Casa all’asta per divisione giudiziale

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monica_dr72 pubblicato 27 gennaio 2020

Buongiorno, sono la coerede( siamo in tre sorelle) di una casa indivisibile e per la quale la terza sorella ha chiesto lo scioglimento della comunione. Premetto che sulla casa grava un’ipoteca derivante da mutuo volontario contratto dai miei genitori, entrambi deceduti, e del quale io sono la garante. Per vari motivi, anche su suggerimento dell’istituto di credito, potendo solo io continuare a pagare il muto, non e’stata presentata successione in banca. Pertanto, ad oggi ho versato circa 30000 euro e ne restano 50000 circa. Altra premessa è che sulla quota della seconda sorella grava un ‘ipoteca dell’agenzia delle entrate di 40000 euro ( è stata fatta la rottamazione quindi attualmente deve pagare 15.000 euro in 17 rata circa) e 15.000 euro di un creditore privato. Per inciso, dato che si tratta di una casa degli anni ottanta, circa tre anni fa, in seguito a malfunzionamento dell’impianti idraulico e di riscaldamento, mi sono anche accollata le spese di ristrutturazione dell’ultimo piano. In casa abita la seconda sorella. Basa d’asta 212.000 euro. La prima vendita è andata deserta, come anche la successiva vendita all’incanto. Tra un mese ci sarà un’ulteriore vendita con riduzione del 25% , quindi a 160.000 euro. Le mie domande sono queste: - posso io acquistare la quota della seconda sorella prima della prossima vendita e costringere la terza a vendermi la sua quota? - qual è il prezzo dell’immobile a cui devo fare riferimento? Quello stabilito dal ctu , 212.000, o quello dell’attuale vendita, 160.000? - qual è la spesa totale che devo affrontare, tenendo conto di tutti i costi ( tribunale, professionista delegato) e che per me sarebbe seconda casa? - se si procedesse con la vendita giudiziale o all’ac Da parte mia, dal totale del prezzo dell’immobile vanno tolti gli 80000 euro del mutuo( di cui 50000 alla banca, 30000 euro quanto ho già versato ) i costi della causa e poi il resto diviso tre, giusto? Grazie.

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inexecutivis pubblicato 30 gennaio 2020

Nel giudizio di divisione il comproprietario ha la possibilità di chiedere ed ottenere, ai sensi dell’art. 720 c.c., l’attribuzione dell’intero previo versamento del valore delle altre quote.

Quello contemplato dall'art. 720 è un vero e proprio diritto potestativo del comproprietario, rispetto al quale le altre parti del giudizio versano in una condizione di mera soggezione, tale per cui, disposta la vendita dell’intero, questa andrebbe revocata, ove vi fosse domanda di assegnazione di uno dei comproprietari (Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2008, n. 12119).

Il comproprietario non è tenuto a versare l’intero prezzo, ma solo la quota parte corrispondente al valore delle quote di cui ottiene il trasferimento in proprio favore. È comunque tenuto al versamento delle spese del giudizio di divisione in proporzione alla sua quota. In questi termini si esprime la giurisprudenza, la quale ha affermato che " Nei procedimenti di divisione giudiziale, le spese occorrenti allo scioglimento della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti, trovando, invece, applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporre la compensazione soltanto con riferimento alle spese che siano conseguite ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione" (Cass., sezII, 8 ottobre 2013, n. 22903).

Ciò detto, riteniamo che il valore di assegnazione sia quello della vendita e non quello di stima, poiché non si vede per quale ragione il comproprietario debba subire un trattamento meno favorevole di quello di un qualunque offerente o del creditore che formuli una istanza di assegnazione ai sensi degli artt. 588 e 589 c.p.c..

Quanto ai costi rileviamo quanto segue.

IMPOSTE

L’imposta di registro per l’acquisto della prima casa è dovuta nella misura del 2% (ai sensi dell’art. 1, parte prima della tariffa del d.lgs. 131/1986). Se invece non si tratta di prima casa l’aliquota è del 9%.

