Asta appartamento con causa in corso

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  • Ultimo messaggio 23 gennaio 2021
giallone pubblicato 19 gennaio 2021

Il nostro condominio ha un credito di circa 20.000 nei confronti di un condomino che non paga ormai da anni.

Ora il nostro amministratore ha proposto di pignorare l'immobile e poi mandarlo all'asta con costi non indifferenti da anticipare. Ma l'appartamento ha il seguente gravame iscritto da circa 6 anni in Conservatoria:

TRIBUNALE DI       DOMANDA GIUDIZIALE IMPUGNAZIONE DI ACQUISTI PER CAUSA DI MORTE

Trascirzione contro l'attuale proprietario, a favore di alcuni signori che hanno iniziato una causa per impugnare il testamento che lo nominava erede.

Infatti c'è in pendenza una causa civile non ancora conclusa.

Chiedevo

si puo mandare all'asta un appartamento con tale gravame?

qualcuno lo comprerebbe?

Grazie

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inexecutivis pubblicato 20 gennaio 2021

Teoricamente il bene può essere posto in vendita poichè le domande giudiziali hanno funzione prenotativa, nel senso che servono a far si che la successiva sentenza sia opponibile a coloro i quali, dopo la proposizione della domanda, hanno acquistato diritti.

Il pignoramento dei beni pervenuti al debitore per atto di liberalità pone in effetti alcuni problemi di stabilità della vendita, i quali inevitabilmente si riverberano sul valore economico del cespite quale conseguenza della minore appetibilità dello stesso, in ragione dei rischi cui il trasferimento della proprietà in favore dell’aggiudicatario si espone.

In argomento, occorre muovere dalla considerazione per cui il legislatore ha inteso tutelare talune categorie di eredi, riservando loro una quota dell’asse ereditario, a prescindere dalle determinazioni volitive del de cuius. Si tratta dei legittimari, che l’art. 536 c.p.c. individua nei discendenti e nel coniuge, nonché negli ascendenti qualora i discendenti manchino.

La protezione di cui questi soggetti godono non opera solo nell’ambito dei trasferimenti mortis causa, ma spiega i suoi effetti anche nei negozi a titolo donativo[1].

Il precipitato di questa tutela, nello spiegare i suoi effetti anche nei confronti non solo dell’avente causa del donatario ma anche nei confronti dei successivi acquirenti (nei termini e nei limiti che ci si appresta ad esplicitare) pone il (mai del tutto sopito) tema della circolazione dei beni immobili di provenienza donativa, terreno di confronto e scontro di due contrapposti princìpi dell’ordinamento: quello della tutela dei legittimari, da un lato, e quello della sicurezza dei traffici giuridici, dall’altro.

Il primo dei rimedi che l’ordinamento appresta all’erede legittimario è l’azione di riduzione, disciplinata agli artt. 553 e ss c.c.

L’azione di riduzione è un’azione di accertamento costitutivo volta ad ottenere la pronuncia di una sentenza dichiarativa della inefficacia delle disposizioni testamentarie o delle donazioni che contengano disposizioni lesive della quota di legittima. Oggetto dell’azione di riduzione sono, nell’ordine le disposizioni testamentare e le donazioni, salvo che le disposizioni testamentarie abbiano avuto ad oggetto la quota disponibile. A loro volta, le donazioni sono colpite partendo dalla più recente alla più anteriori.

Legata all’azione di riduzione è quella di restituzione, in forza della quale il legittimario leso ottiene la concreta restituzione del bene donato. Il carattere reale di questa azione si ricava plasticamente dall’art. 561, a mente del quale “gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione solo liberi da ogni peso o ipoteca di cui il … donatario può averli gravati”.

La portata di questo istituto, proprio in omaggio ad una esigenza di maggiore sicurezza delle vicende circolatorie che interessano questi beni, è stata mitigata dal d.l. 14.3.2005, n. 35, convertito in l. 14.5.2005, n. 80.

In forza di questo intervento normativo, il novellato art. 561 c.c. dispone che se l’azione di riduzione viene esperita decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, i vincoli eventualmente iscritti medio tempore sul bene conservano la loro efficacia, aggiungendosi che qualora la trascrizione della domanda di riduzione avvenga dopo dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza che l’accoglie non pregiudica l’acquisto compiuto dal terzo in forza di un atto trascritto anteriormente alla domanda.

