Possesso successivo al decreto di trasferimento

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  • Ultimo messaggio 02 gennaio 2019
inshar pubblicato 22 dicembre 2018

Salve vorrei esporre ciò che mi è capitato.

Nel dicembre 2014 a seguito di saldo dell'asta giudiziaria di cui ero aggiudicatario mi viene trasferito un immobile e relativa area cortiliva.

Il custode, qualche giorno dopo il decreto di trasferimento, mi consegna le chiavi e il possesso dell'immobile , tutto a mezzo di appositi verbali redatti in contraddittorio tra me e il custode stesso.

L'immobile e la relativa area cortiliva risultano liberi da persone e cose (materialmente non c'era nulla dell'esecutato se non l'immobile allo stato grezzo e l'area cortiliva libera).

L'area cortiliva ha ascritta una servitù su una parte con velatura gialla verso altri fondi adiacenti non recintati rispetto al mio.

Nell'atto di provenienza del mio immobile, che mi procuro alla conservatoria, si descrivono le servitù attive e passive, è presente la dicitura che si riferisce alla "porzione di area cortiliva con velatura gialla" ed è allegato il foglio di mappa col disegno ed evidenziazione dell'are con velatura gialla soggetta a servitù.

Tutta la proprietà ha origine da un frazionamento di un bene indiviso fino al 2005, successivamente frazionato da parte del proprietario del bene, il nonno, che poi cedeva parte dello stesso al nipote, l'esecutato.

A marzo 2015 presento in Comune la SCIA regolarmente accettata e avvio i lavori per mutare la proprietà dallo stato grezzo all'abitabile e altresì costruire il muro sul fondo di mia proprietà esclusiva (recinto l'immobile creando una recinzione sull'area non velata di giallo, lasciando quest'ultima esercibile come da servitù).

La costruzione del muro avviene a partire da Novembre 2015 e impedisce a terzi l'accesso al  fondo di mia proprietà esclusiva.

Il padre dell'esecutato, che abita in porzione di abitazione adiacente e accostata alla mia (ma non è proprietario di nulla in quanto è il nonno proprietario di questa porzione non esecutata), nel giugno 2015 intenta contro di me una causa possessoria, adducendo che la costruzione del muro gli impedisce il corretto esercizio delle servitù, in particolare adduce diritto di passaggio anche sulla porzione di area cortiliva priva di velatura gialla nell’atto di provenienza, ritenendo di avere diritto in forza di una dizione che lui ritiene non esplicita nello scritto dell’atto stesso.

Viene istituita causa possessoria e il giudice nomina il CTU  il quale conferma che le servitù sono esercitabili nello stato di diritto dell’atto di provenienza e segue ordinanza con cui il giudice respinge la richiesta di rimozione della recinzione.

 

continua…

 

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inshar pubblicato 22 dicembre 2018

Si va alla causa di merito e, a seguito di unica prova testimoniale che dice che “negli ultimi 40 anni il ricorrente era sempre passato di li” (quando ancora tutto era indiviso e ancora era una unica proprietà originaria, addirittura il testimone precisa di non frequentare i luoghi da oltre un anno), il giudice nel merito ritiene di ribaltare la sua iniziale decisione  e che il ricorrente avesse il possesso del passaggio, in base alla prova testimoniale, e quindi mi condanna a spostare la recinzione creata a salvaguardia della mia porzione esclusiva.

 

Quello che mi chiedo è quanto segue, il padre dell’esecutato, per conto mio, non era il possessore del bene, ma al massimo il legittimo detentore del bene (lui infatti vive e accede a un fondo di proprietà del padre e transitava  proprietà in precedenza del figlio e attualmente mia).

Ho letto inoltre che una recente sentenza di cassazione 12230/2016 che il decreto di espropriazione è idoneo non solo  a far acquisire la proprietà del bene ma anche a far venire meno qualsiasi situazione, di diritto o di fatto, con essa incompatibile”.

Comunque considerato anche che quanto prima non valesse, all’atto del mio subentro poteva diventare possessore (da detentore), ma,  per far ciò avrebbe dovuto fare una riverso possessionis,  e per intentarmi causa doveva essere possessore da almeno 12 mesi. temporalmente allora qualcosa non mi quadra perché i termini  in cui avrebbe esercito la riverso possessionis sarebbero dal dicembre 2014 alla creazione del muro Ottobre 2015, meno appunto di 12 mesi.

 

Continua…

 

inshar pubblicato 22 dicembre 2018

Non sto a dire che comunque io in causa avevo ribadito che il ricorrente non aveva più il possesso, ma il giudice, in base solo a una prova testimoniale, ha assegnato il possesso pacifico e interrotto da 40 anni (cosa assurda perché prima del 2006 la proprietà era un fondo unico e indiviso e successivamente sono stati divisi e stabilite reciproche servitù).