In ogni caso, l’imposta di registro non può comunque essere inferiore ad €. 1.000, a norma dell’art. 10, comma 2 D.Lgs. 14/03/2011, n. 23, e che a mente del successivo comma terzo della medesima disposizione occorre considerare €. 50,00 per l’imposta ipotecaria ed €. 50,00 per l’imposta catastale. Dette imposte (prevede la norma citata) sostituiscono l'imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

La base imponibile è data dal prezzo di aggiudicazione.

Tuttavia, ai sensi del combinato disposto dell’art. 52, comma 4, 5 e 5b del TUR e dell’art. 1, comma 497 L. 23/12/2005, n. 266, modificato prima dal comma 21 dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 309 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, la base imponibile è determinata dalla minor somma a tra prezzo di aggiudicazione e rendita catastale rivalutata (del 5%) e moltiplicata per uno dei seguenti coefficienti: 110 per la prima casa, 120 per i fabbricati appartenenti ai gruppi catastali A e C (escluse categorie A/10 e C/1) non prima casa.

COMPENSO PROFESSIONISTA DELEGATO

A questo punto va considerato il compenso dovuto al professionista delegato.

A tale proposito occorre premettere che l’art. 179 bis, comma secondo, disp. att. c.p.c. dispone che “Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell'esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di vendita e le successive che sono poste a carico dell'aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo”.

Quanto alla misura, essa è disciplinata dal Decreto ministeriale 15 ottobre 2015, n. 227, il quale (art. 2) pone a carico dell’aggiudicatario, la quota parte (50%) del compenso dovuto al professionista delegato per la fase del trasferimento della proprietà del bene, il cui importo varia in relazione al prezzo di aggiudicazione, e cioè:

-       quando il prezzo di aggiudicazione è pari o inferiore a euro 100.000, il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad €. 550,00;

-       quando il prezzo di aggiudicazione o il valore di assegnazione è superiore a euro 100.000 e pari o inferiore a euro 500.000 il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad  €. 825,00;

-       quando il prezzo di aggiudicazione o il valore di assegnazione è superiore a euro 500.000 il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad €. 1.100,00

A questi importi vanno aggiunti il contributo previdenziale (4%) e l’IVA (ove il regime fiscale del delegato preveda il versamento dell’IVA).

Occorre infine tenere presente che l’art. 2 comma due del medesimo decreto prevede che “Quando le attività di cui al comma 1, numeri 1), 2) e 3) riguardano più lotti, in presenza di giusti motivi il compenso determinato secondo i criteri ivi previsti può essere liquidato per ciascun lotto”.

Il successivo comma tre prevede che il giudice può aumentare o ridurre l’ammontare del compenso liquidato in misura non superiore al 60%, tenuto conto della complessità delle attività svolte.

Infine, il successivo comma 7 stabilisce che “in presenza di giustificati motivi il compenso a carico dell’aggiudicatario o dell’assegnatario può essere determinato in misura diversa da quella prevista per il periodo precedente”.

monica_dr72 pubblicato 30 gennaio 2020

Grazie infinite per la risposta! Ricapitolando, chiedo al giudice l’assegnazione dell’intero versando i 160.000 euro- 50000 euro (mutuo residuo che al momento continuerei a pagare io):3=36.670-10.000( quota mutuo per ogni sorella già versata da me)=26.670 eurox2=53.340euro, questa è la quota da versare al giudice per chiedere l’assegnazione della casa, giusto? Un ultimo dubbio.. la sorella, sulla cui quota grava l’ipoteca dell’agenzia delle entrate e del privato( debito di circa 15.000per l’una e altrettanto per l’altro), sarà lei che dovrà togliere tale ipoteca prima di vendere la quota? Per toglierla, il debito deve essere estinto per intero o può, nel caso dell’agenzia delle entrate, continuare a pagare a rate avendo chiesto e ottenuto la rottamazione delle cartelle? Se dovesse pagare interamente tale debito, sarebbe quello della rottamazione o quello originale? E all’altro creditore, comunque, spetterebbe meno rispetto alla quota per cui si è insinuato, giusto? E, di conseguenza, dalla vendita mia sorella non recupererebbe nulla se non il saldo dei debiti, giusto? Potrei io acquistare il credito dal secondo creditore, magari cercando un accordo con lui? Se così fosse, risponderei per i 15.000 o per il credito che acquisto? Grazie infinite per tutto!!

