Le perplessità della banca ci sembrano ingiustificate, dal momento in cui la domanda di divisione, stando alla domanda è stata trascritta successivamente alla trascrizione del pignoramento, con la conseguenza che essa è inopponibile alla procedura, e dunque all’aggiudicatario, in forza della previsione di cui all’art. 2915, comma secondo, c.c.
È possibile che questa domanda di divisione giudiziale si sia funzionalmente collegata proprio alla procedura esecutiva in seno alla quale è stata pignorata la quota indivisa di un bene comune, ed il Giudice dell’esecuzione abbia disposto procedersi ad un giudizio di scioglimento della comunione ai sensi dell’art. 600 c.p.c., non potendosi procedere alla separazione della quota pignorata in natura.
Infatti, quando è pignorata la quota di un bene comune, il giudice dell'esecuzione provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore, cioè scioglie la comunione limitatamente alla quota spettante al debitore, attribuendogli la proprietà esclusiva di una porzione del bene comune.
Se la separazione non è chiesta o non è possibile, invece, dispone che si proceda ad un ordinario giudizio di divisione (c.d. divisione “endoesecutiva”), salvo che ritenga probabile (ma si tratta di una ipotesi assolutamente residuale) la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa.
Controversa è in dottrina la individuazione delle modalità attraverso cui questo giudizio debba essere introdotto.
Secondo taluna dottrina il pignoramento della quota di bene immobile contiene in sé la domanda di divisione.
Infatti, nel momento in cui il creditore pignora la quota indivisa di un bene comune sa già (per il disposto degli artt. 599 e 600 c.p.c.) che dovrà chiedere al giudice dell’esecuzione di sentire gli interessati per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 600 c.p.c. (art. 180, comma secondo, disp. att. c.p.c.), fra cui lo scioglimento della comunione, che costituisce l’esito fisiologico dell’udienza fissata per la comparizione delle parti sulla scorta della lettera del secondo comma dell’art. 600 c.p.c.
Quindi, posto che la domanda di divisione deve essere trascritta a norma degli artt. 2646, comma secondo e 2685 c.c. (che onerano colui che chiede giudizialmente la divisione di procedere alla trascrizione della domanda) oggetto di trascrizione sarà proprio il pignoramento della quota.
Quanto alla trascrizione “contro” e a favore degli altri comproprietari essa sarà eseguita, secondo questa tesi, presentando al conservatore sia l’atto di pignoramento, che la prova della notificazione agli altri comproprietari dell’invito a comparire.
Altra dottrina, seguita da diversi tribunali (anche in considerazione del fatto che la procedura appena descritta è indubbiamente macchinosa) ritiene che invece sia necessaria la notificazione e la trascrizione di un apposito atto di citazione, contenente tutti gli elementi necessari alla introduzione di una valida domanda giudiziale di divisione (descrizione del bene, termini a comparire, individuazione di tutti i soggetti chiamati a parteciparvi etc.), osservando inoltre che il richiamo che l’art. 600 c.p.c. compie alla “divisione a norma del codice civile” non può che richiamare, a sua volta, anche l’art. 784 c.p.c. e la domanda di divisione ivi menzionata.
È evidente che in questo secondo caso la vendita dell’intero compiuta in sede di divisione endoesecutava comporterà (a nostro avviso) che il relativo decreto di trasferimento conterrà l’ordine di cancellazione della domanda di divisione, anche se tradizionalmente tra le formalità cancellabili con il decreto di trasferimento non rientrano le domande giudiziali.