Impugnazione aggiudicazione asta

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  • Ultimo messaggio 14 aprile 2020
jackthenightfly pubblicato 12 aprile 2020

Buonasera, mi sono aggiudicato un immobile i primi di marzo. Nell'occasione è stato redatto il verbale di aggiudicazione e non mi è stata rilasciata alcuna documentazione. Dall'aggiudicaziobe ad oggi non ho ricevuto istruzioni in merito al pagamento del saldo prezzo causa emergenza pandemia. Volevo sapere: 1) Alle parti (nel mio caso gli eredi) viene notificata l'aggiudicazione? 2) Entro quanto tempo e a decorrere da quando le parti possono impugnare l'aggiudicazione? Ed inoltre causa epidemia il termine dei 120 per il pagamento del saldo prezzo è sospeso? 3) In questa fase chi può impugnare oltre alle parti (nel mio caso gli eredi) l'aggiudicazione?

Grazie

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inexecutivis pubblicato 14 aprile 2020

Rispondiamo all’interrogativo formulato osservando che a nostro avviso il provvedimento di aggiudicazione non deve essere comunicato alle parti. Esso infatti viene adottato all’udienza fissata per l’apertura delle buste e per lo svolgimento della eventuale gara tra gli offerenti, per cui si presume conosciuto dalle stesse. In ogni caso, a prescindere da queste considerazione, non esiste una disposizione codicistica che prescriva la comunicazione del provvedimento di aggiudicazione alle parti.

Quanto ai termini per la sua impugnazione, occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 591 ter c.p.c., la quale nel prescrivere che avverso gli atti del professionista delegato è possibile proporre reclamo al Giudice dell’esecuzione, non prevede un termine entro il quale detto reclamo debba essere promosso.

Nel silenzio della norma in dottrina sono state proposte diverse soluzioni.

Secondo taluni autori il termine finale per proporre reclamo avverso gli atti del professionista delegato va individuato nell’adozione de decreto di trasferimento, atto finale del subprocedimento.

Altri hanno fatto riferimento all’esaurimento della delega, mentre altri ancora hanno ritenuto di doversi applicare analogicamente l’art. 617 c.p.c., per cui il termine per la proposizione del reclamo è quello di giorni 20 decorrenti dal compimento dell’atto.

Infine, taluno ha ritenuto di applicare il termine di 10 giorni previsto dall’art. 739 c.p.c. per la proposizione del reclamo contro i decreti del Tribunale emessi in camera di consiglio.

Sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 18 aprile 2011, n, 8864, la quale dopo aver preso preliminarmente atto del fatto che in relazione al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. non è previsto alcun termine, ha affermato che non può applicarsi il termine di cui all’art 739 c.p.c., vale a dire dieci giorni dalla comunicazione o dalla conoscenza dell'atto da impugnare, mancando “un valido sostegno testuale o sistematico”. La corte ha quindi ricordato che il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, il quale è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, e che quindi gli atti del professionista delegato siano reclamabili fino a quando essi non abbiano avuto materiale esecuzione.

A questa osservazione va poi aggiunta quella per cui al reclamo di cui all’art. 591 ter c.p.c. si affianca il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, di cui il concorrente ingiustamente escluso potrebbe lamentare l’illegittimità.

Dunque, in definitiva, riteniamo che:

l’atto del professionista delegato può essere autonomamente reclamato fino a quando non abbia avuto esecuzione;

in alternativa, potrebbe essere impugnato ai sensi dell’art. 617 c.p.c. il decreto di trasferimento.

inexecutivis pubblicato 14 aprile 2020

in ordine alla sospensione del termine per il versamento del saldo prezzo causa emergenza coronavirus svolgiamo le seguenti osservazioni.

È fatto notorio che il Paese sta attraversando un momento storico di assoluta gravità, che ha recentemente inciso in modo assai penetrante sull’ordinario svolgimento dell’attività giurisdizionale.

Invero il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 pubblicato in pari data sulla sulla G.U. n. 60 aveva previsto, all’art. 1 comma primo, che “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto [e dunque dal 9 marzo] e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020”, aggiungendo al successivo comma 2 che fino al 22 marzo 2020 “sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate”.

A 9 giorni di distanza, l’acuirsi dell’emergenza sanitaria ha determinato l’emanazione del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” (pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 70 del 17 marzo 2020), che con l’art. 83 ha (sostanzialmente) prorogato al 15 aprile 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze civili e penali, nonché la sospensione dei termini processuali (commi primo e secondo) prima fissata al 22 marzo dal d.l n. 11/2020 citato, disponendo che i capi degli uffici potranno adottare disposizioni che prevedano, tra l’altro, il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020.

Infine, questo termine è stato prorogato all’11 maggio con l’art. 36 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23

Pertanto, i termini processuali sono ad oggi sospesi dal 9 marzo al 15 aprile, e dunque per 64 giorni.

 

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