monica_dr72 pubblicato 30 gennaio 2020

Dimenticavo.. non c’e bisogno quindi di accordarmi, preventivamente, ne ‘ con l’una ne’ con l’altra delle mie sorelle..giusto?

inexecutivis pubblicato 01 febbraio 2020

Non siamo in grado di verificare i conteggi in mancanza degli atti.

In ogni caso, possiamo dire che l'acquisto non libera le quote acquistate dalle ipoteche, per cui chi acquista o si accolla il debito o si espone all'azione esecutiva del creditoretitolare di ipoteca. Questo vale anche per l'agenzia delle entrate.

Da ultimo osserviamo che per esercitare il diritto all'assegnazione della quota non è necessario il consenso degli altri comproprietari.

monica_dr72 pubblicato 02 febbraio 2020

Grazie per la risposta..Potrei inoltrarvi gli atti che ho in modo da poter verificare tutto, sempre che il regolamento lo permetta. Resto in attesa,

Grazie

inexecutivis pubblicato 05 febbraio 2020

Purtroppo in sotri post devono avere la caratteristica di offrire informazioni utili a tutti i lettori, cosa che verrebbe meno se rispondessimo a quesiti che vanno al di là della singola domanda ed implicano studio di atti che anche i nostri lettori sarebbero obbligati ad esaminare per comprendere il perchè della nostra opinione.

Speriamo di aver comunque offerto qualche elemento utile.

monica_dr72 pubblicato 05 febbraio 2020

Lo supponevo...

Grazie comunque..

Il vostro aiuto è a dir poco prezioso e i complimenti per la vostra professionalità son d' obbligo!

Cordialità

Monica

 

monica_dr72 pubblicato 05 febbraio 2020

Chiedo scusa..ma il professionista delegato mi ha riferito che se chiedessi l'assegnazione dell'immobile bisognerebbe comunque continuare la vendita e se ci fosse un'offerta maggiore del prezzo dell'assegnazione, perderei l'immobile.. Perchè? Potrebbe,questa affermazione, essere legata all'atto di costitutuzione in giudizio presntata dal mio ex legale , di cui non so nulla? 

inexecutivis pubblicato 06 febbraio 2020

Non condividiamo l'opinione del professionista delegato. Il diritto del comproprietario a chiedere l'assegnazione è espressamente previsto dall'art. 720 cc., rispetto al quale l’alternativa della vendita costituisce una ipotesi che soccombe.

Peraltro, in giurisprudenza (Cass., sez. II, 13.6.2019, n. 15926) è stato affermato che “Il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote; ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di modificare, anche in sede di appello (nella specie, all'udienza di precisazione delle conclusioni), le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione”.

 

monica_dr72 pubblicato 06 febbraio 2020

Vi ringrazio ancora per l'estrema chiarezza.

Cordialità

inexecutivis pubblicato 10 febbraio 2020

grazie a lei

monica_dr72 pubblicato 10 febbraio 2020

Buongiorno, 

chiedo scusa, non vorrei sembrare insistente, ma sono ancora qui a richiedere il vostro parere circa quanto riferitomi ulteriormente dal professionista delegato. Egli sostiene fermamente che il giudice non accoglierà la mia istanza di assegnazione per i seguenti motivi:

-mancanza di accordo tra le parti

-iscrizione di ipoteca su immobile da parte della banca derivante da mutuo che grava su tutte e tre le quote

-iscrizione, solo sulla quota parte di una delle condividenti, di ipoteca da parte di agenzia delle entrate e di un privato

-richiesta della sottoscritta di restituzione di parte del mutuo versato fino ad oggi

Pertanto, dovendo fare conteggi non semplici, secondo il delegato alla vendita il giudice non accetterà il versamento della sola quota parte corrispondente al valore delle altre due quote. 

