Tassazione plusvalenza

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sc_aste pubblicato 06 aprile 2017

Buongiorno.
Di seguito una situazione simulata.
- Il giorno 01/01/2015 acquisto un appartamento economico "A" all'asta per Euro 100.000 sfruttando le agevolazioni prima casa. Il 01/02/2015 trasferisco in tale appartamento la mia residenza.
- Il giorno 01/06/2015 acquisto un secondo appartamento economico "B" all'asta per Euro 100.000 sfruttando le agevolazioni prima casa con l'impegno di vendere A o B prima del 01/06/2016.
- Il 01/09/2015 vendo A per Euro 180.000 e sposto la residenza in B.
- Il giorno 01/12/2015 acquisto un terzo appartamento economico "C" all'asta per Euro 100.000 sfruttando le agevolazioni prima casa con l'impegno di vendere B o C prima del 01/12/2016. Il 01/01/2016 trasferisco la residenza in C.
- Il 01/03/2016 vendo C per Euro 150.000 e trasferisco la residenza nuovamente in B.
Quesiti:
I) La plusvalenza derivante dalla vendita di A (80.000 Euro) non è soggetta a tassazione?
II) La plusvalenza derivante dalla vendita di C (50.000 Euro) non è soggetta a tassazione?
III) Il soggetto che opera questa operazione può essere accusato di speculazione immobiliare e/o evasione fiscale per attività d'impresa?
IV) Quante compravendite di questo tipo (con agevolazioni prima casa) può effettuare un soggetto prima di essere accusato di speculazione immobiliare e/o evasione fiscale per attività d'impresa?
V) Una eventuale speculazione immobiliare di questo tipo è reato? Nel caso affermativo, comporta sanzioni penali che vanno a "segnare" il soggetto che le ha eseguite oppure si tratta di sanzioni pecuniarie?
So che è un ragionamento un po' macchinoso, ma spero di essermi fatto capire meglio simulando un esempio pratico...
Vi ringrazio anticipatamente per un vostro parere al riguardo.
Cordiali saluti
Silvio

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inexecutivis pubblicato 09 aprile 2017

A nostro avviso la condotta descritta realizza una elusione fiscale, la quale consiste in un comportamento che si concretizza in una serie di operazioni commerciali, spesso complesse, che prese singolarmente non violano specifiche norme di legge, ma nel loro complesso sono da considerarsi illecite perché consentono un indebito risparmio fiscale.

Ai sensi dell’art. 10 bis. L.  27/07/2000 n. 212, come modificato dall’art. 7 d.lgs 24/09/2015 n. 156Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.

La norma precisa che per operazioni prive di sostanza economica si intendono “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”.

Il caso prospettato, pertanto, ci pare concretizzare una ipotesi di abuso del diritto.

 

In questi termini si è pronunciata la Commissione tributaria provinciale di Milano (nel vigore dell’art. 37 bis d.P.R. 600/1973, sostanzialmente trasfuso nella norma appena citata), che con la sentenza n. 118/20 del 7.4.2009 ha stabilito, ad esempio, che non può usufruire dei benefici prima casa colui che, ricorrendo a un artificioso atto di alienazione, cede la proprietà di un immobile al solo scopo di conseguire un risparmio delle imposte dovute per l’acquisto di una nuova casa, osservando che  “non si possono utilizzare gli strumenti giuridici leciti offerti dall’ordinamento per una causa diversa da quella per la quale lo strumento era stato concepito e per ottenere dei vantaggi che l’ordinamento non intendeva offrire o addirittura vietare”.

sc_aste pubblicato 14 aprile 2017

Buongiorno.
Vi ringrazio per la risposta inviatami.
Il Decreto legislativo del 05/08/2015 n. 128 tuttavia al comma 3 narra: "Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalita' di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attivita' professionale del contribuente."
Nella simulazione specifica pertanto l'elusione fiscale si avrebbe soltanto nel caso in cui gli appartamenti fossero stati acquistati senza valide ragioni extrafiscali, è corretto? A quale ente è dato l'onere di stabilire se tali ragioni siano da considerarsi effettivamente "valide"?
Nel caso simulato specifico, il soggetto potrebbe aver acquistato dapprima un bilocale "A", per poi acquistare un trilocale "B" (miglioramento strutturale) ed infine un nuovo trilocale "C" più vicino, ad esempio, al posto di lavoro (miglioramento funzionale). La vendita di "C" potrebbe essere stata causata dalla perdita del lavoro, motivi personali con altri condomini o altra motivazione significativa...è corretto pensare che ci possano essere ragioni specifiche che giustificano anche 3 compravendite nell'arco di un anno?
Ringrazio nuovamente ed auguro a tutti buona Pasqua
Silvio

inexecutivis pubblicato 16 aprile 2017

Si, è corretto.

L’analisi compete all’agenzia delle entrate, ed il caso di contestazioni alla commissione tributaria.

