Imu nell'esecuzione fondiaria del fallito

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  • Ultimo messaggio 10 luglio 2019
Delegato11 pubblicato 05 luglio 2019

Buongiorno,

ho effettuato dei piani di riparto parziale nell'ambito di una procedura esecutiva dove il procedente è creditore fondiario che ha fatto istanza ai sensi dell'art. 41 tub.

Al momento delle vendite ho pertanto destinato una buona parte del ricavato direttamente al fondiario, salvo poi effettuare conteggi analitici con spese di procedure nei piani di riparto parziali.

Il compenso del curatore ho appurato col G.E. che andasse non considerato in quanto verrà liquidato e recuperato in ambito fallimentare.

Tuttavia mi sono forse fatto ingannare dall'imu. Ho considerato che c'è un privilegio speciale sull'immobile venduto e quindi l'ho considerata nel riparto parziale e attribuita al fallimento.

Ora che mi accingo al terzo riparto parziale mi è sorto il dubbio che probabilmente non avrei docuto considerare neanche l'imu, rinviandola come il compenso del curatore al riparto fallimentare, in quanto la procedura esecutiva CONTINUA SOLO PER IL FONDIARIO in questi casi di coesistenza di procedura fallimentare. Quindi probabilmente nel riparto devo pagare solo le spese di procedura e il fondiario a prescindere da qualsiasi ordine di privilegio.

E' corretta questa mia considerazione? Oppure avevo fatto bene nei primi due riparti a pagare l'Imu?

E se è corretta, si ritiene opportuno cambiare orientamente nell'ambito del eterzo piano di riparto, tenendo due linee diverse nell'ambito della stessa procedura?   

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inexecutivis pubblicato 08 luglio 2019

Il tema posto dalla domanda trae origine dalla formulazione dell'art. 41, comma quarto, TUB, a mente del quale con il provvedimento che dispone la vendita il Giudice dell’esecuzione prevede, che l’aggiudicatario che non intenda avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore, versi direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al "complessivo credito" della stessa.

È evidente, allora, che l'assunto dell'istituto di credito poggia sul tenore letterale della norma appena richiamata.

Secondo una prima opinione, il Giudice dell’esecuzione non avrebbe alcun potere di riconoscere al fallimento intervenuto nell'esecuzione individuale per credito fondiario le spese prededucibili ex art. 111, comma primo n. 1), l. fall.. Ciò in ragione del fatto che la composizione delle contrapposte ragioni di credito dei diversi creditori non può avvenire nell'esecuzione forzata dovendo essere regolata esclusivamente in ambito fallimentare, unico contesto in cui può essere applicato il principio della par condicio tra tutti i creditori della massa, né il giudice dell’esecuzione ha il potere di accertare i crediti nei confronti della massa o di formare una ripartizione che competa agli organi della procedura concorsuale (Così trib. Bologna, 18 marzo 2002).

Rileverebbe in tal senso anche il dato per cui a norma del quarto comma dell'art. 41 TUB con il provvedimento con cui ordina la vendita o l'assegnazione, il giudice dell'esecuzione dispone che l'aggiudicatario o l'assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento prevista dal quinto comma del medesimo art. 41, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa, con la conseguenza che il versamento diretto in favore del creditore fondiario si risolve nella presa d'atto di un pagamento già avvenuto.

A giudizio di una meno rigorosa (ma forse più convincente) impostazione, invece, se il credito prededucibile è stato già definitivamente accertato in sede concorsuale, di esso potrà tenere conto anche il Giudice dell'esecuzione individuale.

Il presupposto di questa affermazione è quello per cui, se quello del creditore fondiario è un privilegio di carattere meramente processuale, e se dunque l'attribuzione è provvisoria, è inutile attribuirgli (provvisoriamente) quella porzione di ricavato dalla vendita che certamente non gli spetterà in sede di riparto fallimentare, e cioè quella porzione di ricavato che copre le spese prededucibili.

Del resto, è questa medesima premessa che supporta il convincimento per cui al creditore fondiario non potrà essere riconosciuta quella porzione di credito che non gode del privilegio ipotecario.

Va precisato, tuttavia, che affinché questa decurtazione possa operare è che il credito prededucibile sia stato definitivamente accertato secondo quanto prescritto dall'art. 111-bis l.fall., e dunque:

se si tratta di crediti contestati occorrerà che il loro importo sia stato definitivamente stabilito in sede fallimentare ed inserito in un piano di riparto approvato dal Giudice dell'esecuzione, secondo quanto prescritto dal primo comma dell'art. 111-bis;

se invece si tratta di crediti non contestati per collocazione e per ammontare (ed è questa la categoria nel cui perimetro possono essere ascritti, ad esempio i crediti per IMU e TASI) occorrerà acquisire in sede esecutiva il provvedimento con cui, in seno alla procedura fallimentare, ne è stato autorizzato il pagamento dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato.

Le medesime direttrici interpretative devono orientare anche il riconoscimento, in sede esecutiva, della quota parte del compenso dovuto al curatore: la sua decurtazione dalla somma da riconoscere al creditore fondiario sarà possibile solo in presenza del decreto di liquidazione adottato dal Tribunale e di un provvedimento del Giudice delegato che indichi in quale misura quel compenso deve gravare sul ricavato dalla vendita del bene garantito da ipoteca.

Si ricorda, infatti, che la ratio del versamento diretto è quella di accorciare i tempi entro i quali la banca recupera il suo credito, ma non di più, per cui sarebbe eccentrica rispetto al fine del legislatore una attribuzione tout court del prezzo versato dall’aggiudicatario, poiché in questo modo gli si riconoscerebbe anche un surplus che certamente l’istituto di credito dovrà restituire.

Sull'argomento deve registrarsi il recente intervento di Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata a pronunciarsi nell’ambito di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, si scorporassero, con versamento in favore della curatela di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all'immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).

Come detto, la richiesta era stata rigettata sia dal giudice dell'esecuzione che dal tribunale all'esito della celebrazione del giudizio di merito, essenzialmente in ragione del fatto che ai sensi dell’art. 41, comma 4, TUB il creditore fondiario ha diritto a ricevere tutto il ricavato dalla vendita, per la porzione corrispondente al suo credito complessivo, e che la prededuzione riconosciuta in ambito concorsuale non gode di alcun privilegio in sede di esecuzione individuale.

Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell’ambito di un’azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l’attribuzione delle relative somme con decurtazione dell’importo attribuito all’istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l’avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell’art. 26 l.f.) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione.

Ciò in quanto il giudice dell’esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell’accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell’esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all’esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.

Ciò detto, è evidente che la collocazione dell’imu in sede di riparto parziale in difetto di un atto di intervento del curatore e di un provvedimento di graduazione del giudice delegato al fallimento non è corretta.

È tuttavia evidente che il creditore fondiario (il quale ben avrebbe potuto eccepire l’illegittimità dell’operato del curatore) o non ha inteso dolersi di questo, oppure non è a conoscenza del recente arresto giurisprudenziale, sicché a questo punto è meglio mantenere, a nostro avviso, la linea che si è inteso sin qui seguire.

Delegato11 pubblicato 08 luglio 2019

Grazie della risposta veramente esaustiva!!!

inexecutivis pubblicato 10 luglio 2019

Grazie a lei

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