Prezzo di Aggiudicazione

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  • Ultimo messaggio 11 dicembre 2019
rossella.caneschi pubblicato 02 dicembre 2019

Buongiorno,  come è possibile verificare il prezzo di aggiudicazione di un 'asta ?  
il delegato alle vendite è tenuto a riferirlo in caso di richiesta ?

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inexecutivis pubblicato 11 dicembre 2019

La risposta all’interrogativo formulato si ricava dalla lettura dell’art. 572 c.p.c., a mente del quale in presenza di una sola offerta per un prezzo inferiore al prezzo base il Giudice non aggiudica se vi sono istanze di assegnazione o se ritiene di vendere ad un prezzo superiore con un nuovo tentativo di vendita.

Quindi, se presenta una offerta per l’importo di 75, fatto 100 il prezzo base, il rischio è quello di non aggiudicarsi l’immobile se è stata pesentata una istanza di assegnazione da parte di qualche creditore o se il giudice ritiene che esistano serie possibilità di vendere ad un prezzo maggiore.

kiko_bestit pubblicato 06 dicembre 2019

Buongiorno volevo chiedere una infomazione relativa ad un asta senza incanto. 

Nel caso di un asta in cui la base sia 100k e l'offerta minima 75k, nel caso facessi io un offerta di 75k e sia l'unica offerta mi aggiudicherei l immobile a 75?

E se facessi un offerta coincidente con la base d'asta di 100k e fosse comunque l unica offerta, la mia, mi aggiucherei l'immobile al prezzo d'asta 100 oppure a 75?

Grazie delle risposte

inexecutivis pubblicato 05 dicembre 2019

Nessuna norma prevede espressamente che il professionista delegato debba comunicare ai potenziali interessati il prezzo di aggiudicazione.

Riteniamo tuttavia che questo obbligo derivi da un generale dovere di buona fede.

Costituiscono principi generale dell’ordinamento quelli secondo cui le obbligazioni debbono essere adempiute secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.).

La buona fede rappresenta uno dei principi portanti dell’ordinamento, principio qualificato in dottrina come principio di ordine pubblico.

Nell’adempimento delle obbligazioni (di tutte le obbligazioni, indipendentemente dalla fonte legale o negoziale delle stesse) la buona fede si impone quale obbligo di salvaguardia, prescrivendo alle parti di agire in modo da preservare integri gli interessi dell’altra. Questo impegno di solidarietà, che si proietta al di là di quanto specificatamente previsto nel contratto (o nella legge), trova un limite nell’interesse del soggetto che è chiamato ad adempiere. Questi, cioè, è tenuto a far salvo l’interesse altrui ma non fino al punto di subire un apprezzabile sacrificio, personale o economico.

In questi termini si è detto che la buona fede identifica l’obbligo di ciascuna parte di salvaguardare l’utilità dell’altra nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio.

La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha fatto propri questi concetti, affermando che “L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio” (Cass. Sez. 3, n. 3462 del 15/02/2007).

 

Traslando questi concetti al caso di specie, riteniamo che, in base al principio di buona fede, il delegato sia tenuto a rendere questa informazione a colui che la richieda.

 

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