Cambio destinazione d'uso, IVA, condominio

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  • Ultimo messaggio 03 agosto 2018
gianandrea pubblicato 29 luglio 2018

Buongiorno,

grazie per l'opportunita di poter chiedere alcuni chiarimenti, sono aggiudicatario di un unico lotto comprendente due appartamenti adiacenti, uno A2 (60 mq catastali) ed un A10 (110 mq catastali). Questi erano originariamente un unico appartamento di categoria A2.

Avrei le seguenti domande per favore:

1) sarei interessato a riportare ad A2 il secondo per pagare meno sulla rendita catastale avendo comunque intenzione di tenerli separati. Questi sarebbe usato per studio medico e la legge permette di farlo in un A2. Conviene portarlo in A2 in primo luogo e quando posso fare la domanda, solo dopo il trasferimento?

2) su entrambi gli appartamenti, considerati un unico appartamento da un punto di vista condominiale, grava una morosità condominiale di 18.000 euro come evinto dal perito. Ho l'obbligo di pagare la quota cosi come citata in perizia o la legge pone un limite alla retroattività per la quale sono responsabile. Nella perizia non è specificato di quanti anni si tratta.

3) dalla perizia sono risultate alcun incongruenze tra la piantina catastale e l'effettivo stato di fatto di alcuni tramezzi. E' stata gia presentata domanda di condono nel 2004 ma non ancora approvata. Il perito ha valutato in 3500 il costo per la CILA. Se ho intenzione di riportare tutto come risulta al catasto, debbo presentare domanda di annulamento di condono?

4) questo è il mio primo immobile, sono in regime di separazione dei beni e mia moglie ha intestata la casa ove viviamo (stesso comune). Come viene calcolata l'IVA sull acquisto anche in considerazione del fatto che uno è A2 e l'altro A10?

5) sull'atto del delegato alla vendita viene citato che l'aggiudicatario debba provvedere alla visura ipocatastale. Potrebbe per cortesia spiegarmi di cosa si tratta?

Grazie anticipatamente per le risposte


Cordiali saluti e complimenti per il sito pieno di informazioni utili.

 

 

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inexecutivis pubblicato 01 agosto 2018

Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate, seguendo l'ordine secondo il quale sono state formulate.

Quanto alla prima.

La categoria A/2 indicale le "abitazioni di tipo civile"; A/10 invece definisce gli "uffici e studi privati". Non è possibile affermare se convenga più l'una o l'altra, poiché molto dipende dalle esigenze personali del proprietario. Per esempio, possiamo dire che i moltiplicatori previsti dalla legge per calcolare l'imposta di registro sono più bassi per un A/10 (60) che per un A/2 (120). Questo dato andrebbe comparato con la variazione della rendita catastale che si avrebbe passando da un A/2 ad A/10. In buona sostanza il problema è essenzialmente di carattere fiscale ed il suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di fare con un tecnico una simulazione di variazione catastale verificando come cambia la rendita.

In ogni caso eventuali variazioni potranno essere eseguite solo dopo il decreto di trasferimento adottato dal Giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 586 c.p.c. secondo la giurisprudenza (si veda, tra le molte, Cass. 16.4.2003, n. 6272) e la dottrina maggioritaria è il decreto di trasferimento l'atto che determina il trasferimento della proprietà in capo all’aggiudicatario, sebbene sia stato autorevolmente sostenuto che l’effetto traslativo si produca con l’aggiudicazione (secondo alcuni) o con il versamento del saldo (secondo altri).

Precisiamo solo che la data da considerare ai fini della determinazione del momento in cui si trasferisce la proprietà non è quella della firma del decreto di trasferimento bensì quella del suo deposito in cancelleria. Ed infatti, “Il principio secondo il quale i provvedimenti del giudice civile acquistano giuridica esistenza solo con il deposito in cancelleria si applica anche ai provvedimenti del giudice dell'esecuzione, sicché è ammissibile l'istanza di sospensione della vendita e di revoca o annullamento dell'aggiudicazione, quando il decreto di trasferimento, pur sottoscritto, non sia stato ancora depositato in cancelleria” (Cass. Sez. 3, 20.5.2015, n.10251).

In ordine alla seconda.

Per determinare quale porzione degli oneri condominiali insoluti l'acquirente può essere chiamato a versare occorre prendere le mosse dall'art. 63 disp. att. cc, ai sensi del quale "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente".

Da questa norma si ricava il principio per cui l’acquirente di una proprietà esclusiva facente parte di un complesso condominiale è tenuto, unitamente al venditore, al pagamento delle spese condominiali deliberate nell’anno in corso e nell’anno precedente all’acquisto. Orbene, poiché nelle procedure esecutive l’acquisto, ossia il trasferimento della proprietà, si determina con il decreto di trasferimento è alla data del decreto di trasferimento che occorre avere riguardo.

In ordine a questo aspetto è bene precisare che per anno in corso non si intende l'anno solare bensì l'annualità di esercizio. In questi termini si è espressa la giurisprudenza, secondo la quale “In tema di ripartizione delle spese condominiali, l’espressione “anno in corso”, di cui al previgente art. 63, comma 2, disp. att. c.c. – ora, in seguito all’approvazione della l. n. 220 del 2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c. - va intesa, alla luce del principio della "dimensione annuale della gestione condominiale", con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, il quale può anche non coincidere con l’anno solare”. (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 7395 del 22/03/2017).