Inoltre, ribadisce che la vendita si effettuerebbe lo stesso in quanto se così non fosse allora non avrebbe senso il termine perentorio della presentazione dell'istanza 10 giorni prima dell'incanto, disposto proprio perchè così eventuali partecipanti all'asta sappiano che, se non offrissero di più, l'immobile verrà assegnato a chi ha presentato l'istanza, eventualità che si avrebbe nel caso in cui la vendita andasse deserta.

Infine, mi ha detto anche che non ho una corsia preferenziale grazie alla quale il giudice è tenuto ad accetare l'istanza.

Allora, vi chiedo :

- cortesemente mi ribadite che ciò che sostiene il delegato non è propriamente esatto?

- ammettendo pure che il delgato abbia ragione, potrei fare istanza chiedendo di poter versare l'intera somma  e non solo il conguaglio?

- altra ipotesi, potrei chiedere, oltre all'accollo del debito riguardante il mutuo, la surroga e cessione del credito all'agenzia dell'entrate e al privato piuttosto che chiedere il relativo accollo del debito? Con quale delle due procedure potrei avere dei vantaggi? Per la surroga, non ho bisogno del consenso del debitore nè devo fare richiesta preventiva al giudice, giusto?

Grazie per la comprensione e disponibilità.

Cordialità

Monica

 

 

 

 

 

inexecutivis pubblicato 11 febbraio 2020

Ribadiamo le risposte che abbiamo fornito, rimarcando che l'assegnazione di cui parliamo noi è quella di cui alla'rt. 720 cc e non quella di cui all'art. 588 e 589 cpc (alla quale sembra che il delegato voglia riferirsi quando allude al termine di 10 giorni).

quanto alla distinzione tra surrogazione ed accollo, potendoci limitare in questa sede a brevi cenni, osserviamo che la surrogazione non richiede il consenso del debitore, ma presuppone che il surrogante adempia integralmente l'obbligazione (art. 1201 c.c.), laddove con l'accollo ci si obbliga semplicemente a farlo nei termini in cui vi era tenuto il debitore.

monica_dr72 pubblicato 12 febbraio 2020

Vi ringrazio infinitamente.

A prescindere da ciò che sostenie il delegato, e anche il mio legale, farò istanza di attribuzione dell'immobile.

Comunque vada, meritate un plauso come team di professionisti valido, preciso, preparato e sempre

disponibile.

Grazie per il vostro preziosissimo aiuto.

Vi aggiornerò sugli sviluppi che, sicuramente a breve, avrò.

Cordialità

Monica

inexecutivis pubblicato 17 febbraio 2020

Grazie a lei!

monica_dr72 pubblicato 28 febbraio 2020

Buongiorno,

con sommo piacere, vi informo che, dopo aver presentato l'istanza di assegnazione dell'immobile ex art.720 cc, non scevra di diversi problemi, come ad esempio dover convincere due avvocati della fattibilità di quanto da me richiesto, il giudice ha disposto la sospensione dell'asta e l'udienza delle parti il prossimo mese...

Nel frattempo, ho già un altro problema di cui occuparmi per cui, essendo voi di una competenza di fatto indiscussa, mi trovo a dover approfittare nuovamente della vostra disponibilità per poter avere un vostro parere e tutti i consigli preziosi che ne deriveranno.

Nel tentativo di cercare un accordo con il privato che ha iscritto ipoteca di secondo grado su una delle tre quote d'eredità, il suo legale mi ha detto che, essendo gli altri creditori intervenuti contumaci (equitalia, ipoteca di primo grado sulla stessa quota dove anche il privato ha iscritto ipoteca, e l'istituto bancario, mutuo ipotecario sull'immmobile in questione acceso dai miei gentori, di cui io sono ancora tuttora la garante, in quanto la banca, alla morte dei miei genitori, non ha ritenuto necessario che presentassimo la successione), l'unico ad aver diritto ad essere liquidato è il suo cliente, sostenendo anche che con la procedura si estinguerebbero i debiti (?'??). Ritenente sia corretto quanto sostenuto dall'avvocato? O, forse, intendeva dire che il credito vantato dai convenuti contumaci non entrerebbe nella procedura e, di conseguenza, il giudice, nel fare i conteggi, è tenuto a liquidare solo il credito del privato? E, se comunque avesse voluto intendere ciò, è possibile non tenere in conto il debito nei confronti della banca e di equitalia? Come verrebe estinta poi l'ipoteca?