Ergo, l’eventuale pignoramento o ipoteca iscritti dopo la trascrizione della donazione non potranno essere opposti al legittimario se costui procede alla trascrizione della domanda di riduzione prima del decorso dei dieci anni dall’apertura della successione. Se vi provvede dopo (e comunque nell’arco del ventennio dall’apertura della successione) il pignoramento e l’ipoteca gli potranno essere opposti solo se precedono la trascrizione della domanda di riduzione.

Regole solo in parte diverse disciplinano il caso della opponibilità dell’azione di riduzione al terzo avente causa del donatario.

In questa ipotesi occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 563 c.p.c., a mente del quale se i donatari contro i quali è stata esperita l’azione di riduzione di cui all’art. 559 c.c. da parte dei legittimari hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario che ha agito con l’azione di riduzione, se rimane insoddisfatto dopo l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili donati (salvi gli effetti del possesso di buona fede con riferimento ai beni mobili).

Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.

La norma specifica che questo termine è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

In ogni caso, ai sensi dell’art. 2652, n. 8 c.c. la domanda di riduzione di cui si è appena detto deve essere trascritta, e se è trascritta dopo 10 anni dalla morte del donante non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

Ed allora, al fine di verificare i possibili rischi connessi all’acquisto di un bene pervenuto al debitore esecutato in forza di una donazione occorre verificare:

se il donante sia deceduto o meno;

se siano trascorsi o meno i termini di cui si è sin qui detto;

se sono state trascritte o meno domande di riduzione della donazione;

se gli eredi legittimi hanno o meno rinunciato all’eredità.

Chiarito il quadro normativo di riferimento, va comunque osservato che sebbene un risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., 5 dicembre 1968, n. 3896) abbia affermato che nel caso in cui il bene donato sia stato pignorato i coeredi legittimari potrebbero chiedere la riduzione della liberalità e la reintegrazione della quota di riserva col mezzo dell’opposizione di terzo all’esecuzione, facendola valere nei confronti creditore procedente e quindi anche nei confronti dell’aggiudicatario, altra dottrina afferma che l’art. 563 c.c., circoscriverebbe la esperibilità del rimedio della riduzione  nei soli confronti di coloro ai quali il bene sia stato alienato dal donatario, e tale non sarebbe l’aggiudicatario, il quale diviene proprietario del bene in forza di un trasferimento coattivo dell’immobile, e non negoziale.

Infine, a proposito del coordinamento tra il termine ventennale dalla trascrizione della donazione e la clausola che fa salvo l’art. 2652, n. 8, c.c., è da ritenersi che se la successione si apre dopo oltre venti anni dalla trascrizione della donazione, il rimedio sarà definitivamente precluso; viceversa se la successione si apre prima, e fermo restando il limite dei venti anni, la domanda di riduzione deve essere comunque trascritta nel termine di dieci anni dall’apertura della successione.

giallone pubblicato 20 gennaio 2021

Il nostro caso riguarda un testamento impugnato dai nipoti, figli dei fratelli del de cuius, che impugnano il testamento di quest'ultimo nei confronti di un signore suo amico. Il de cuius non aveva eredi legittimi in quanto era vedovo e senza figli, ma il nipoti asseriscono che alla data del testamento non aveva la capacità di agire.

Ora il Tribunale, su richiesta del condominio, ha stabitio che ora il proprietario è il signore che ha ereditato, perà in conservatoria è presente una trascrizione della causa civile non ancora conclusa. 

Qualcuno parteciperebbe all'asta visto quanto sopra?

Grazie

inexecutivis pubblicato 23 gennaio 2021

A questo punto viene in rilievo l’art. 2652, n. 7 c.c., a mente del quale si devono trascrivere le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte.

La norma prevede che (salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'articolo 534 c.c., che non interessa il caso di specie) se la trascrizione della domanda è eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell'acquisto, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario.

Occorrerà qundi vedere quando è stato trascritto l'acquisto testamentario, e quando è stata trascritta la domanda giudiziale.

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