Ancora, va detto che il legislatore utilizzando il termine “contributi” ha volutamente utilizzato una espressione omnicomprensiva, che abbraccia tutte le spese comunque dovute dal condomino in quanto tale, a prescindere dalla genesi dell’obbligazione pecuniaria.

Quindi, il limite del biennio vale per tutti i tipi di debiti condominiali, a prescindere dalla loro fonte.

Diverso, invece, è il criterio da utilizzare al fine di verificare se una certa spesa rientri o meno nel biennio considerato, dovendosi distinguere, a questo proposito, tra spese di manutenzione straordinaria, da un lato, e spese di gestione, manutenzione ordinaria e necessarie alla conservazione delle parti comuni, dall’altra.

La giurisprudenza, con riferimento alle spese necessarie per la conservazione o il godimento dell’immobile ha infatti stabilito che  l'obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere, mentre la delibera dell'assemblea di approvazione della spesa, che ha la funzione di autorizzarla, rende liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene determinata la quota a carico di ciascun condomino, sicché, in caso di compravendita di un'unità immobiliare sita in edificio soggetto al regime del condominio, è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa” (Cass., 18.4.2003, n. 6323).

Viceversa, in tema di interventi di straordinaria manutenzione la medesima Corte di Cassazione ha precisato che “In caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell'immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l'acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'art. 63 disp. att. cod. civ.. (Cass., 3.12.2010, n. 24654, ove si è precisato che invece, le spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune occorre avere riguardo al momento in cui nel momento in cui sorge la relativa obbligazione, indipendentemente dall’inserimento in bilancio, anche precedente, della relativa spesa, in quanto la loro erogazione effettiva non è mera esecuzione della delibera assembleare e l’appostazione di una somma nel bilancio preventivo ha la mera finalità di convalidare la congruità delle spese che il condominio prevede di dovere sostenere per le attività comprese nell’ordinaria gestione condominiale).

In ordine al terzo quesito.

Non siamo in grado di rispondere alla domanda poiché non sappiamo qual è lo stato del procedimento attivato dal vecchio proprietario. La soluzione migliore è quella di inoltrare al comune una apposita istanza di accesso agli atti ed estrarre copia della documentazione, al fine di avere un quadro preciso della situazione.

A proposito del quarto quesito.

Qui il tema è quello di stabilire se con riferimento al bene A/2 (per l'immobile A/10 la possibilità va esclusa a priori poiché si tratta di immobile non abitativo) l'acquirente possa usufruire dei benefici fiscali legati all'acquisto della prima casa.

Sul punto va detto che, in generale, i requisiti per godere dei benefici fiscali relativi all’acquisto della prima casa sono previsti dalla nota 2 bis dell’art. 1 della tariffa del d.P.R. 26 aprile 1966, n. 131 (testo unico dell’imposta di registro). Secondo questa norma devono ricorrere le seguenti condizioni.

a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano . La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere proprietario (esclusivo o in comunione con il coniuge) di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare (alla proprietà è equiparato il diritto di usufrutto, uso e abitazione);

c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere proprietario (neppure per quote, anche in regime di comunione legale) su tutto il territorio nazionale di altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa, (alla proprietà è equiparato il diritto di usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà).

Sulla scorta di questi dati ci pare di poter dire, stando al tenore della domanda, che i benefici "prima casa" possono essere utilizzati.

Quinta domanda.

La visura ipocatastale indica due "certificati" indica le formalità che sono state iscritte o trascritte a favore o contro l'esecutato. Normalmente questo "certificato" deve coprire un periodo compreso tra la data di trascrizione del pignoramento e la data del decreto di trasferimento. La visura catastale, invece indica la condizione catastale dell'immobile. Anche questo certificato deve coprire, in ambito esecutivo, lo stesso periodo.

Entrambi vanno richiesti all'Agenzia del territorio.

gianandrea pubblicato 01 agosto 2018

Gentilissima Astalegale

 

Grazie infinite perle esaustive risposte ed il tempo impiegato a scriverle, Veramente di grande aiuto 

Sul punto numero due che riguarda quindi il condominio avrei un ulteriore chiarimento. Il perito che ha fatto la stima dell'immobile ha decurtato dal valore finale quella quota di pendenze condominiali comunicate dall'amministratore in data dicembre 2017.

La domanda è questa: essendo stato specificato nella perizia delle pendenze condominiali e quindi il prezzo base d'asta ridotto di conseguenza, sono io comunque tenuto a pagare quella cifra indicata o posso avvalermi di quanto descritto da lei in base all'art. 63 disp. att. cc?

Grazie ancora e complimenti per la professionalità e l'assiduità 

Cordiali saluti

 

 

 

inexecutivis pubblicato 01 agosto 2018

Vale quanto previsto dall'art. 63 disp att cc., in ogni caso.

gianandrea pubblicato 01 agosto 2018

Ottima notizia allora.

 

Grazie ancora e buon lavoro.

inexecutivis pubblicato 03 agosto 2018

Grazie a lei.

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