questione della possibilità, per il coniuge del debitore, di partecipare alla vendita è è stato più volte affrontato in dottrina e giurisprudenza. Il problema si pone sulla scorta del tenore letterale degli artt. 571 e 579 c.p.c., ai sensi del quale “ognuno, tranne il debitore” è ammesso ad offrire.

La prevalente dottrina afferma che la norma abbia carattere eccezionale, e dunque poiché il divieto di partecipare colpisce solo il debitore, analoga preclusione non può operare nei riguardi del coniuge.

In questi termini si esprime la giurisprudenza. Secondo Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 1982, n. 605, “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione dello art. 579 cod. proc. civ. denegativa per il debitore esecutato dalla legittimazione di fare offerte all’incanto - che non integra un divieto dell’acquisto da parte del debitore - costituendo norma eccezionale rispetto alla “regola” stabilita dallo stesso art. 579 per la quale la legittimazione all’offerta compete ad “ognuno”, non può trovare applicazione analogica per altre ipotesi od a altri soggetti non considerati in detta norma, neppure con riguardo al coniuge del debitore - ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e segg. cod. civ. - sicché questi rientrando nell’ampia e onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 cod. proc. civ., è ammesso a fare offerte per l’incanto ed offerta di aumento del sesto dopo la aggiudicazione, senza che rilevi il fatto che, per volontà della legge, l’effetto traslativo del bene - operato direttamente soltanto in capo a lui quale offerente aggiudicatario - si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato”.

Nella medesima direzione sembra muoversi Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258., la quale ha ribadito che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art.579 cod. proc. civ. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge”.

Certamente, la legittimazione a partecipare riconosciuta al coniuge in regime di comunione dei beni con il debitore determina quale conseguenza che il bene entra a far parte ex lege della comunione legale ai sensi dell’art. 177 e seguenti c.c.

 

Dunque, secondo noi, il coniuge può partecipare alla vendita, a meno che non sia dimostrata l’esistenza di una mandato ad acquistare conferito dal debitore al coniuge, oppure una interposizione fittizia.

Così stando le cose, il coniuge illegittimamente escluso potrebbe ricorre al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 591 ter cpc, chiedendo l'annullamento della gara.

cetuopadre pubblicato 26 maggio 2017

Vi ringrazio per la precisa risposta.

Ora, quindi, sarà il giudice a decidere ; credo che sia difficile dimostrare l'esistenza di un mandato ad acquistare (come lo si potrebbe dimostrare, il coniuge esecutato attendeva fuori dallo studio del professionista.....). Il professionista mi parlava di un'altra stranezza legata ad un'asta precedente aggiudicata a persona da nominare la quale non ha effettuato il saldo entro i 90 gg previsti perdendo di conseguenza l'anticipo del 10% già versato.

Quali sono ora i tempi tecnici? Il professionista delegato mi parlava di 10 gg entro i quali il giudice dovrà decidere. I 90 gg a mia disposizione per effettuare l'eventale saldo sono già partiti se non erro...Se non sono previste sospensioni corro il rischio di non poter avere a disposizione nei tempi stabiliti la liquidità necessaria a saldare l'intero importo (in una situazione di incertezza come questa non è possibile disinvestire, procedere con le pratiche per l'accensione di un eventuale mutuo ecc....)

C'è qualcosa che posso fare per tutelarmi anche in sede legale rispetto alla mia buona fede?

Grazie

inexecutivis pubblicato 28 maggio 2017

Cerchiamo di andare con ordine.

Il termine per il versamento del saldo prezzo decorre dal giorno dell’aggiudicazione, ed esso non può essere bloccato, a meno che non intervenga un provvedimento del Giudice dell’esecuzione che sospenda o annulli la vendita.

Quanto ai tempi tecnici, la questione è più complessa.

A questo proposito occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 591 ter c.p.c., al quale nel prescrivere  che avverso gli atti del professionista delegato è possibile proporre reclamo al Giudice dell’esecuzione, non prevede un termine entro il quale detto reclamo debba essere promosso.

