25% in meno rispetto a base asta

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  • Ultimo messaggio 08 marzo 2019
andrea_85 pubblicato 05 marzo 2019

Buongiorno, innanzitutto vorrei complimentarmi per le esaurienti risposte che vengono sempre date alle varie problematiche trattate. Ad Aprile scorso mi sono aggiudicato ad un’ asta fallimentare un immobile proveniente da un fallimento di impresa ancora intestataria di n6 appartamenti. Dopo varie problematiche avute lungo il percorso di vendita ora sono in possesso del decreto di trasferimento. Detto ciò, qualche giorno fa mi sono rivolto al mio commercialista per avere alcune informazioni, e lui mi dice che avrei potuto aggiudicarmi l’immobile al 25% in meno rispetto al prezzo a cui me lo sono aggiudicato. Va detto che era la prima battuta ed io mi aggiudicai l’immobile al prezzo di partenza 150000, ossia quello di perizia, essendo anche l’unico partecipante. Prima di partecipare all’asta mi rivolsi al delegato alla vendita il quale non mi disse che vi era possibilità di poter offrire un 25% in meno rispetto alla base asta ma che l’unica offerta valida da mettere in busta chiusa doveva partire da non meno della base asta. Per di più, rileggendo l’avviso di vendita viene scritto nero su bianco quanto segue: “Per ciascun lotto è accolta l’unica l’offerta pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita e sopra indicato. Ora le mie domande sono queste: -Si poteva offrire un 25% in meno nonostante ciò che vi era scritto nell’avviso di vendita? -Dal 2015 l’art 571 c.p.c. prevede per le offerte in asta la possibilità di un 25% in meno, perché in questo caso non è stato attuato? O invece è una procedura che può essere addottata anche quella usata nel avviso di vendita in questione? -Potrebbe essere un “errore” quello scritto all’interno dell’avviso? Se si come posso rivalermi dal momento che se ne fossi stato a conoscenza ovviamente avrei offerto il 25% in meno?

Grazie in anticipo Andrea

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inexecutivis pubblicato 08 marzo 2019

Il dato che le ha riferito il suo professionista è tutt'altro che pacifico.

L’istituto dell’offerta minima è stato introdotto inseno al codice di procedura civile dal d.l. d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 132, il quale ha previsto in sede esecutiva la possibilità di presentare offerte d iacquisto per un importo pari al prezzo base, ridotto di ¼.

Orbene, se si esamina la disciplina dell’offerta minima, quale essa si ricava dagli artt.  569 (a mente del quale il Giudice dell’esecuzione stabilisce il prezzo base e l’offerta minima), 571 (l’offerta è inefficace se è inferiore di oltre ¼ rispetto all’offerta minima), 572 (in presenza di una sola offerta per un prezzo inferiore al prezzo base il Giudice non aggiudica se vi sono istanze di assegnazione o se ritiene di vendere ad un prezzo superiore con un nuovo tentativo di vendita) e 573 c.p.c. (se all’esito delle gara tra gli offerenti, o in assenza di gara, il prezzo più alto è inferiore al prezzo base, il Giudice assegna, se vi sono istanze di assegnazione, altrimenti aggiudica), emerge il dato per cui essa è inestricabilmente legata all’istituto dell’assegnazione, poiché nel proporre di acquistare ad un prezzo inferiore a quello base, l’offerente si espone al rischio che prevalga il diritto soggettivo del creditore che abbia tempestivamente formulato istanza di assegnazione.

Fatta questa premessa con riferimento alle vendite che si celebrano in sede esecutiva, e venendo alle vendite fallimentari, osserviamo che esse sono disciplinate dall’art. 107 l.fall., il quale contiene una regolamentazione solo in parte sovrapponibile con quella esecutiva.

In primo luogo la norma prevede genericamente che le vendite debbano svolgersi mediante “procedure competitive”, senza prescrivere l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura civile.

Il programma di liquidazione, tuttavia, può prevedere che “le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate… secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”.

Posti questi dati, se la vendita si svolge ai sensi dell’art. 107 comma primo, la disciplina dell’offerta minima non troverà applicaizone, trattandosi di istituto coniato per la vendita esecutiva.

Diverso, e più articolaro, è il discorso relativo alle vendite fallimentari che si svolgono ai sensi dell’art. 107, comma secondo, poiché in questo caso è previsto il rinvio alle norme del codice di procedura civile,

In questo secondo caso, se si condivide l’idea per cui l’istituto dell’assegnazione, nei termini in cui è disciplinato dal codice di rito, non è trapiantabile sic et sempliciter nell’alveo della liquidaizone concorsuale, se ne deve ricavare che la indicazione della offerta minima non ha spazio applicativo.

Venendo al suo caso, va detto che se l'avviso di vendita non conteneva riferimenti all'istituto dell'offerta minima, è evidente che questo si il frutto della valutazione (tutt'altro che criticabile) compiuta dal giudice per cui la relativa disciplina non fosse applicabile alle vendite fallimentari.

andrea_85 pubblicato 08 marzo 2019

Ringrazio per l’esaustiva spiegazione. Andrea

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