 

Le ragioni indicate, a nostro avviso, potrebbero costituire “valida ragione extrafiscale”, ma è necessario che esse sussistano in concreto e non si risolvano in un escamotage.

mariasolovieva pubblicato 21 aprile 2017

Buongiorno a tutti Avrei bisogno di chiarimenti sul... 1. Ho comprato un imm alla asta, prezzo di agg 21.000, come seconda casa, perciò ho pagato in pieno tutte le tasse di registro al 9%, si aggirava intorno ai 3000 €. 2. Sto per vendere questo imm facciamo conto a 40000. 3. Non riesco capire su quale cifra mi verrà calcolata la plusvalenza, su quale devo pagare il 20% credo?. Il calcolo viene 40000-21000 o 40000- 24000? Vi ringrazio anticipatamente Saluti

mariasolovieva pubblicato 21 aprile 2017

Inoltre scusate, che non riesco a trovare la risposta da nessuna parte....la plusvalenza viene calcolata sottraendo il prezzo di aggiudicazione o pure aggiudicazione+ le spese di registro + spese comdominiali? Grazie

inexecutivis pubblicato 23 aprile 2017

Ai sensi dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”.

A nostro avviso, pertanto, tutti i costi indicati nella domanda sono da considerarsi costi inerenti, e dunque computabili al fine di determinare la base imponibile, ad eccezione delle spese condominiali, a meno che non si tratti di spese che hanno comportato un aumento di valore dell’immobile.

A questo proposito, ricordiamo che per costi inerenti al bene devono intendersi, secondo la dottrina e la giurisprudenza soltanto le “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595). 

Per quanto attiene all’aliquota fiscale, ricordiamo esistono due alternative:

la prima è quella di inserire la plusvalenza in dichiarazione come componente positiva del reddito;

la seconda è quella di applicare alla plusvalenza il regime opzionale dell’imposta sostitutiva al 20% direttamente al momento della stipula del contratto di vendita.

 

Questa possibilità è prevista dall’art. 1, comma 496 l. L. 23/12/2005, n. 266 (modificato prima dal comma 21 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 310 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296), il quale prevede che “In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all'atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, letterab), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sulle plusvalenze realizzate si applica un'imposta, sostituiva dell'imposta sul reddito, del 20 per cento. A seguito della richiesta, il notaio provvede anche all'applicazione e al versamento dell'imposta sostitutiva della plusvalenza di cui al precedente periodo, ricevendo la provvista dal cedente. Il notaio comunica altresì all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni di cui al primo periodo, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia”.

mariasolovieva pubblicato 24 aprile 2017

Tantissimi grazie!

mariasolovieva pubblicato 24 aprile 2017

Grazie!

inexecutivis pubblicato 25 aprile 2017

grazie a lei

albertogiovanni pubblicato 30 marzo 2018

Buongiorno,

ricollegandomi all'argomento in discussione, vorrei chiedere se le seguenti spese possono essere ammesse a detrazione della base imponibile (plusvalenza):

- costi per la regolarizzazione catastale dell'appartamento comprato all'asta (oneri catastali e spettanze dell'architetto);

- commissioni pagate all'agente immobiliare per la successiva vendita dell'appartamento.

 

Grazie

 

inexecutivis pubblicato 30 marzo 2018

Le commissione pagate all'agente immobiliare non possono essere considerate.

Ai sensi dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”.

A questo proposito, ricordiamo che per costi inerenti al bene devono intendersi, secondo la dottrina e la giurisprudenza soltanto le “le spese incrementative, per tali intendendosi quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene” (Cass. 23.8.2011, n. 17595). 

Tali non sono le spese sostenute in favore dell'agente immobiliare

resilent pubblicato 19 aprile 2018

Salve, 

MI ricollego al primo quesito. Silvio ha acquistato usufruendo dei benefici prima casa e chiede se è corretto che la tassazione sull'importo guadagnato (plusvalenza) non sia applicata. 

Non sono due cose diverse? Credevo che acquistando con i benefici prima casa si pagasse il 3% di imposta di registro ma la tassazione sulla plusvalenza ( in caso di vendita  prima di cinque anni) fosse comunque applicata. Sbaglio io?

inexecutivis pubblicato 21 aprile 2018

La cessione dell’immobile adibito ad abitazione principale con comporta l’applicazione della plusvalenza.

Lo si ricava dall’art. 67, comma 1 let. b) d.P.R. 917/1986, secondo cui sono soggette a tassazione “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

resilent pubblicato 25 aprile 2018

Ringrazio per la risposta. Alcuni chiarimenti, per favore:

 

Per dimostrare che il cespite è stato adibito ad abitazione principale del cedente è sufficiente esibire copia del cambio di residenza o sono richieste prove ulteriori (bollette utenze ecc.)?

 

Per “Maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto e la cessione” si fa riferimento a un termine minimo? In pratica, se acquisto a gennaio, registro il cambio di residenza a febbraio e rivendo a maggio, rientro nella categoria esentata dal pagamento della plusvalenza? 

