Il fatto che la situazione catastale e quella di fatto siano conformi tra loro, non vuol dire che non si siano, nell’atto di pignoramento e nella nota di trascrizione, errori che attengono alla esatta individuazione del bene.
Questi errori, in ogni caso non inficiano l’atto di pignoramento se comunque non creano incertezza in ordine al bene che è stato sottoposto ad esecuzione.
In ogni caso, riteniamo che l’acquisto sia comunque salvo.
Qui il tema è quello di comprendere la portata applicativa dell’art. 2929 c.c., a mente del quale “La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione”.
Sul punto registriamo un importante intervento a sezioni unite della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 21110 del 2012 hanno affermato che “Il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo”, affermando, in motivazione, che “sembra francamente eccessivo pretendere da lui ( l'aggiudicatario) una diligenza tale da imporgli di indagare sulla sussistenza e validità del titolo esecutivo per il quale si sta procedendo, volta che non sia stata disposta dal giudice la sospensione dell'esecuzione richiesta dall'esecutato o che, magari, nessuna contestazione sia stata neppure ancora sollevata in proposito al momento della vendita”.
Nella stessa direzione indicata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è espressa, più recentemente, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, la quale si è occupata del caso in cui era stato venduto ed aggiudicato un immobile per intero, mentre in realtà oggetto di vendita era soltanto una quota, osservando che non può essere richiesto all’aggiudicatario di partecipare alla vendita dopo aver preliminarmente controllato gli atti della procedura esecutiva, e rimarcando che l’unico limite alla salvezza dei diritti dell’acquirente è quello della collusione con il creditore procedente.
La Suprema Corte, nell’esplicitare il proprio convincimento, richiama inoltre il precedente di cui alla sentenza n. n. 7991/2010, che ha dichiarato inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore denunci un vizio formale verificatosi prima della vendita, qualora sia proposta dopo che la vendita è già stata compiuta, atteso che la disposizione di cui all'art. 2929 c.c., dispone che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di loro collusione con il creditore procedente, dando, quindi, la predetta norma risalto solo a tale collusione, che presuppone una dolosa preordinazione della condotta dell'acquirente in danno dell'esecutato, e a nulla rilevando, invece, il difetto di diligenza del terzo acquirente", aggiungendo che “Solo a fronte di un comportamento non semplicemente mancante di diligenza, e neppure solo contrario a buona fede ma doloso e in accordo con il creditore, viene meno il fondamento della tutela privilegiata accordata all'aggiudicatario dall'art. 2929 c.c.. Si ha collusione solo se aggiudicatario e creditore fossero entrambi ben consapevoli della nullità della ordinanza di vendita o che comunque si riverberava sulla vendita, ed abbiano deciso di tacere e portare ugualmente a termine la vendita l'una per compiere un acquisto vantaggioso, l'altro per una più sicura occasione di vendere un bene reso più allettante dall'errore procedurale compiuto.
“A ciò si aggiunga [proseguono i Giudici Supremi] che la vendita forzata si differenzia dal contratto di compravendita, poiché mentre in questo l’acquirente ha l’onere di verificare, secondo l'ordinaria diligenza la congruità dell'affare, l'identificazione del bene, il suo reale valore ecc., per poter consapevolmente scegliere se concludere il contratto o meno “nella vendita forzata invece, il potenziale acquirente si affida all'ufficio giudiziario che sovrintende alla vendita, ed ha ragione di attendersi che esso svolga tutti i controlli necessari per la validità del procedimento, non potendosi l'acquirente ritenere onerato di ripercorrere e controllare, in prima persona, l'attività svolta dall'ufficio per poter essere tutelato in caso che esistano delle nullità procedimentali”
Infine la sentenza richiama il precedente, da noi citato, delle Sezioni Unite con la sentenza n. 21110 del 2012 osservando come in quella sentenza “La Corte ha affermato che, anche nel caso estremo che un bene sia stato venduto all'asta pur in mancanza di un valido titolo esecutivo in capo al creditore, l'acquisto dell'aggiudicatario, per la tutela offerta dall'art. 2929 c.c., vada tenuto fermo.