Acquisto immobile area peep

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  • Ultimo messaggio 09 marzo 2020
stradafacendo pubblicato 29 febbraio 2020

Buongiorno, alcuni anni fa ho acquistato all'asta un'immobile nel mio condominio ove vige una convenzione con il comune per aree di edilizia popolare di durata 20 anni in scadenza nel 2023; nella convenzione si legge oltre al prezzo di cessione che l'alloggio potrà essere acquistato solo da persone aventi dei precisi requisiti soggettivi tra cui limite di reddito e che non siano titolari di diritti reali di alloggio. Io rientrando in questi requisiti non mi sono posto problemi all'acquisto. Ora l'appartamento a fianco é all'asta e nell'avviso di vendita viene richiamata la convezione con il comune. Io vorrei fare un offerta per poi unire i due appartamenti ma mi chiedo e qui vengo alla domanda: essendo ora io già proprietario di un immobile posso presentare l'offerta? I requisiti soggettivi in sede d'asta devono essere rispettati? Il comune potrà darmi dei problemi per questa operazione? Nel caso di fusione immobiliare c'é in area peep una superficie calpestabile max da rispettare?Grazie fin da ora per le risposte

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inexecutivis pubblicato 03 marzo 2020

L’espropriazione avente ad oggetto immobili edificati in regime di edilizia economica popolare ha posto in passato diversi interrogativi.

Ci si chiedeva, ad esempio, se essi potevano essere sottoposti ad esecuzione forzata.

La tematica sorgeva in quanto le norme che ne disciplinano la concessione (si vedano, ad esempio, gli artt. 29 l. 14 febbraio 1963, n. 60 e 28, co. 5, l. 8 agosto 1977, n. 513) prevedono un vincolo decennale di inalienabilità diretto ad evitare che le agevolazioni concesse dallo Stato possano favorire intenti speculativi.

Ci si chiedeva allora se il vincolo di inalienabilità valesse anche per i trasferimenti coattivi a seguito di vendita forzata.

All’interrogativo ha risposto in senso negativo Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1987, n. 6748, affermando che, “gli alloggi di edilizia economica e popolare assegnati e ceduti senza riserva di proprietà possono essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori degli assegnatari e, quindi, possono anche essere venduti all’asta a qualsiasi partecipante alla gara a conclusione della procedura esecutiva, ancor prima che sia trascorso il decennio di cui agli artt. 29 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 28 quinto comma, legge 8 agosto 1977, n. 513 ed indipendentemente dal possesso, da parte dell’acquirente, dei requisiti prescritti per la cessione originaria di quei medesimi alloggi, atteso che la nullità stabilita dalle disposizioni contenute nelle norme sopracitate riguarda esclusivamente gli atti volontari di disposizione compiuti dagli stessi assegnatari”.

Se poi il vincolo fosse previsto dalla convenzione e riguardasse anche le vendite coattive riteniamo che esso non potrebbe spiegare alcun effetto poiché si risolverebbe in un inammissibile vincolo processuale imposto alla stessa procedura al difuori (ormai) di qualsiasi previsione normativa, creando di fatto, per provvedimento amministrativo, un divieto di acquisto analogo a quello di cui all’art. 571 c.p.c., che vieta al debitore di formulare offerte di acquisto; la prescrizione, in effetti, si sostanzierebbe nel fare divieto di formulare offerte a coloro i quali non posseggono i requisiti per l’assegnazione di alloggi popolari, in violazione dell’art. 111, comma primo, Cost, (secondo il quale “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”) e dello stesso art. 571 appena citato, a mente del quale “tutti” (tranne il debitore), che la costante giurisprudenza considera norma eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica (cfr, a proposito dell’analogo art. 579, Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258).

Peraltro, l'art. 35 l. 22 ottobre 1971, n. 865 nella parte in cui prevedeva vincoli di inalienabilità e prezzi imposti per le compravendite aventi ad oggetto immobili costruiti in zona 167, è stato abrogato dall'art. 23 l. 17 febbraio 1992, n. 179.

Aggiungiamo infine che qualche dubbio potrebbe porsi per le convenzioni stipulate prima dell’abrogazione (ad opera dell’art. 44, comma 4 della L. 457/78) dell’art. 37 della L. 865/1971 (che conteneva il divieto), ma ci pare che il dubbio possa essere facilmente superato osservando che il citato art. 37 era una vera e propria norma processuale, sicché vale il principio “tempus regit actum”, e quindi essa non sarà applicabile alle vendite esecutive compiute successivamente alla sua abrogazione.

Ancora, sull’argomento è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015, in cui le Sezioni Unite hanno affermato, sulla scorta di una interpretazione letterale e teleologica della normativa di riferimento (si trattava dell’art. 49 bis, della l. n. 448 del 1998), che il vincolo di prezzo massimo segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita, attesa la "ratio legis" di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita. Orbene, se questa è la funzione dei prezzi imposti (funzione di evitare operazioni speculative), a nostro avviso il vincolo cessa nel momento in cui il bene viene venduto in sede esecutiva. In questo caso, infatti, l’esigenza di evitare al venditore il compimento di azioni speculative viene meno poiché la vendita è avvenuta contro la sua volontà, e l’acquirente ha acquistato il bene senza fruire delle agevolazioni connesse alla particolare disciplina del bene, sicché non v’è ragione di ritenere che egli debba subire gli effetti limitativi cui quelle agevolazioni sono connesse.