 

Se acquisto un immobile accatastato come ufficio, albergo, ristorante ecc. e in seguito ne cambio la destinazione d’uso adibendolo a mia principale abitazione, alla rivendita sarò comunque esentato dal pagamento sulla plusvalenza oppure vi rientrerò poiché in origine il cespite non era accatastato in categoria A ?

 

Grazie davvero, questo forum è molto utile.

inexecutivis pubblicato 26 aprile 2018

A nostro avviso la risposta alla domanda si ricava dal citato art. 67, comma 1 let. b) d.P.R. 917/1986.

La norma, come abbiamo detto nelle precedenti risposte, esclude l’applicazione della plusvalenza quando il bene rivenduto sia stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra la data di acquisto e quello di rivendita.

L’espressione “maggior parte” a nostro avviso deve essere intesa nel senso che il tempo in cui l’immobile è stato destinato ad abitazione principale deve essere superiore al tempo in cui non lo è stato.

Questo essendo il presupposto normativo, aggiungiamo che è del tutto irrilevante quale sia stata la categoria catastale posseduta dall’immobile al momento dell’acquisto, purchè si realizzi, successivamente, il presupposto anzidetto.

Ai fini della prova riteniamo sia sufficiente la produzione del certificato di residenza, atteso che esso identifica il luogo in cui il contribuente ha fissato la sua dimora abituale.

Ricordiamo, tuttavia, che le risultanze dei registri anagrafici forniscono una prova non assoluta della dimora abituale, ma relativa, con la conseguenza che ad esempio l’amministrazione finanziaria potrebbe fornire la prova del fatto che alla residenza anagrafica non corrisponde la residenza effettiva.

resilent pubblicato 27 aprile 2018

Chiarissimo. Grazie

 

inexecutivis pubblicato 27 aprile 2018

grazie a lei

marcoliberi pubblicato 09 agosto 2018

Buona sera,

in merito a quanto scritto sopra vorrei qualche precisazione se possibile.

Ho acquistato un appartamento all'asta come prima casa nella città in cui risiedo, pagato e in fase di trasferimento ma ancora con la possibilità di rinunciare all'agevolazione. Atualmente ne ho ricevuto un altro come eredità in un altrà città, ma ancora non ho acconsentito al trasferimento. 

Devo decidere cosa fare e visto che potrei ancora fare in tempo a rinunciare all'agevolazione prima casa, vi chiederei un aiuto:

1 Domanda: Leggo che nel caso di vendita entro i 5 anni (prima casa o no), per avvallare il discorso plusvalenza bisognerebbe risiedervi piu' della metà del tempo, giusto? Ma è legale un operazione del genere?

2 Passati i 5 anni invece che succede non vi è più la plusvalenza?

3 Fatto salvo che stiamo parlando di acquisto come prima casa, in rivendita entro i 5 anni e senza riacquisto per evitare di incorrere a sanzioni o rinuncio subito all'agevolazione e prima del trasferimento o dovrei poi autodenunciarmi giusto?

4 Nel caso di vendita sia con agevolazione che senza, IMU e TASI come vengono considerate?

5 Se invece di venderla considero l'opzione affitto, lasciando l'acquisto con agevolazione prima casa:

IMU, TASI e a quali altre spese vado incontro?

GRAZIE!

 

inexecutivis pubblicato 13 agosto 2018

 La cessione dell’immobile adibito ad abitazione principale non comporta, come abbiamo detto, l’applicazione della plusvalenza.

Lo si ricava dall’art. 67, comma 1 let. b) d.P.R. 917/1986, secondo cui sono soggette a tassazione “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

Abbiamo anche precisato nelle precedenti risposte che questa esclusione ricorre quando il bene rivenduto sia stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra la data di acquisto e quello di rivendita, laddove l’espressione “maggior parte” a nostro avviso deve essere intesa nel senso che il tempo in cui l’immobile è stato destinato ad abitazione principale deve essere superiore al tempo in cui non lo è stato.

Chiaramente, la plusvalenza non sarà dovuta nemmeno quando, pur mancando il requisito della destinazione del bene ad abitazione principale, sono comunque decorsi i 5 anni dalla data dell'acquisto.

Quanto alle imposte da pagare in caso di vendita, rappresentiamo che ai sensi dell’art. 1, comma 4, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici della prima casa prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate provvederà a recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Sono dovuti altresì gli interessi di mora

Precisiamo che le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici prima casa, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Infine, quanto alle ultime due domande, le stesse ci sembrano eccessivamente generiche per poter fornire una risposta compiuta.

robertooppo pubblicato 22 marzo 2019

buongiorno ,

in merito ad un argomento simile 

è previsto un numero di operazioni di compravendita da privato , pagando sempre la plusvalenza del 20 % ,per cui l'agenzia dell'entrate potrebbe ravvisare attività di impresa e quindi negare la tassazione separata ?

nella fattispecie abbiamo fatto un operazione l'anno scorso e vorremo farne una quest'anno , per cui sarebbe anche troppo oneroso farlo con partita iva per così poche operazioni.

eventualmente in cosa si incorre ?

grazie per l'attenzione  

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