Nel silenzio della norma in dottrina sono state proposte diverse soluzioni.

Secondo taluni autori il termine finale per proporre reclamo avverso gli atti del professionista delegato va individuato nell’adozione de decreto di trasferimento, atto finale del subprocedimento. Altri hanno fatto riferimento all’esaurimento della delega, mentre altri ancora hanno ritenuto di doversi applicare analogicamente l’art. 617 c.p.c., per cui il termine per la proposizione del reclamo è quello di giorni 20 decorrenti dal compimento dell’atto.

Infine, taluno ha ritenuto di applicare i termine di 10 giorni previsto dall’art. 739 c.p.c. per la proposizione del reclamo contro i decreti del Tribunale emessi in camera di consiglio.

Sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 18 aprile 2011, n, 8864, la quale dopo aver preso preliminarmente atto del fatto che il relazione al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. non è previsto alcun termine, ha affermato che non può applicarsi il termine di cui all’art 739 c.p.c., vale a dire dieci giorni dalla comunicazione o dalla conoscenza dell'atto da impugnare, mancando “un valido sostegno testuale o sistematico”. La corte ha quindi ricordato che il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, il quale è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, e che quindi gli atti del professionista delegato siano reclamabili fino a quando essi non abbiano avuto materiale esecuzione.

A questa osservazione va poi aggiunta quella per cui al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. si affianca il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, di cui il concorrente ingiustamente escluso potrebbe lamentare l’illegittimità.

Dunque, in definitiva, riteniamo che:

il partecipante escluso non abbia l’onere di impugnare il provvedimento di aggiudicazione nel termine di dieci giorni.

L’aggiudicazione potrebbe essere autonomamente impugnata ex art. 591 ter, oppure potrebbe essere impugnato ai sensi dell’art. 617 c.p.c. il decreto di trasferimento.

Nelle more, il termine per il versamento del saldo prezzo non può essere sospeso.

 

Ove venisse proposto uno dei rimedi impugnatori che abbiamo ipotizzato, a nostro avviso il Giudice dovrebbe adottare un provvedimento di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ordinando la convocazione degli originari offerenti per lo svolgimento di una gara tra di loro.

cetuopadre pubblicato 30 maggio 2017

Rispetto all'affermazione "il coniuge può partecipare alla vendita, a meno che non sia dimostrata l’esistenza di una mandato ad acquistare conferito dal debitore al coniuge, oppure una interposizione fittizia" il fatto che alla precedente asta abbia partecipato e vinto un avvocato per persona da nominare, poi risultata essere la figlia dell'esecutato ,la quale poi non aveva provveduto al saldo entro i 90 gg con relativa conseguenza decadenza dell'aggiudicazione (circostanza riportada dal professionista delegato sul verbale di aggiudicazione), unitamente alla tentata partecipazione all'asta  in oggetto della moglie dell'esecutato in comunione dei beni con quest'ultimo non costituisce prova sufficiente dell'esistenza di una interposizione fittizia tesa al ribasso del prezzo di asta e del tentativo di rientrare in possesso dell'immobile da parte dell'esecutato?

inexecutivis pubblicato 01 giugno 2017

Gli elementi indicati costituiscono, a nostro avviso, elementi indiziari che potrebbero indurre a ritenere una interposizione fittizia o un mandato ad acquistare.

