La risposta all’interrogativo formulato non è agevole. La prelazione urbana è quella contemplata dall’art. 3, comma primo, let. g), l. 431/1998.
La disposizione prevede al comma primo che il locatore, alla prima scadenza contrattuale, può negare il rinnovo della locazione quando, tra le altre ipotesi, intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In questi casi la medesima disposizione riconosce al conduttore il diritto di prelazione sull’immobile.
Come si vede, la prelazione abitativa entra in gioco solo quando sussistono cumulativamente le seguenti condizioni:
ricorra la prima scadenza contrattuale;
il locatore intenda far cessare il vincolo locatizio per vendere ad un terzo l’immobile libero;
non abbia la titolarità di altra casa abitativa.
La tesi favorevole a riconoscere la possibilità di esercizio del diritto di prelazione anche in occasione del trasferimento coattivo del bene locato ad uso abitativo è stata giustificata come contraltare della facoltà, che dovrebbe essere riconosciuta anche al custode, di avvalersi della facoltà di negare il rinnovo alla prima scadenza contrattuale.
A questa tesi si è condivisibilmente obiettato che nella norma in esame la prelazione costituisce una forma di compensazione del diritto potestativo di recesso, che non è possibile riconoscere al custode per l’evidente riferibilità della norma ai soli trasferimenti volontari (Così anche Trib. Reggio Emilia 12/05/2008), con la conseguenza che va esclusa anche l’attribuzione al conduttore del diritto di prelazione.
Aggiungiamo a queste considerazioni che le norme in tema di prelazione, in ragione del vincolo alla proprietà privata che imprimono, sono di stretta interpretazione, e dunque come tali non si prestano ad applicazioni al di fuori del perimetro tracciato dal legislatore.
Inoltre, la negazione del diritto di prelazione nelle ipotesi di vendita coattiva non oblitera del tutto il diritto del prelazionario-conduttore ad acquistare, ben potendo egli partecipare al procedimento di vendita ed eseguire eventuali rilanci in sede di gara.
Dunque, a differenza di quanto accade nella vendita negoziale, ove il mancato riconoscimento del diritto di prelazione esporrebbe il conduttore alle determinazioni volitive del locatore, il quale sarebbe libero di scegliere a chi vendere, nella vendita coattiva il conduttore non corre questo rischio, soffrendo esclusivamente il fatto di doversi confrontare con ulteriori potenziali offerenti.
Si tratta peraltro di una dinamica che nei fatti non è nemmeno del tutto estranea al mondo delle normali compravendite: si noti infatti a questo proposito che, anche nelle ordinarie transazioni commerciali, la presenza di un conduttore con diritto di prelazione apre la competizione tra i soggetti potenzialmente interessati, per quanto informale, dacché il potenziale acquirente è consapevole del fatto che, in presenza del prelazionario, se vuole rendersi acquirente dovrà farlo ad un prezzo superiore rispetto a quello che questi è disposto a spendere. Certamente nella vendita coattiva non basta al conduttore offrire lo stesso importo indicato dal miglior offerente, dovendo egli eseguire necessariamente un rilancio, ma questo ulteriore sacrificio che a lui viene chiesto è probabilmente giustificato in funzione della esigenza di migliore tutela delle ragioni del ceto creditorio.