L’art. 161-bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 28 dicembre 2005 n. 263, ha previsto la possibilità di rinviare la vendita, purché vi sia il consenso dei creditori e degli offerenti che abbiano prestato cauzione.
Lo scopo della norma è quello di scongiurare la prassi di depositare strumentali richieste di rinvio delle vendite presentate a ridosso del giorno della vendita, senza impedire comunque la possibilità che vengano stipulati accordi tra i soggetti che a diverso titolo sono coinvolti nel procedimento, al fine di pervenire ad una definizione consensuale della vertenza.
L’ambito di applicazione di questa previsione deve essere individuato coordinandola con quanto previsto dal primo comma dell’art. 624-bis c.p.c., a mente del quale l’istanza di sospensione (concordata) “può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto”, per la vendita senza incanto, e nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia avuto esito, “fino a quindici giorni prima dell’incanto”. Se ne deve ricavare, allora, che in pendenza del temine per il deposito di offerte di acquisto:
fino a venti giorni prima del termine ultimo per la presentazione delle offerte di acquisto la procedura potrà essere sospesa ex art. 624-bis c.p.c.;
dopo il ventesimo giorno la procedura potrà essere rinviata ex art. 161-bis disp. att. c.p.c., ma se sono state presentate offerte di acquisto, il rinvio è subordinalto al consenso degli offerenti.
I precipitati procedimentali di queste premesse sono quelli per cui, presentata un’istanza di rinvio, il provvedimento che la dispone potrà essere adottato solo dopo l’apertura delle buste, atteso che solo in quel momento si conoscerà l’identità degli offerenti e si potrà verificare se essi abbiano prestato o meno cauzione.
Questa soluzione, a nostro avviso, deve essere praticata anche quando al momento di presentazione dell’istanza di rinvio non siano ancora intervenute offerte di acquisto.
La norma, invero, nel richiedere il consenso degli offerenti va interpretata nel senso del necessario coinvolgimento del mercato cui il bene è già stato offerto, mercato che deve essere posto in condizione di esprimersi (appunto attraverso la presentazione di offerte di acquisto); tale interpretazione, inoltre è quella che meglio la pone al riparo dal rischio di strumentalizzazioni.
Poiché il legislatore tace in ordine alle modalità attraverso le quali il consenso deve essere acquisito, esse devono essere individuate dal giudice dell’esecuzione nell’esercizio del generale potere di governo della procedura ex art. 484 c.p.c..
In questo senso, detto preliminarmente che gli offerenti legittimati ad esprimersi non possono che essere quelli che (oltre ad aver prestato cauzione, come richiesto dall’art. 161-bis citato) abbiano presentato un’offerta valida, sicché l’inefficacia dell’offerta ex art 571 c.p.c. va considerata, ai fini che qui interessano, tam quam non esset, (poiché non pare revocabile in dubbio che un offerente il quale abbia presentato una offerta invalida sia un “non offerente”), il consenso di costoro può essere acquisito senza che siano necessarie formule sacramentali (non previste) mediante interlocuzione diretta in udienza (che l'udienza in cui si svolge la vendita sia, per l’appunto, una udienza, lo si ricava direttamente dall'art. 569, comma terzo, c.p.c., - a mente del quale con l'ordinanza di vendita il Giudice fissa, tra l'altro, "l'udienza per la deliberazione sull'offerta”, con una previsione che costituisce una novità, introdotta nel 2005, rispetto alla previgente formulazione del testo normativo, che invece si limitava a prevedere che il Giudice disponeva la vendita, la quale si svolgeva secondo le disposizioni a seguire – e dall’art. 631 c.p.c., secondo cui la disciplina del rinvio dell'udienza per assenza delle parti non si applica all'udienza fissata per la vendita) tra il professionista delegato e gli offerenti, e senza la necessità di concedere eventuali termini a questo fine, poiché l’offerente è in grado di sapere (essedo previsto da citato art. 161-bis) che il giorno della vendita potrebbe essere chiamato ad esprimere il proprio consenso sul rinvio delle relative operazioni.
Analogo vuoto deve essere poi colmato dal giudice (al precipuo scopo di evitare possibili contestazioni e situazioni di stallo processuali) a proposito della disciplina dell’eventuale silenzio serbato dagli offerenti interpellati, disciplina di cui gli stessi offerenti debbono essere preliminarmente edotti in ossequio ad un canone di trasparenza, che costituisce assioma indefettibile del procedimento di vendita (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11171 del 29/05/2015).
Infine, in ordine agli effetti, l’espressione “rinvio della vendita” contenuto nella norma, deve indurre a ritenere che il provvedimento del Giudice adottato ai sensi dell’art. 161-bis citato si sostanzi in un congelamento delle operazioni di vendita (recte, un rinvio delle stesse) e dunque, decorso il termine eventualmente concesso, la procedura esecutiva riprenderà il suo corso mercé la delibazione sulle offerte eventualmente presentate e la gara tra gli offerenti.