Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.
Quanto alla prima, osserviamo quanto segue. Sia la vendita che si celebra in ambito fallimentare che quella che si svolge in sede esecutiva sono vendite “forzate”, nel senso che in entrambe si prescinde dalla volontà del proprietario del bene.
Non è detto che, tuttavia, le vendite esecutive e le vendite fallimentari soggiacciano alle medesime regole.
Le vendite fallimentari sono disciplinate dall’art. 107 l.fall., il quale contiene una disciplina solo in parte sovrapponibile con quella esecutiva.
In primo luogo la norma prevede genericamente che le vendite debbano svolgersi mediante “procedure competitive”, senza prescrivere l’obbligo di osservare le disposizioni di cui al codice di procedura civile.
Il programma di liquidazione, tuttavia, può prevedere che “le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate… secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”.
È inoltre previsto che la vendita possa essere sospesa “ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto”.
Insomma, i due procedimenti potrebbero non essere sovrapponibili. È tuttavia possibile che il curatore, nell’elaborare il programma di liquidazione, abbia prospettato al Giudice (che autorizza l’esecuzione degli atti esecutivi del programma di liquidazione a norma dell’art. 104 ter, comma 9 l.fall.). Questa eventualità si verifica frequentemente, poiché il rinvio alle norme che disciplinano le vendite esecutive consente di disporre di una cornice normativa certa di riferimento.
Pertanto, ed in definitiva, andrà letto l’avviso di vendita (ed eventualmente il programma di liquidazione) poiché in esso sarà possibile individuare se nella gestione della vendita la curatela abbia o meno deciso di attenersi alle regole del codice di procedura civile.
A proposito della seconda domanda, non siamo in grado di rispondere sulla scorta dei dati disponibili.
Possiamo solo ipotizzare che verosimilmente si tratterà di una vendita senza incanto. Infatti a seguito delle modifiche introdotte all’art. 569, comma terzo, c.p.c. dal d.l. 12 settembre 2014 n. 132, recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, convertito, con modificazioni, con l. 10 novembre 2014, n. 162, si procede alla vendita con incanto solo quando “il Giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568”.
È evidente che questi essendo i presupposti della vendita con incanto, si tratta di un istituto la cui applicabilità resta solo sulla carta.
Veniamo alla terza domanda. A nostro avviso, se nulla è detto, l’unico offerente resta aggiudicatario anche se non esegue rilanci, a meno che successivamente all’aggiudicazione pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 107, comma quinto, l.fall.
In ordine alla applicabilità dell’IVA, dobbiamo osservare che in base all’art. 10 primo comma, n. 8-bis), del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dal decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012 (convertito, con modificazioni, con l. 7 agosto 2012, n. 134) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumentali sono soggette al regime “naturale” di esenzione da IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi:
1) cessioni effettuate dalle imprese costruttrici (o di ripristino degli stessi immobili) entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento;
2) cessioni poste in essere dalle stesse imprese anche successivamente, nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;
3) cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali (come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008) per le quali nel relativo atto il cedente abbia manifestato espressamente l’opzione per l’imposizione.
Dunque, se si tratta di un fabbricato non strumentale, l’IVA sarà applicabile solo se ricorre una delle tre ipotesi sopra individuate.
Per completezza, ricordiamo che secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare 4 agosto 2006, n. 27/E ribadita, sul punto, dalla circolare 29 maggio 2013, n. 18/E), sono fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nel gruppo catastale “A” (esclusa la categoria “A/10”). Sono invece fabbricati strumentali per natura (vale a dire, quelli che “per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni”) le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali “B”, “C”, “D”, “E” e nella categoria “A10” qualora la destinazione ad ufficio o studio privato risulti dal provvedimento amministrativo autorizzatorio.
Infine, quanto alla restituzione della cauzione, osserviamo che la stessa va restituita immediatamente all’aggiudicatario, anche se in caso di vendita telematica potrebbe essere necessario attendere i tempi di esecuzione dei bonifici.