Inoltre, assumendo che non sia corretto quanto sotenuto dall'avvocato, vorrei sapere se:

- il credito vantato da equitalia e dal privato ricade sulla massa ereditaria o è in capo alla sola esecutata?

- il mutuo ipotecario bancario ricade sulla massa ereditaria o è in capo solo alla sottoscrita, essendone la  garante? 

-per mutuo ipotecario si intende tutto il mutuo dalla prima rata pagata dopo la morte del genitore o solo la parte che resta partendo dalla sospensione dell'asta?

Quindi, in soldoni, indicando con:

- X il prezzo di vendita dell'immobile

- A credito equitalia

- B mutuo banca( b1=rate versate fino ad oggi+ b2=mutuo residuo)

- C credito del privato

- D spese della procedura

potreste aiutarmi a capire quale dei conteggi di seguito esposti è esatto?

Ho individuato tre possibilità:

1)  l'avvocato ha ragione  e A e b2 si estinguono

                  (X-D)/3=Z 

non essendo tenuta a versare la mia quota, verserei 2Z + D e il giudice prenderebbe D per le spese di esecuzione, darebbe Z alla non esecutata e Z-C alla esecutata. 

Ma se, pur avendo ragione l'avvocato, A e b2 comunque non si estinguessero, come sicuramente è, supponendo l'accollo del mutuo da parte mia e anche del debito di equitalia, premettendo che con le controparti non ci sono rapporti, per recuperare A e B/3x2 dovrei intentare altra causa o, eventualmente, è possibile "fare qualcosa" nello stesso procedimento o parlarne al giudice in occasione della prossima udienza?

2) l'avvocato ha torto:

         a) tutto grava sulla massa ereditaria:

              (X-(A+B o b2+C+D))/3=Z 

 devo considerare B= mutuo totale dalla morte del genitore  o b2= mutuo residuo?

non essendo tenuta a versare la mia quota, io dovrei dare 2Z+A+b2 (che non verserei perchè chiederò l'accollo del debito)+C+D e, poi, per recuperare quanto non mi competeva versare (cioè -A,C, e anche rate mutuo già versate:3x2 e quanto c'è da versare ancora:3x2) sono tenuta ad intraprendere altra causa?

          b) sulla massa ereditaria grava solo il mutuo ipotecario e le spese di esecuzione

                 (X-(B o b2+D))/3=Z

non versando la mia quota, dovrei dare 2Z + b2 (che comunque non verso perchè chiedo accollo) +D, poi spetterà al giudice togliere D per la procedura, dare alla coerede non esecutata Z e a quella esecutata dare Z-(A+C).

Nella speranza di essere stata chiara, mi scuso per l'uso di termini non propriamente legali e per la lungaggine dello scritto e vi ringrazio anticipatamente per la vostra infinita disponibilità.

Cordialità 

Monica 

 

inexecutivis pubblicato 03 marzo 2020

Proviamo a fornire qualche ulteriore indicazione.

Se i debiti sono stati contratti dal defunto, il pagamento può essere preteso nei confronti di tutti gli eredi.

Quanto alla cancellazione dei debiti, in realtà è più corretto dire che si cancellano le formalità pregiudizievoli gravanti sul bene, nel senso che l’acquirente o l’assegnatario ha diritto ad ottenere un bene libero da gravami. Il fatto che la banca e l’Agenzia delle Entrate non sono intervenute potrebbe voler dire due cose: o che il debito è stato estinto, oppure che non hanno avuto notizia del giudizio, il che sarebbe un problema poiché a nostro avviso devono essere necessariamente coinvolti in quanto litisconsorti. Le suggeriamo pertanto di verificare questa circostanza.

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