Immobile asta aggiudicata

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  • Ultimo messaggio 17 gennaio 2020
gennystyle333 pubblicato 09 gennaio 2020

Buonasera, mi sono aggiudicato una casa all'asta totalmente libera ( nuova, mai abitata), avrei voluto rivedere la casa in qualche modo , anche perché il mutuo era passato ... c'era solo una questione di disponibilità di appuntamento tra banca , notaio , giudice e bla bla bla...il custode pur chiedendo gentilmente prima della stipula del mutuo non ha voluto o davvero non poteva farmi visionare nuovamente l'immobile dicendo che non fosse mio diritto. I primi di dicembre finalmente pago tutto , ma di visionare l'immobile ancora nulla. Arrivata a casa la notifica di decreto di trasferimento , pensavo fosse finito tutto e che finalmente dopo 20 giorni dalla notifica ci sarebbe stata proprio la consegna della chiavi. Chiamo nuovamente il custode dopo 20 giorni e mi dice che siamo alla fine ma ci vogliono ancora un po' di giorni perché quella arrivata a me A casa(in busta verde tramite raccomandata) era l'emissione del decreto e non una notifica . A quel punto chiedo nuovamente di poter gentilmente visionare nuovamente l'immobile , ma lui mi dice che non può e non ce la fa e che quando mi darà le chiavi farò tutto quello che devo fare! Cioè... ma funziona così , io sto pagando una casa , oltretutto libera e non ho neanche il diritto di vederla?

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inexecutivis pubblicato 12 gennaio 2020

Rispondiamo all’interrogativo distinguendo il diritto di visita dell’immobile da parte dell’aggiudicatario ed il diritto alla vera e propria consegna del bene al nuovo proprietario.

A proposito dell’accesso osserviamo in primo luogo che a nostro avviso l’aggiudicatario ha diritto a visionare l’immobile se questo è funzionale a consentirgli di versare il prezzo.

Invero, se il custode si rende conto di questa necessità, egli deve garantire l’accesso non tanto per tutelare un diritto dell’aggiudicatario, quanto piuttosto per adempiere al suo ufficio, che è quello di adoperarsi affinché il bene sia collocato sul mercato.

Inoltre, valgono le considerazioni che seguono.

Costituiscono principi generale dell’ordinamento quelli secondo cui le obbligazioni debbono essere adempiute secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.).

La buona fede rappresenta uno dei principi portanti dell’ordinamento, principio qualificato in dottrina come principio di ordine pubblico.

Nell’adempimento delle obbligazioni (di tutte le obbligazioni, indipendentemente dalla fonte legale o negoziale delle stesse) la buona fede si impone quale obbligo di salvaguardia, prescrivendo alle parti di agire in modo da preservare integri gli interessi dell’altra. Questo impegno di solidarietà, che si proietta al di là di quanto specificatamente previsto nel contratto (o nella legge), trova un limite nell’interesse del soggetto che è chiamato ad adempiere. Questi, cioè, è tenuto a far salvo l’interesse altrui ma non fino al punto di subire un apprezzabile sacrificio, personale o economico.

In questi termini si è detto che la buona fede identifica l’obbligo di ciascuna parte di salvaguardare l’utilità dell’altra nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio.

La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha fatto propri questi concetti, affermando che “L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio” (Cass. Sez. 3, n. 3462 del 15/02/2007).

Traslando questi concetti al caso di specie, riteniamo che il custode abbia l’obbligo di consentire l’accesso, anche in base ad un principio di buona fede.

Tutto cambia a decreto di trasferimento emesso.

Invero, con la pronuncia del decreto di trasferimento si determina il trasferimento della proprietà in capo all’aggiudicatario (si veda, tra le molte, Cass. 16.4.2003, n. 6272).

Ergo, l’acquirente da quel momento consegue il diritto ad ottenere la consegna del bene in base alle previsioni di cui agli artt. 1476 e 1477 c.c., applicabili anche alle vendite esecutive, posto che Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730; Cass. 30/06/2014, n. 14765).

Il suggerimento, dunque, è quello di richiedere formalmente la consegna dell’immobile.

gennystyle333 pubblicato 13 gennaio 2020

Scusate ... io lo ho sempre contattato alla mail dello studio/ufficio, ma l'ultima volta non ha neanche risposto alla mail ed ho dovuto chiamarlo... Per richiesta formale cosa intendete? Come faccio ? Grazie

inexecutivis pubblicato 17 gennaio 2020

Per richiesta formale intendiamo una richiesta di cui sia possibile lasciare traccia, dunque pec o raccomandata con avviso di ricevimento.

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