Il giudice mi ha condannato a reintegrare il possesso del passaggio anche sulla porzione della mia area esclusiva (non soggetta a velatura gialla) ritenendo le mie pretese di carattere petitorio e non valide, in particolare citando che nel giudizio possessorio l’eccezione “feci sed iure feci” vale solo ove tenda a far valere lo “ius possesionis” e non anche lo “ius possidendi” (Cassazione sez II sentenza 4198/2016) dicendo che io ho sempre collegato l’inesistenza del diritto del ricorrente ad esercitare un passaggio sul mappale in posizione diversa da quella con velatura gialla cui fa riferimento l’atto notarile al mio ius possidenti, facendo valere una inammissibile pretesa petitoria.

A questo punto non so se mi conviene ricorrere in appello, in cui comunque resto nell’ambito del possessorio, oppure aprire un contenzioso petitorio.

Inoltre non vorrei dover abbattere la recinzione, in quanto poi dovrei ricostruirla, l’immobile è locato e ciò mi causerebbe problemi con l’inquilino, ed inoltre la prescrizione del giudice è anche inattuabile, avendomi obbligato a lasciare un passaggio di 6m che in realtà non ci sono proprio (nel punto più largo ce ne sono forse 5).

Ritenete la sentenza ben motivata? Cosa mi consigliate di fare?

Come potrei evitare di dover eseguire la sentenza?

Potrei proporre un sequestro giudiziario dell’area in causa petitoria rendendo fino al giudizio petitorio inefficace il passato in giudicato del possessorio?

 

 

Grazie anticipatamente

 

inexecutivis pubblicato 27 dicembre 2018

Una compiuta risposta al quesito formulato imporrebbe un accurato studio del fascicolo di causa. Ogni risposta che da esso ritenesse di poter prescindere non sarebbe seria ed affidabile.

Cerchiamo comunque di fornire delle indicazioni sperando che esse possano orientare nelle scelte da intraprendere.

Per espressa previsione dell'art. 1168, comma secondo, c.c. la legittimazione attiva ad esperire l'azione di reintegrazione del possesso spetta anche al detentore, tranne che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.

Quanto agli effetti del decreto di trasferimento, vale la regola di cui all'art. 2919 c.c., a mente del quale la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, per cui se la cosa era gravata da servitù, lo risulterà anche in capo all'acquirente.

È tuttavia vero che al fine di usucapire un diritto reale immobiliare (qual è la servitù di passaggio) il detentore deve dimostrare l'intervenuta interversione del possesso, cioè un mutamento dell'animus in base al quale colui il quale ha la disponibilità di un bene a titolo di detenzione comincia a possederlo uti dominus. Detta interversione, secondo la giurisprudenza, "non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore – rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto dell'avvenuto mutamento – dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d'esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente "animus detinendi" dell'"animus rem sibi habendi" (Cass., Sez. 1 20/12/2016, n. 26327).

Orbene, il fatto che il giudice abbia ritenuto decisiva una prova testimoniale è profilo che attiene alla valutazione della prova, e rispetto ad essa non possiamo formulare alcuna osservazione; ci limitiamo solo ad osservare che la cosa non è errata sotto il profilo giuridico, anche laddove come detto nella domanda, il fondo fosse unico, poiché vuol dire che sono stati riconosciuti i tratti di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia, espressamente prevista dall’art. 1062 c.c..

In definitiva, i postulati giuridici sui quali il giudice ha fondato il proprio convincimento ci sembrano, in linea generale (e fatto salvo il problema dell'animus del detentore) corretti, con la conseguenza che la strada forse da percorrere è quella di una negatoria servitutis, nella quale si può provare a chiedere il sequestro giudiziario della porzione di suolo su cui essa grava, in modo da tentare di evitare l'abbattimento della recinzione.

inshar pubblicato 28 dicembre 2018

Vi ringrazio della risposta.

In sostanza come immaginavo una negatoria servitus potrebbe essere la soluzione, anche perchè non ci sono nemmeno i termini per avere per usocapione la servitù di passaggio, infatti la strada  (pubblica via) da cui lui vuole accedere passando sulla mia proprietà esclusiva è stata terminata il 2004 e in precedenza non esisteva. Quindi i termini compiuti per una servitù per usocapione nemmeno esistono.

Ora il mio dubbio è questo, è possibile partire con un azione petitoria nei confronti del proprietario (il padre del ricorrente), quando la sentenza del giudice mi condanna nei confronti del figlio (a reintegrare il possesso del passaggio sulla mia corte esclusiva)?

