inexecutivis
pubblicato
28 giugno 2021
- Ultima modifica 28 giugno 2021
Per rispondere alla domanda dobbiamo premettere il fatto che non in tutti gli uffici giudiziari si consente che il comproprietario possa esercitare, già in sede di udienza ex art. 600 c.p.c., il diritto potestativo di chiedere l’assegnazione della quota a norma dell’art. 720 c.c..
A sostegno di questa lettura restrittiva del dato codicistico si osserva:
che il giudice dell’esecuzione ha solo tre alternative (vendita della quota, separazione in natura, assegnazione del termine per l’introduzione del giudizio di divisione);
che se si ammettesse questa possibilità al giudice dell’esecuzione dovrebbe assegnarsi il compito di risolvere eventuali controversie intorno alle modalità di scioglimento della comunione (titolarità dei comproprietari, valore delle quote, ecc.) che sono tipicamente devolute alla capacità cognitoria del giudice della divisione.
Questa impostazione non ci convince in quanto contrasta con un elementare principio di economia processuale, soprattutto quando tutte le parti della procedura sono d’accordo tra loro.
Inoltre, va osservato che le eventuali contestazioni che potrebbero sorgere non sono diverse da tutte quelle anche il giudice dell’esecuzione è chiamato ad affrontare, come ad esempio accade quando taluno contesta la misura della quota del bene appartenente al comproprietario esecutato.
A proposito delle modalità attraverso cui l’art. 720 è chiamato ad operare in sede esecutiva riteniamo che all’istanza non debbano essere accompagnati acconti, e che formulata la stessa il giudice assegnerà un termine per il versamento dell’importo (pari al valore della quota al lordo delle decurtazioni eseguite dal perito in quanto non si tratterà di una vendita della quota ma di un modo di scioglimento della comunione), avvenuto il quale pronuncerà un ordinario decreto di trasferimento.