Com'è noto, ai sensi dell'art. 571, comma secondo, c.p.c., l'offerta di acquisto non è efficace se:
- perviene oltre il termine stabilito;
- è inferiore di oltre un quarto al prezzo stabilito dall'ordinanza;
- l'offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell'ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
La dottrina e la giurisprudenza ritengono che le cause di inefficacia dell'offerta sono tassative, per cui tendenzialmente ad di fuori delle ipotesi contemplate dal citato art. 571 l'offerta va considerata valida.
Così, ad esempio, si ritiene pacificamente valida l'offerta non in regola con il bollo Del resto l'art. 19 del D.P.R. 26/10/1972, n. 642 -recante "Disciplina dell'imposta di bollo"- e dell'art. 591 bis, quarto comma, c.p.c. prevede che i giudici e i cancellieri non possono rifiutarsi di ricevere in deposito o accettare la produzione o assumere a base dei loro provvedimenti, allegare o enunciare nei loro atti, i documenti, gli atti e registri non in regola con l'imposta di bollo (in questi termini, Cass. n. 3303 del 10/04/1996).
Allo stesso modo, si ritiene sanabile la mancata allegazione del documento di identità o del codice fiscale.
Parimenti, riteniamo che non possa essere esclusa dalla gara l'offerta presentata da una società in cui mancasse la documentazione comprovante l'esistenza dei poteri rappresentativi in capo al sottoscrittore. Invero, se quei poteri rappresentativi esistevano, potranno essere agevolmente dimostrati in un secondo momento.
Ciononostante, si afferma comunque che anche al di fuori dei casi previsti dall'art. 571 l'offerta di acquisto vada dichiarata inefficace quando non sia qualificabile come tale, e cioè quando, ad esempio, non siano indicate le generalità dell'offerente, non sia indicato il prezzo, non sia indicato il bene che si intende acquistare.
Anche la mancata sottoscrizione determina, a nostro avviso, la irricevibilità dell'offerta, poiché una offerta non sottoscritta è una non offerta, in quanto non imputabile ad alcuno.
Ai sensi dell’art. 571 c.p.c. l’offerta di acquisto consiste in una “dichiarazione” contenente l’indicazione del prezzo, del tempo e del modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta.
È chiaro, che la “dichiarazione”, per essere tale, e per valere quale manifestazione della volontà di acquistare, deve essere sottoscritta, poiché la sottoscrizione è l’espressione attraverso il quale il soggetto in un determinato momento fa proprio il contenuto di un testo scritto.
Il riconoscimento in udienza di una offerta non sottoscritta equivarrebbe ad una sottoscrizione tardiva, alla quale non può essere riconosciuta efficacia retroattiva, proprio in ragione del fatto che una manifestazione di volontà negoziale si intende manifestata solo nel momento in cui essa è riferibile ad un soggetto.
Si tratta di considerazioni che poggiano su un generale principio di certezza dei rapporti giuridici, che sarebbero stravolti ove si ammettesse che un soggetto, dopo aver formato un documento (a lui non riferibile poiché non sottoscritto) possa decidere in qualunque momento di avvalersene retroattivamente, a suo piacimento.
Questa esigenza è avvertita dalla giurisprudenza, la quale ha ad esempio recentemente ribadito che In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta "ad substantiam", la produzione in giudizio di una scrittura privata a cura di chi non l'aveva sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e, pertanto, perfeziona "ex nunc" il contratto in essa contenuto, purché la controparte in giudizio sia la stessa che aveva già firmato tale scrittura e sia ancora in vita al momento di detta produzione, non producendosi altrimenti il necessario incontro delle volontà negoziali. (Cass., Sez. II, 22/01/2018, n. 1525), osservandosi in altro precedente, che la sanatoria della mancata sottoscrizione attraverso la produzione in giudizio dell’atto non sottoscritto ha effetti ex nunc e non ex tunc poiché “il contratto formale intanto si perfeziona ed acquista giuridica esistenza, in quanto le dichiarazioni di volontà che lo creano siano state per l'appunto formalizzate” (Cass., sez. II, 24 marzo 2016, n. 5916).
Si tratta di affermazioni assolutamente condivisibili e che riteniamo perfettamente sovrapponibili al caso prospettato.
Peraltro, la diversa soluzione consentirebbe pericolose pratiche distorsive del procedimento di vendita ove si ammettesse che una offerta nulla potesse essere sanata a discrezione dell’offerente in mala fede, il quale potrebbe intenzionalmente presentarla priva di sottoscrizione per poi decidere, al momento dell’apertura delle buste, se avvalersene o meno. Potrebbe, ad esempio, decidere di non riconoscerla come propria vedendosi unico offerente; ancora, una pluralità di soggetti, d’accordo tra loro, potrebbero presentare una pluralità di offerte e decidere, al momento dell’apertura delle buste, di quale di esse avvalersi.