 

A questo proposito ulteriori elementi di conforto in questa direzione potrebbero essere ottenuti da informazioni relative alla cauzione, verificando a chi effettivamente è imputabile l’esborso economico sostenuto per il versamento della stessa. Sarebbe utile verificare, ad esempio, quale sia la stata la banca che ha emesso il relativo assegno circolare, quale il conto di riferimento, ecc.

cetuopadre pubblicato 09 giugno 2017

Buona sera, è stato inviato al tribunale reclamo relativo all'ssegnazione relativamente al'inammissibilità  della coniuge alla gara in forza dell'art. 571 cpc e della sentenza della cassazione sez. III ciivile del 2 febbraio 1982, N 605 "nell'espropriazione forzata immobiliare è legittimato a fare offerte all'incanto e a fare aumento di sesto anche il coniuge del debitore non esecutato in regime di comunione legale dei beni, poichè la norma che esclude la legittimazione del debitore esecutato è eccezionale, non suscettibile di applicazione analogica". Rispetto a quanto accaduto potrebbe sembrare appropriato ma, inoltre, si cita anche la pronuncia della corte di cassazione penale n. 8020 del 2 marzo 2016 “Non sussiste turbata libertà degli incanti nell’ipotesi in cui, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, le ripetute offerte di aumento di un sesto, ex art. 548 c.p.c. [oggi: un quinto] sul prezzo dell’immobile aggiudicato non vengono seguite dal versamento della somma nel termine, non configurando tale comportamento turbativa dello svolgimento della gara al fine di abbassare il prezzo dell’asta” che su alcuni articoli viene definita come segue "Aste immobiliari: se la moglie rilancia l'offerta per evitare la vendita della casa del marito non commette reato"

Considerando i fatti sopraesposti , ovvero il tentativo di acquisto della figlia dell'esecutato poi conclusosi con il mancato versamento del saldo prezzo che ha prodotto come conseguenza l'abbassamento del prezzo come basa di asta alla successiva convocazione, non trovate non appropriato la citazione di codesta sentenza la quale si riferisce alla possbilità di aumento del sesto e non al mancato pagamento del saldo?

Il professionista delegato, nel suo comportamento, ha cercato di evitare che ci fosse la possbilità di una ulteriore assegnazione con successivo mancato saldo (come nel caso della figlia dell'esecutato) con finalità di ribasso del prezzo (in questo potrebbe aver visto l'applicabilità della Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258 da voi citata)? Rispetto alla mia buona fede ci sono altre sentenze in tal senso che possono produrre in udienza?

Grazie.

 

inexecutivis pubblicato 09 giugno 2017

Rispondiamo alla domanda riportando di seguito due ulteriori precedenti della Corte di Cassazione.

In senso opposto, Il delitto di turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.) può essere commesso, oltre che con violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni, anche attraverso "altri mezzi fraudolenti", categoria nella quale rientra ogni genere di artificio, inganno, menzogna usati per alterare il regolare funzionamento e la libera partecipazione alla gara. (Nella specie, la Corte ha riconosciuto sussistente il delitto nel caso di soggetti che, nell'ambito della procedura esecutiva per la vendita all'asta dei beni ricompresi nel fallimento dei genitori, sistematicamente procedevano, dopo ciascuna aggiudicazione provvisoria, ad offrire l'aumento del sesto sul prezzo determinato, facendo schizzare in alto il prezzo medesimo, con conseguente ritiro degli aggiudicatari provvisori, salvo poi non provvedere a saldare il prezzo, così determinando l'inizio di una nuova gara a prezzi ribassati). (Sez. 6, n. 20211 del 15/05/2012 - dep. 25/05/2012)

 

Nel reato di turbata libertà degli incanti, il "mezzo fraudolento" consiste in qualsiasi attività ingannevole che, diversa dalle condotte tipiche descritte dalla norma incriminatrice, sia idonea ad alterare il regolare funzionamento della gara, anche attraverso anomalie procedimentali, quali il ricorso a prestanomi o l'indicazione di informazioni scorrette ai partecipanti, e a pregiudicare l'effettività della libera concorrenza, la quale presuppone la possibilità per tutti gli interessati di determinarsi sulla base di un corretto quadro informativo. (Sez. 6, n. 42770 del 11/07/2014 - dep. 13/10/2014).

Dunque, come si vede, è molto importante comprendere cosa sia accaduto nel singolo caso di specie.

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