stradafacendo pubblicato 03 marzo 2020

Vi ringrazio della risposta che mi ha chiarito i dubbi riguartante la possibilità di partecipare all'asta dell'immobile che da come ho inteso secondo il vostro parere non ci sono requisiti soggettivi da rispettare.Quello che invece ancora non mi è chiaro se una volta concluse le operazioni di vendita con l'assegnazione dell'immobile, il comune possa da quel momento in cui sarei proprietario a quel punto di 2 immobili acquistati all'asta, richiamare l'atto d'obbligo che nell'avviso di vendita resta come vincolo dell'aggiudicatario, e pormi dei problemi perchè non sto rispettando la convenzione.Al riguardo perchè richiamare nei vincoli dell'aggiudicatario un atto d'obbligo se poi non deve essere rispettato? grazie per le gentili risposte

inexecutivis pubblicato 03 marzo 2020

La domanda è troppo generica, per cui non siamo in grado di fornire una risposta precisa.

Ad esempio la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015 ha affermato, sulla scorta di una interpretazione letterale e teleologica della normativa di riferimento (si trattava dell’art. 49 bis, della l. n. 448 del 1998), che il vincolo di prezzo massimo segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita, attesa la "ratio legis" di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita. Orbene, se questa è la funzione dei prezzi imposti (funzione di evitare operazioni speculative), a nostro avviso il vincolo cessa nel momento in cui il bene viene venduto in sede esecutiva. In questo caso, infatti, l’esigenza di evitare al venditore il compimento di azioni speculative viene meno poiché la vendita è avvenuta contro la sua volontà, e l’acquirente ha acquistato il bene senza fruire delle agevolazioni connesse alla particolare disciplina del bene, sicché non v’è ragione di ritenere che egli debba subire gli effetti limitativi cui quelle agevolazioni sono connesse.

stradafacendo pubblicato 03 marzo 2020

Certo è chiaro.Io ponevo il quesito in quanto, avendo già acquistato l'immobile vicino all'asta qualche anno fa, con la stessa convezione citata nell'avviso di vendita, nel decreto di trasferimento che ho ricevuto dopo l'aggiudicazione, nella parte Provenienza si richiama come titolo di provenienza dei beni in capo alla società esecutata l'atto di convezione per la cessione in proprietà in data...trascritto alla conservatoria...ecc.

Mi chiedevo se scritto così questo è un vincolo dell'immobile che è rimasto anche dopo l'acquisto all'asta. grazie

inexecutivis pubblicato 06 marzo 2020

in liena di massima si, per quanto attiene alle prescrizioni urbanistiche.

stradafacendo pubblicato 07 marzo 2020

Quindi a questo punto per fare chiarezza mi conviene interpellare il comune che ha stipulato la convenzione e chiedere se i reqisiti soggettivi richiesti li devo rispettare anche in sede d'asta per sapere se posso o meno presentare un'offerta?

inexecutivis pubblicato 08 marzo 2020

Come abbiamo detto nelle precedenti risposte, i requisiti soggettivi previsti dalla convenzione non possono essere richiesti anche all'acquirente in sede esecutiva.

Abbiamo sopra richiamato Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1987, n. 6748, la quale ha affermato che, “gli alloggi di edilizia economica e popolare assegnati e ceduti senza riserva di proprietà possono essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori degli assegnatari e, quindi, possono anche essere venduti all’asta a qualsiasi partecipante alla gara a conclusione della procedura esecutiva, ancor prima che sia trascorso il decennio di cui agli artt. 29 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 28 quinto comma, legge 8 agosto 1977, n. 513 ed indipendentemente dal possesso, da parte dell’acquirente, dei requisiti prescritti per la cessione originaria di quei medesimi alloggi, atteso che la nullità stabilita dalle disposizioni contenute nelle norme sopracitate riguarda esclusivamente gli atti volontari di disposizione compiuti dagli stessi assegnatari”.

Ribadiamo inoltre che se poi il vincolo fosse previsto dalla convenzione e riguardasse anche le vendite coattive riteniamo che esso non potrebbe spiegare alcun effetto poiché si risolverebbe in un inammissibile vincolo processuale imposto alla stessa procedura al difuori (ormai) di qualsiasi previsione normativa, creando di fatto, per provvedimento amministrativo, un divieto di acquisto analogo a quello di cui all’art. 571 c.p.c., che vieta al debitore di formulare offerte di acquisto; la prescrizione, in effetti, si sostanzierebbe nel fare divieto di formulare offerte a coloro i quali non posseggono i requisiti per l’assegnazione di alloggi popolari, in violazione dell’art. 111, comma primo, Cost, (secondo il quale “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”) e dello stesso art. 571 appena citato, a mente del quale “tutti” (tranne il debitore), che la costante giurisprudenza considera norma eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica (cfr, a proposito dell’analogo art. 579, Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n11258).

stradafacendo pubblicato 08 marzo 2020

Da profano vi chiedo queste sentenze di cassazione hanno forza di legge? O servono solo a decidere un caso specifico, un litigio portato all’attenzione del giudice. L' amministrazione pubblica il comune in questo caso potrebbe non recepire la sentenza e muovere un contenzioso dove dovrei poi arrivare alla cassazione per far valere i miei diritti.

inexecutivis pubblicato 09 marzo 2020

Purtroppo in uno stato di diritto se uno dei soggetti coinvolti compie atti o attività che l'altra parte ritiene non conformi al diritto, non resta che rivolgersi al giudice, arbitro dell'applicazione della legge

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