aste immobiliari

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  • Ultimo messaggio 24 febbraio 2020
gloria1 pubblicato 23 febbraio 2020

Buongiorno.Nel febbraio 2019 è stato notificato da parte di una Banca,creditrice in forza di mutuo fondiario, un pignoramento imm.ad una srl estinta nel 2016 I beni risultano tuttora intestati alla Soc.estinta (immobili non dichiarati in sede di bilancio finale di liquidazione). Credo che il pignoramento sia stato notificato anche all'unico socio (100%) della srl mentre la perizia di stima è stata notificata ad entrambi i soggetti. Il Giudice dell'esecuzione è intenzionato a procedere alla vendita.La mia domanda è la seguente: - nell'ordinanza di vendita deve essere menzionato che il bene oggetto d'asta è intestato ad una srl ormai estinta? -a quali rischi va incontro l'aggiudicatario , anche in funzione di una eventuale futura vendita,dalla mancata trascrizione del trasferimento del bene dalla srl all'unico socio? Se quanto sopra menzionato può creare dei problemi all'aggiudicatario nella mia posizione(creditore non procedente , possessore senza titolo**, ed eventuale acquirente sll'asta) posso proporre opposizione agli atti esecutivi ,in che tempi e modo,considerato che non è stata ancora predisposta l'ordinanza di vendita e l'udienza delle parti è stata aggiornata ai primi di aprile?

** possesso derivato da preliminare e verbale di consegna da parte dell'impresa costruttrice, poi fallita, che ha ceduto la proprietà alla SRL in seguitoi estinta e sentenza passata in mio favore. Trattasi di seconda casa. Grazie per la Vs cortesia e competenza.

inexecutivis pubblicato 24 febbraio 2020

Il quesito formulato richiede una risposta articolata.

Ai sensi dell’art. art. 2487, allorquando si verifica una causa di scioglimento della società, occorre procedere alla nomina dei liquidatori.

Quest’organo procede, tra l’altro, alla “alla cessione dell'azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi”. La deliberazione della messa in liquidazione deve essere resa nota mediante iscrizione nel registro delle imprese, e la denominazione sociale deve essere modificata con l’aggiunta che la società è “in liquidazione”, per cui, ad esempio, la “tizio s.r.l.” diviene “tizio s.r.l. in liquidazione” (così l’art. 2487 bis c.c.).

A norma dell’art. 2495 c.c., “approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, avvenuta la quale i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società”.

Occupandosi del caso in cui non tutte le posizioni attive e passive siano state definite, e ciononostante la società sia stata cancellata, (Cass. Sez. U, 12 marzo 2013, n. 6070), ha affermato che “qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, "pendente societate", fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”.

Premesso dunque che, dopo l’estinzione della società, i beni sono pignorabili in capo ai soci, si pone il problema ulteriore di stabilire se, preliminarmente, sia necessario che l’acquisto in capo a costoro risulti o meno da i pubblici registri immobiliari.

In argomento non si registrano, ad oggi, unanimità di consensi, ne constano precedenti di legittimità.

Secondo alcuni poiché il fenomeno successorio sarebbe necessario ed automatico, non vi sarebbe neppure bisogno di questa trascrizione, bastando le risultanze del Registro delle imprese, che consentirebbero di superare il problema della continuità delle trascrizioni; segnatamente sarebbe sufficiente il certificato rilasciato dal Conservatore del Registro delle imprese attestante l'avvenuta cancellazione della società e la composizione della compagine sociale.

A fronte di questa opinione si registra la più rigorosa presa di posizione di coloro i quali per esigenze di certezza giuridica avvertono l'esigenza di un accertamento di portata ricognitiva, in grado di formalizzare la situazione proprietaria, anche in vista di successivi trasferimenti.

Ove si ritenga necessaria la trascrizione, si pone evidentemente l’ulteriore questione di individuare il titolo in forza del quale procedervi. In proposito, è certamente ipotizzabile la stipula di una atto ricognitivo tra i soci ovvero un provvedimento giudiziale avente analogo contenuto. Altra soluzione proposta in dottrina è quella di procedere alla trascrizione di un atto integrativo del bilancio finale di liquidazione contro la società estinta ed in favore di tutti i soci.

Così ricostruito il panorama normativo e dottrinario, ed in assenza di precedenti specifici della giurisprudenza di legittimità, riteniamo che la soluzione più garantista sia quella di procedere alla trascrizione del titolo di acquisto in capo ai soci.

Ricordiamo a questo proposito che la Corte di cassazione (Sez. III, n. 11638 del 26 maggio 2014) a proposito del pignoramento di beni ereditari in relazione ai quali mancasse la trascrizione dell’accettazione dell’eredità ha ritenuto necessaria la trascrizione, osservando che la trascrizione dell'acquisto mortis causa in capo all'esecutato assolve nell'espropriazione immobiliare alla funzione principale di tutelare l'acquisto dell'aggiudicatario, garantendone la stabilità in caso di conflitto con gli aventi causa dall'erede apparente (nel caso in cui l'esecutato sia il vero erede) o dall'erede vero (nel caso in cui l'esecutato sia erede apparente)”, osservando che “se in astratto, ciò che rileva perché il processo esecutivo si concluda con una vendita coattiva valida ed efficace è che il soggetto esecutato abbia, accettando l'eredità, acquisito la titolarità del diritto reale sul bene pignorato, sicché si potrebbe prescindere dalla trascrizione dell'accettazione; per assicurare, in concreto, la stabilità della vendita coattiva è necessario che sia rispettata la continuità delle trascrizioni”.

Ora, è ben vero che il fenomeno successorio che si verifica in occasione dello scioglimento della società non è sovrapponibile a quello determinato dalla morte del de cuius, poiché non si pone un potenziale problema di conflitti tra il vero erede e l’erede apparente, ma è pur vero che l’autonomia del sistema della pubblicità immobiliare deve consentire di avere certezza in merito agli acquisti compiuti a favore o contro un soggetto senza la necessità di andare alla ricerca di dati ulteriori rispetto o quelli risultanti dai pubblici registri.

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