D'altro canto i diritti seguono i fondi e quindi la negatoria servitus è nei confronti dell'avente diritto ergo il proprietario.

Inoltre essendo una sentenza è lecito proproporre ricorso petitorio senza eseguire la sentenza, cioè rimuovendo la recinzione  (chiedendo appunto il sequestro giudiziario del bene), o rischio che essendo non attuato il reintegro del possesso mi venga rigettata la richiessta petitoria?

Ho visto che siete molto ferrati nell'ambito, fornite consulenze legali?

Grazie mille.

 

 

inexecutivis pubblicato 30 dicembre 2018

In effetti affinché possa ritenersi acquistata per possesso ultraventennale una servitù di passaggio, è necessario che esistano opere visibili e permanenti che testimonino la situazione di asservimento di un fondo (quello servente) ad un altro. Sul punto l'orientamento della giurisprudenza appare consolidato nell'affermare che "Il requisito dell'apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti, in modo non equivoco, l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile; ne consegue che, per l'acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l'esistenza di una strada o di un percorso all'uopo idonei, essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un "quid pluris" che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù. (Sez.6 - 2, Ordinanza 17/03/2017 n. 7004; negli stessi termini, (Sez. 2, n. 13238 del 31/05/2010; Sez. 2, n. 2994 del 17/02/2004). Ne consegue che in un giudizio petitorio dovrebbe essere raggiunta, dai convenuti, la prova di aver maturato il diritto di servitù di passaggio, nei termini che la giurisprudenza richiamata ha ritenuto necessari.

Quanto alla legittimazione passiva, occorre ricordare in passato la giurisprudenza ha ricordato più volte che "Legittimato passivo all'azione negatoria servitutis e il proprietario del fondo preteso dominante: tuttavia, se all'affermazione dello ius servitutis si accompagnino turbative o molestie può essere evocato in giudizio anche il possessore o il detentore del fondo al fine di ottenere la cessazione degli atti illeciti e l'eventuale risarcimento del danno con un'azione personale, la quale si accompagna, senza snaturarla, a quella reale contro il proprietario, che ne costituisce il presupposto logico e giuridico" (Cass., Sez.2 11/05/1978, n. 2304).

Precisiamo infine che l'esecuzione della sentenza resa all'esito del merito possessorio non è rilevante ai fini della decisione del giudizio petitorio. Si tratta di aspetti diversi, non legati da alcun vincolo di interferenza sul piano giuridico.

Quanto alle consulenze legali, o all'assistenza in singoli contenziosi, al momento non viene fornita, non essendo questo lo spirito del forum (che peraltro non ha scopo di lucro).

Se tuttavia dovesse avere necessità particolari vedremo se sarà possibile darle una mano.

inshar pubblicato 30 dicembre 2018

Grazie della risposta, tuttavia facendo delle ricerche in rete salta fuori che l'art 705 c.p.c. vieta al convenuto di porre quesiti petitori in pendenza del giudizio possessorio e dell'attuazione delle disposizioni.

Nel giudizio possessorio il giudice ha certificato che l'esercizio della servitù appunto era difforme dall'atto di costituzione delle servitù.

Cito testualmente "La recizione, quand'anche conforme al diritto di servitù costituito per atto notarile,ha comunque privato - ed è questa l'unica circostanza rilevante in questa sede- R.C. del possesso del passaggio dal mappale 383 allo stradello di cui al map. 381"

Per avvenire il passaggio tra i due mappali su indicati è necessario appunto attraversare un altro mappale di mia proprietà esclusiva, non oberato, se non in altra posizione chiarita da elaborato grafico incontrovertibile, di servitù alcuna.

La domanda petitoria a questo punto sarebbe quella di definire se su questa porzione di mappale non soggetta ad alcuna velatura indicante servitù se esista appunto servitù di qualunque tipo (ovvero negarne l'esistenza)...

Ma questa porzione di area è la stessa indicata dalla sentenza per essere reintegrata nel possesso del ricorrennte affinche sia ripristinato il passaggio...

Non mi è chiaro come si configurano come aspetti diversi nei quesiti per non far valere il divieto del 705cpc?

Chiedo venia se la mia domanda può apparire banale, ma sto facendo il possibile per capire autonomamente come orientarmi.

Grazie.

 

inexecutivis pubblicato 02 gennaio 2019

L'art. 705 non è ostativo in quanto con la pronuncia del 3 febbraio 1992, n. 25, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di questa comma nella parte in cui "subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria o all'esecuzione della decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto". Altro, come abbiamo detto, non possiamo dire poiché occorrerebbe uno studio accurato del fascicolo.

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